Innanzitutto preparate uno sciroppo di acqua e zucchero in un pentolino. Nel frattempo iniziate a montare i tuorli, quando lo sciroppo sarà in ebollizione versatelo a filo sui tuorli continuando a montare fin quando il composto non si sarà raffreddato. .
Incorporate il mascarpone mescolando con le fruste a bassa velocità, poi travasate la crema in una sac-à-poche per facilitarvi il compito (se no potrete usare semplicemente un cucchiaio o una spatola).
Tagliate il pandoro in fette orizzontali spesse 2-3 cm.
Appiattite un lato dellefette tagliandone via un po’ (cercate di non fare le fette uguali, in modo da poterle sfalsare), quindi iniziate ad assemblare il dolce: mettete un po’ di crema su di un vassoio, per non far scivolare via il pandoro, quindi iniziate a posizionare le fette, un po’ sfalsate, unendole tra di loro con altra crema.
Posizionate dei pezzi triangolari davanti alle fette per creare il muso e rivestitelo con la crema.
Per realizzare il naso ho creato 1 tartufino con resti di pandoro sbriciolato, crema al mascarpone e cacao.
Posizionate il naso, aggiungete i Mikado per creare i baffi e aggiungete occhi e zuccherini per completare.
Il riccio di pandoro è pronto, non vi resta che decorare con poco zucchero a velo e gustarvelo.
Riccio di Parma: no, non si parla di capello, ma una varietà di pomodoro! In tre, uniti per reintrodurre (con successo) un’antica varietà parmense, dalle dimensioni extra-large!
Rosso brillante, pelle sottile, costoluto, dolce, ma con una punta leggermente acidula. Il Riccio di Parma è uno dei pomodori italiani più grandi. L’aspetto perfetto e le dimensioni extra large non devono insospettire: all’origine non ci sono sementi selezionate dalle multinazionali dell’agroalimentare e coadiuvanti chimici, ma una storia di passione e perseveranza. Probabilmente è sulle tavole parmensi da diversi secoli, ma è solo dalla seconda metà dell’Ottocento che ha acquisito un’identità precisa. Il merito spetta all’agronomo Carlo Rognoni, che ha cominciato a coltivarlo nel suo podere, seguito poi da altri contadini della zona pedemontanta, fra Traversetolo e Felino. È stato parte integrante dell’economia e della cultura agricola locale fino alla Seconda guerra mondiale, quando il metodo industriale ha cambiato gli scenari: servivano varietà più produttive, da gestire con le macchine, mentre il riccio ha la pelle molto delicata e deve essere raccolto scrupolosamente a mano.
Per decenni solo pochihanno continuato a coltivarlo in piccoli orti. E per fortuna, perché i semi sono stati preziosi per la sua reintroduzione e valorizzazione come eccellenza dellaFood Valley, come il parmigiano reggiano, il prosciutto crudo e altre specialità. Nel 2017 è nata l’associazione Agricoltori Custodi del Pomodoro Riccio di Parma (pomodororicciodiparma.it), che raggruppa i tre produttori di questa antica varietà: Monica Azzoni, la famiglia Colla e la famiglia Cotti lo coltivano come centocinquant’anni fa, con il sistema dei filari, così le foglie assorbono omogeneamente i raggi solari, e il frutto cresce sano e vigoroso fino alla piena maturazione naturale.
«La lavorazione comincia in primavera con la preparazione dell’impianto e si conclude con la raccolta tra luglio e inizio ottobre, quando il pomodoro sprigiona tutto il sapore e il calore dell’estate», spiega Gabriele Colla, proprietario dell’omonima Agricola. «Il nostro sapere non è scritto, si tramanda, e siamo gli unici custodi di questo prodotto pregiato». Perciò lo espongono con orgoglio al Rural Festival, che si occupa di recuperare varietà vegetali e razze animali quasi estinte di Emilia- Romagna, Liguria e Toscana. Il riccio si trova al Rural Market in centro a Parma, fresco e in passata che, come aveva intuito il professor Rognoni, è il modo migliore per conservarlo.
Il Nord incontra il Sud in questa ricetta perfetta per il pranzo del 25 dicembre, o la cena della Vigilia
Tortellini, ravioli, agnolotti, cappellacci, tortelli, cappelletti, il panorama delle paste ripiene a Natale è molto variegato. Questo però solo al Nord, sotto una certa latitudine sembrano sparire per lasciare spazio a timballi e paste al forno. Ecco quindi una ricetta innovativa per dei bottoni che si fonda su un ingrediente tipico del mezzogiorno: il riccio di mare.
Le paste ripiene tipiche del Natale settentrionale sono stracolme di carne: mortadella, prosciutto crudo, manzo o persino coniglio. Le paste ripiene di pesce non sono viste come parte della tradizione e sono di solito legate a visioni più innovative della cucina, anche se ne esistono già moltissime ricette. Una di queste sono i Bottoni, Riccio e Gallina, del ristorante siciliano Il Moro di Monza, che fonde un brodo tipicamente nordico e un ripieno profondamente del Sud, e può essere la vostra sorpresa per la tavola natalizia di quest’anno.
Ingredienti per 4 persone
100 g cipolla 40 g scalogno 150 g sedano 100 g carote ½ gallina 2 chiodi di garofano 50 g finocchio 75 g di uova di riccio di mare 300 g di sfoglia di pasta fresca all’uovo 300 g patate a pasta gialla Olio extravergine Prezzemolo
Procedimento
Preparare il brodo di gallina con sedano, carota, la mezza gallina ben pulita, i due chiodi di garofano e il finocchio dolce. Lessare le patate e schiacciarle finemente. Stufare la cipolla e lo scalogno. Emulsionare il riccio di mare con olio extravergine. Unire il riccio alle patate schiacciate e raffreddate, alla cipolla e allo scalogno.
Stendere la pasta fresca e disporre la farcia creando una mezza sfera. Coprire con un altro velo di pasta e schiacciare bene ai bordi. Coppare con il coppapasta e bollire i bottoni per 8 minuti. Servire con il brodo caldo e fumante.