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Scaloppine ai funghi: la ricetta classica

Scaloppine ai funghi: la ricetta classica

Un piatto leggero, veloce e davvero gustoso? Le scaloppine ai funghi, la ricetta perfetta per utilizzare al meglio i funghi di stagione!

In autunno, i funghi sono un must in dispensa: essiccati sono perfetti per il risotto, freschi con cosa abbinarli? Un piatto veloce e molto gustoso sono le scaloppine, fettine di carne infarinate e poi cotte in padella, di modo che si crei una cremina irresistibile, che le rende un piatto amato sia da grandi che piccini.
Per prepararle, la ricetta la trovate qui di seguito, mentre nella nostra gallery qualche dritta per delle variazioni sul tema altrettanto deliziose.

Come fare le scaloppine ai funghi: la ricetta

Ingredienti

600 g di petto di pollo (già a fette)
300 g di funghi porcini (o champignon)
40 g di burro
100 ml di vino bianco secco
1 spicchio d’aglio
prezzemolo fresco qb
erbe aromatiche qb
farina qb
olio extravergine di oliva qb
sale qb
pepe qb

Procedimento

Per prima cosa, occupatevi della pulizia dei funghi: ripulite il gambo dalla terra con un coltellino, poi strofinateli con un panno da cucina. Evitate l’acqua corrente, per fare in modo che non si impregnino. Ora tagliateli a fettine.

Poi occupatevi della carne: a una a una, infarinate le fettine. In un padella, fate sciogliere il burro e un goccio d’olio e fate rosolare le fette di pollo.
Sfumate col vino e fate evaporare in cottura.

Togliete le scaloppine dalla padella, tenetele al caldo in un altro contenitore coperto. Nella stessa padella, fate rosolare l’aglio, unite i funghi a fettine, le erbe aromatiche e fate cuocere per qualche minuto.

Riprendete le scaloppine, unitele ai funghi e ultimate la cottura, con una spolverata di prezzemolo tritato. Servitele ben calde!

Scorrete la gallery in alto per altri utili consigli!

Ricerche frequenti:

Ricetta Paris-Brest all’uva – La Cucina Italiana

  • 75 g farina
  • 65 g latte
  • 50 g burro
  • 20 g granella di nocciole
  • 2 uova
  • zucchero semolato e a velo
  • sale
  • 350 g panna fresca
  • 125 g croccante di nocciole
  • 80 g cioccolato bianco
  • 4 g gelatina alimentare
  • un baccello di vaniglia
  • scorza di limone
  • 700 g uva rosata senza semi
  • 100 g zucchero
  • 8 g pectina
  • limone

Per la ricetta della paris-Brest all’uva, scaldate il latte con 60 g di acqua, un pizzico di sale e un pizzico di zucchero semolato fino al bollore; unite il burro e, quando si sarà fuso, togliete la casseruola dal fuoco e aggiungete la farina tutta in una volta; mescolate rapidamente finché la pasta non si staccherà dalle pareti formando una palla; riportate sul fuoco per 1-2 minuti in modo da far asciugare un po’ la pasta, mescolando costantemente. Togliete dal fuoco.
Incorporate un uovo alla volta, aggiungendo il secondo solo quando il primo sarà perfettamente amalgamato. Raccogliete la pasta nella tasca da pasticciere con bocchetta dentellata. Disegnate su 3 fogli non troppo grandi di carta da forno un anello di 12 cm di diametro, girate i fogli, accomodateli su una o due placche e formate, seguendo il contorno che avete disegnato, 3 anelli di pasta bignè.
Distribuite sulla superficie di ognuno la granella di nocciole e spolverizzate con poco zucchero a velo. Infornate a 180°C per 25 minuti, poi riducete la temperatura a 160°C e completate la cottura in 25 minuti circa. Non aprite il forno prima di 40 minuti di cottura perché altrimenti gli anelli si sgonfiano del tutto. Sfornate gli anelli e fateli raffreddare.
Per la ganache, sminuzzate il cioccolato in una ciotola. Ammollate la gelatina in acqua. Scaldate 175 g di panna con un baccello di vaniglia e 2 scorze di limone fino al bollore; eliminate poi gli aromi, unite la gelatina strizzata, mescolate bene fino a farla sciogliere.
Versate la panna sul cioccolato e mescolate finché non otterrete un composto liscio e omogeneo. Aggiungete il resto della panna fredda e mescolate ancora molto bene (potete amalgamarla con un breve impulso di frullatore a immersione). Coprite con la pellicola, a contatto, e mettete in frigo per 4-5 ore. Togliete dal frigo e montate con le fruste elettriche unendo un paio di cucchiai di croccante frullato in polvere.
Per la gelatina d’uva, lavate e diraspate l’uva, centrifugate gli acini con il succo di mezzo limone; mescolate 400 g di succo di uva con 80 g di zucchero; fate ridurre sul fuoco fino a 200 di liquido; alla fine unite 20 g di zucchero mescolati con 8 g di pectina.
Dividete gli anelli a metà, farciteli con poca gelatina di uva e con abbondante ganache, distribuita con la tasca da pasticciere; chiudete con la calotta e decorate a piacere con acini di uva privati della buccia.

Le nuove migliori pizzerie di Roma

Le nuove migliori pizzerie di Roma

Dalla bassa e croccante alla degustazione in tranci, gli indirizzi più buoni della capitale. Suddivisi per tipologia di pizza per accontentare tutti i gusti

Per anni a Roma si è consumata la diatriba fra estimatori della pizza cosiddetta romana e amanti della versione napoletana. I primi accusati dai secondi di adorare una specie di cracker; gli ultimi di mangiare una pizza mai abbastanza cotta. Ma, si sa, la virtù sta nel mezzo e così si è felicemente inserita sul ring – mettendo d’accordo tutti – la new wave della “pizza romana cresciuta”, con i fautori delle lunghe lievitazioni e della ricerca del “giusto mezzo”. Fra i contendenti si sono poi aggiunti i rappresentanti della versione gourmet, dove l’attenzione agli impasti c’è sempre, ma a regnare è il principio della degustazione in tranci, per assaggiare più varianti.

Romana Classica e Pinsa

Il primo, anzi la prima, a rivoluzionare il concetto di pizza romana è stata Emma, portando una ventata di freschezza al genere. Poi si è cominciato a discutere di lievitazioni, mattarello sì/mattarello no, bordo più o meno marcato, arrivando anche a un decalogo della pizza romana. Alla fine i cultori della materia che sono emersi da questa diatriba sono Mirko Rizzo, Jacopo Mercuro e Sami El Sabawi. Il primo lo trovate d’estate al parco Appio con la sua pizzeria Elementare all’aperto e tutto l’anno nell’omonima pizzeria a un passo da piazza Trilussa. Secondo e terzo sono a Tor Pignattara, periferia multietnica dove si sta compiendo una mezza rivoluzione gastronomica. Con il suo 180g Jacopo Mercuro registra il sold out permanente, grazie a una pizza romana da competizione e fritti golosissimi, tanto che è uno che in tempi di Covid ha perfino raddoppiato: il vecchio locale è diventato base di partenza per l’asporto e la nuova sede è la moderna casa-base delle sue creazioni. Sami lo trovate invece da A Rota, espressione tipica romanesca per dire che la sua pizza dà dipendenza. In effetti l’impasto convince e le pizze ripiene, come si dice sempre a Roma, “spaccano”. Si aggiunge all’elenco anche Pier Daniele Seu, nella sua versione “Tac! Thin&Crunchy”, portata in spiaggia a Ostia per l’estate, ma torniamo a parlare di lui nella sezione gourmet.

Napoletana

Dalla fine del 2016 Roma è diventata terra di conquista per i napoletani più famosi. Il primo ad aprire con il suo marchio storico è il mitologico Michele, con la famiglia Condurro che ha aperto prima una succursale del locale di Forcella a Roma, accanto al museo Explora dedicato ai più piccoli, poi una in zona Eur. Lo ha seguito un altro fuoriclasse della napoletanità: Gino Sorbillo, che ha aperto prima a piazza Augusto Imperatore e poi la sua versione Gourmand alla Rinascente di via del Tritone. Versione Gourmet anche per Salvatore Di Matteo, che ha invece scelto una traversa a un passo dal Palazzaccio per portare la sua pizza e i suoi strepitosi fritti. E, restando in tema di fritti, l’ultimo napoletano ad affrontare il mercato capitolino è stato La Masardona, famoso per le sue pizze fritte, che ha ugualmente scelto un posto super centrale.
Fuori dalle logiche dei blasonati napoletani, si sono fatti apprezzare con la loro versione partenopea di pizza anche Angelo Pezzella, che ha un locale un po’ fuori, a due passi da Capannelle, e in zona Furio Camillo ci sono invece I Quintili, di Marco Quintili, che si è fatto apprezzare oltre che per l’ottima pizza anche per delle monumentali frittatine napoletane.

Impasto romano moderno

Sono due gli antesignani della new wave della pizza a Roma: Stefano Callegari e Giancarlo Casa. Il primo è il papà dei trapizzini, capace di trovare nelle sue pizzerie il “giusto mezzo”. Primo fra tutti, Sforno, in zona Cinecittà, oggetto di una recente ristrutturazione e riapertura, poi sono seguite nel tempo le aperture di Tonda, in zona Montesacro, e di Sbanco, vicino San Giovanni. Fra le particolarità, la sua speciale ricetta per la pizza cacio e pepe, con quel tocco di genio che gli ha fatto mettere il ghiaccio sulla base per evitare che il pecorino fondesse. Patron di La Gatta Mangiona, Giancarlo Casa è capace di portare fino a Monteverde gli abitanti di tutta Roma. Da un lato impasti dalla digeribilità assicurata, che nel tempo si sono avvicinati sempre di più al concetto di napoletana (cottura breve e consistenza soffice), dall’altro abbinamenti felici con pizze che rasentano il genere gourmet. Entrambi, sia Callegari sia Casa, oltre a essere fautori della buona pizza, sono anche maestri del supplì, quindi come tradizione vuole a Roma, prima di ordinare la pizza non potete non concedervi un supplì. Ai due mostri sacri, nel tempo si sono aggiunti – superando addirittura i maestri? – allievi come Pier Daniele Seu, con il suo Seu Pizza Illuminati (ma lo trovate anche nel riaperto Mercato Centrale, con una carta più snella). Romano di Ostia, Seu lo troviamo fra Trastevere e Portuense e anche da lui la prenotazione è d’obbligo. Grande lo studio sugli impasti, ottima la selezione delle materie prime e la capacità di combinarle fra loro e geniale la sezione delle pizze dolci.

Pizza gourmet

Come si diceva, è necessario introdurre una nuova categoria, dedicata a chi propone pizze che sono più che altro degustazioni. Vere e proprie basi neutre per appoggiare abbinamenti arditi e prodotti dal valore inestimabile per la loro bontà. Il maestro e antesignano del genere è senza dubbio Edoardo Papa, patron della pizzeria In Fucina, in zona Monteverde. La ricerca degli ingredienti più pregiati è il suo cavallo di battaglia, per una pizza da mangiare rigorosamente a spicchi, in degustazione con gli altri commensali, per assaggiarne più versioni. Unica pecca, i prezzi non proprio popolari, che portano questa pizzeria a qualificarsi piuttosto nella fascia dei ristoranti gourmet. Regno dei fratelli Alessio e Fabio Mattaccini, Spiazzo, in zona Marconi-Ostiense è la pizzeria giusta per divertirsi con le degustazioni. Qui il gioco si fa duro perché comporta non solo assaggiare le varie proposte in termini di topping, ma soprattutto quattro tipi di impasti differenti: classiche, classiche integrali, nel ruoto e spiazzanti. Vengono servite direttamente a spicchi, con un chiaro invito alla condivisione.

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