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» Torta mimosa alle fragole

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Innanzitutto preparate il pan di Spagna: separate tuorli e albumi, montate questi ultimi a neve ferma e sbattete bene i tuorli con l’acqua bollente e con lo zucchero, quindi unite i due composti mescolando piano con un movimento dal basso verso l’alto.

Incorporate anche farina e lievito setacciati, sempre mescolando delicatamente.

Trasferite il composto nello stampo rivestito di carta forno (o imburrato e infarinato), livellate bene la superficie e cuocete per circa 35 minuti a 180°C, in forno statico già caldo.
Sfornate, togliete dallo stampo e lasciate raffreddare a testa in giù su di una grata.

Preparate la crema pasticcera al limoncello: fate scaldare il latte con la bacca di vaniglia incisa per il lungo e la buccia di limone portando quasi ad ebollizione.
A parte, sbattete i tuorli con lo zucchero, quindi incorporate la farina.

Incorporate il latte, trasferite nel pentolino e fate addensare, quindi eliminate vaniglia e limone.
Coprite con pellicola a contatto e lasciate raffreddare.

Una volta fredda, incorporate il limoncello alla crema.

Preparate la bagna: unite tutti gli ingredienti (con le fragole già pulite) in un pentolino e cuocete per circa 20 minuti, quindi frullate.

A questo punto potete procedere ad assemblare la torta: iniziate tagliando via la calotta dal pan di Spagna e scavando la parte di sotto per ottenere un guscio di circa 2 cm per lato.

Ricavate un disco di un paio di cm dalla mollica e tagliate il resto a cubetti (li userete per la decorazione).

Bagnate il guscio con metà della bagna alle fragole (bagnate sia il fondo che i lati), quindi farcite con metà della crema, aggiungete uno strato di fettine di fragole e coprite con il disco di mollica di pan di spagna ricavato prima.

Bagnate anche questo con la bagna e create un secondo strato di crema e fragole a fettine, infine bagnate anche la calotta e usatela per chiudere la torta.

Montate la panna ben fredda di frigo, quindi decorate con la mollica a cubetti e le fragole a tocchettini.

La torta mimosa alle fragole è pronta, non vi resta che gustarvela.

Spezzatino con patate: la ricetta della nonna

La Cucina Italiana

La ricetta dello spezzatino con patate è un classico della cucina italiana, tramandata per generazioni e conservata nella memoria di chi lo prepara da tanti anni e – anche – da chi ha fortuna di assaggiarlo.

Si tratta di uno di quei piatti che richiama antichi sapori e riporta la mente e il palato indietro nel tempo, alle domeniche passate tutti insieme in famiglia, circondati dai parenti, con la nonna che preparava il pranzo dalle prime ore del giorno e gli altri commensali che attendevano che tutto fosse pronto quasi in religioso silenzio.

Lo spezzatino di patate della nonna è proprio questo: gusto e tradizione. Un piatto per il quale il tempo non passa mai e, anzi, si è fermato, in attesa di nuove generazioni che lo preparino e lo portino in tavola. Chi non ha avuto la fortuna di avere in un vecchio quaderno la ricetta originale dello spezzatino di patate scritta a mano dalla nonna può provare a seguire la nostra. Non avrà certamente lo stesso fascino ma il gusto, ve lo promettiamo, sarà proprio quello!

Spezzatino di patate della nonna: la ricetta

Ingredienti

500 g di polpa di manzo
500 g di patate
300 ml di brodo vegetale o di carne
1 cipolla bionda
1 carota
sedano
vino rosso qb
alloro qb
rosmarino qb
chiodo di garofano qb
farina 00 qb
olio extravergine di oliva qb
sale e pepe qb

Procedimento

Iniziate la preparazione di questo piatto tradizionale della cucina italiana tagliando a cubetti non troppo grandi la polpa di manzo e poi infarinateli leggermente. Preparate un trito con la carota, una costa di sedano e la cipolla e fatelo rosolare in una casseruola grande, preferibilmente di ghisa e che abbia un coperchio, con due cucchiai di olio extravergine (o di burro).

Aggiungete i bocconcini di carne, alzate la fiamma e fateli rosolare per circa due minuti, aggiungete mezzo bicchiere di vino rosso e sfumate, sempre a fuoco alto, fino alla completa evaporazione. Aggiungete quindi un paio di mestoli di brodo già caldo, per evitare che si perda il bollore.

Ricerche frequenti:

12 posti dove mangiare una grande polenta (e non solo) in Lombardia

12 posti dove mangiare una grande polenta (e non solo) in Lombardia

La polenta è uno dei cardini della cucina povera regionale. Soprattutto in inverno, figura nella carta di osterie che sono cult per gli appassionati locali. Eccole

Si rischia sempre il litigio culinario tra lombardi (veri e/o di adozione) quando si parla di polenta. Perché ogni territorio sostiene di avere la migliore, spesso con origini precedenti l’arrivo del mais in Europa (XVI secolo) che ne cambiò la storia, il sapore e il colore. Prima, i cereali usati erano il farro e la segale. Successivamente arrivò anche il grano saraceno, dall’Asia e si chiuse magnificamente il cerchio. Si diceva dei territori: la polenta a Milano e dintorni è morbida (magari fritta con gli avanzi o pasticciata con la salsiccia); quella della Bassa è simile, ma con il sommo piacere di gustarla anche non caldissima con i salumi o il luccio alla mantovana. Como è la capitale della polenta uncia (ovvero unta), cotta nel paiolo di rame e arricchita con aglio e formaggio grasso e burro caldo, mentre a Varese le vogliono talmente bene che ne hanno fatto una torta, a base di farina di mais, chiamata Amor Polenta, con tanto di brevetto.

Valtellina, la patria

I bresciani la amano sia gialla e dalla consistenza più morbida o con una parte di farina di segale – tipico in Valcamonica – per accompagnarla allo spiedo o al mitico Bagoss. Il concetto di polenta cünsa nasce proprio dal caricare la polenta con formaggi stagionati al suo interno. A Bergamo esiste il culto della taragna che deve il suo nome probabilmente al tarèl, ovvero il lungo bastone con cui si mescola: non è esclusività bergamasca (la patria è la Valtellina), ma con l’utilizzo del Branzi e il Formai de Mut raggiunge forse il top. Si diceva della terra montana lombarda per eccellenza: qui la taragna viene realizzata con un mix di farine che esalta quella al grano saraceno e condita con tanto formaggio, a partire dalla Casera DOP e/o il Bitto DOP.  Tra le varianti valtellinesi ci sono la polenta in fiur che vede la sostituzione dell’acqua con panna nella preparazione (da qui un altissimo valore calorico e nutrizionale), la cröpa, preparata negli alpeggi con un’aggiunta di patate all’impasto, e la polenta nera, preparata interamente con farina nera di grano saraceno, patate e formaggio.

La visione di Gianni Brera

In ogni caso, sono lontani i tempi in cui nelle campagne, nelle valli e sui laghi la polenta rappresentava la base dell’alimentazione quotidiana, talvolta unita alla carne (vedi i bruscitt, le briciole di carne di manzo), al pesce (come i missoltini come quelli della foto in apertura) e più facilmente ai formaggi. Oggi è un piacevole sfizio, da preparare a casa o gustare in una trattoria come quelle della nostra selezione. Non sarà mai grande cucina sia chiaro. Gianni Brera nel memorabile La Pacciada, libro scritto con l’amico Luigi Veronelli in pratica due intellettuali prestati alla cucina – affermava: «In Italia sappiamo poco o niente di grande cucina (…). Polenta e spaghetti non fanno cucinaria, fanno gonfie le epe e a lungo andare dilatano i fianchi e accorciano le gambe». Era il 1973, oggi gli italiani sono forse i più bravi al mondo a fare grande cucina e quanto alla polenta se ne mangia ancora, ma non per necessità. Basta saperla scegliere. Noi, intanto, un grande locale per ogni provincia lo abbiamo trovato.

Trattoria Mirta – Milano

È una delle più famose trattorie della città, cuore del Casoretto. Lo chef Juan Lema guarda a tutte le regioni italiane, Lombardia compresa ovviamente. E non trascura la polenta (di mais biancoperla) che fa letto alla sua buonissima faraona disossata. Cantina di livello superiore.

Trattoria Torretta – Lodi

Uno spazio rustico con credenze d’epoca, sedie impagliate e tovaglie a quadri: si sta bene in questa osteria lodigiana, dove le porzioni sono abbondanti e le ricette golose. Nel menù invernale spicca la slunsa al lat (lonza di maiale al latte) con funghi porcini e un’eccellente polenta.

Osteria Sali e Tabacchi – Mandello (LC)

Polenta oncia, preparata con formaggio e burro di piccoli produttori, è un must della più celebre osteria della sponda lecchese, accogliente e con una grande ricerca sui prodotti. La versione classica accompagna poi i piatti di carne come il brasato e la selvaggina in salmì.

Camp di Cent Pertigh – Carate (MB)

Grande fuoriporta: una tipica cascina brianzola, trasformata in ristorante. Si mangiano piatti lombardi rivisitati come il risotto alle zucchine e piselli o le lasagnette con asparagi e culatello. Ma nel menù, si fa sempre apprezzare l’ossobuco di vitellina in gremolata con funghi e polenta.

Crotto – Civiglio (CO)

Nella carta di uno dei crotti più amati del Comasco c’è un’intera sezione dedicata alla polenta con abbinamenti classici a formaggi, ma anche con i bruscitt o lo stracotto di manzo; e quella della casa, con formaggio e salsiccia, servita con uova all’occhio di bue e porcini trifolati.

Osteria della Madonna – Pavia

Uno storico locale, nel centro, sempre affollato, che si divide in una teoria di sale al piano o nel seminterrato. Ambiente pieno di calore e un menu ghiotto di specialità pavesi e lombarde in generale. Un grande classico è il brasato di scottona alla Bonarda con polenta.

Antica Osteria Fragoletta – Mantova

Bel locale, a pochi passi da piazza Sordello, che esalta la cucina della Bassa. Si parte con i salumi mantovani, polenta abbrustolita, gras pistà e mostarda di mele e si arriva al goloso luccio del Garda con la polenta classica. Ambiente vivace, ben gestito, da osteria contemporanea.

Trattoria Fontana – Agnadello (CR)

Una cascina della Bassa, ben ristrutturata e in mezzo a un parco naturale, che mette a proprio agio gli ospiti. Menù con le specialità della Bassa, dalla pasta ripiena ai dolci al cioccolato. Tra le specialità lo stufato d’asino con la polenta. Bello il dehors per i mesi più caldi.

Osteria al Gigianca – Bergamo

È l’unico locale segnalato da Slow Food, a Bergamo Bassa: ha un orto che fornisce tutto il vegetale, piatti a base di carne di pecora (polpettine, ragù per i tagliolini, stufato), casoncei, coniglio o lumache con la polenta. Grandi anche i formaggi, con taleggio e stracchino in prima fila.

Osteria del Centenate – Varese

Il trionfo della polenta: un piccolo menù di abbinamento ai formaggi e la presenza al fianco di vari piatti di carne, dai gustosi bruscitt allo spezzatino di cervo in umido con pere e castagne. L’ambiente è rustico, da trattoria vera dove si celebra la cucina lombarda dall’antipasto al dolce.

Antica Trattoria Piè del Dos – Gussago (BS)

Neo-chiocciola per Slow Food, la suggestiva trattoria di Stefano Pazzaglia e Resi Martinotti rende onore alla cucina franciacortina, di pesce e di carne. Così la polenta accompagna il coregone dell’Iseo, lo spiedo su ordinazione e l’immancabile manzo all’olio di Rovato.

Vecchia Combo – Bormio (SO)

La polenta taragna, integralista, resta una delle certezze di questo piccola trattoria a pochi passi dal centro, aperta dal 1968 e ancora a conduzione familiare. Ambiente rustico e piacevole. Cucina valtellinese con piatti di carne, pizzoccheri e dolci golosi.

 

Ricerche frequenti:

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