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Due cucine al femminile sui Navigli

Due cucine al femminile sui Navigli

Due giovani cuoche e due ristoranti riscrivono la cucina lombarda con una poco scontata femminilità. Da Belè e da Acquada le ragazze fanno la cassoeula. Ma a modo proprio

Quando si pensa alla definizione di cucina femminile contemporanea la mente ondeggia fra insalatine scondite e ciotole di quinoa integrale. Nell’alta cucina lo stereotipo la vuole invece vegetale, delicata, leggera, di buon gusto estetico… Per qualche strano stereotipo si pensa che le donne cucinino in un modo più aggraziato, femminile: da donne e per donne.
Sui Navigli a Milano due ragazze dimostrano invece tutto il contrario. Sono due Millennials, lombarde di origine e di formazione, e sono chef di due ristoranti in cui andare a mangiare anche la cassoeula, ottimi risotti, rognone in tempura o passatelli con ragù di fagiano. Dove il sesso di chi cucina non ha importanza, ma la materia prima sì.

Acquada, l’acquazzone di Sara Preceruti

Voi siete mai stati sorpresi da un’acquada? In milanese significa acquazzone, e per la chef Preceruti questo è un punto di partenza, un taglio con il passato e la nascita di qualcosa di nuovo. Sara è giovane, ma non è una novellina, classe 1983, cresciuta a Novara, a soli 28 anni ha ottenuto la sua prima stella Michelin a La Locanda del Notaio sul Lago di Como, nel 2013 ha vinto il premio Miglior Chef Donna della guida Identità Golose, ha lavorato poi all’ex convento dell’Annunciata ad Abbiategrasso, sul Lago di Lugano a Porlezza e ora finalmente a Milano, come chef e patron del suo nuovo ristorante.
Via Villoresi è una traversa del Naviglio Pavese e il ristorante è pulito, elegante, tutto giocato sul bianco e il blu. Foto di pozzanghere che rifrangono le bellezze di Milano accolgono gli ospiti in quelli che furono i locali di Tano Passami l’Olio.
La cucina è caratterizzata da contrasti, un gioco di equilibri, consistenze e temperature, con un rimando continuo tra dolce e salato, morbido e croccante, caldo e freddo. Alta cucina per numero di ingredienti e complessità di lavorazioni, impiattamenti curati e decorazioni. La frutta è ricorre nei piatti, a far da contraltare al fegato in un primo di pasta ripiena, a fianco alle capesante arrivano delle arance, che abbina anche ad una tartare di salmone. Il coniglio diventa sushi con alghe, blu di Bagnoli, mandorle, cipolle all’agro, riso soffiato e crema di carote piccante; il rognone è in tempura con patata schiacciata, sorbetto all’uva rossa e salsa al caffè; i passatelli al ginepro con ragù di fagiano e carciofi croccanti. Il Mediterraneo arriva con una casseola di moscardini su crostone di polenta bianca e zeste di pompelmo glassate. Ottimo il risotto con acqua alla salvia, gocce di yogurt, sfere di pera e cavoletti di Bruxelles. Per dessert, il suo intramontabile cavallo di battaglia Il Gianduia veste Rosso. A pranzo, due portate a 20€ o tre a 28€ e piatti come il Pollo ripieno di ricotta e bacon, finocchi gratinati.

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Belè, l’indirizzo segreto sul Naviglio

Belè significa in dialetto qualcosa di bello, una preziosità da custodire, un po’ come questo indirizzo aperto da due anni e ancora poco conosciuto. Cibo genuino, patrimonio tradizionale, interpretazione contemporanea senza volontà di stravolgere e di stupire. Quello che si cerca quando si esce… non solo a cena. Via Fumagalli è minuscola e la migliore indicazione geografica è l’essere fra il Rita e il Tiki Room, in una zona dove si beve bene, ma si mangia maluccio. I cocktail bar a Milano sono un fiore all’occhiello, soprattutto in questa zona, tanto da aver dato vita a ristoranti come Belè, in cui respirare lo stesso spirito leggero e la stessa leggerezza di un happy hour. Merito degli osti, in questo caso del solido (professionalmente e fisicamente) Sergio Sbizzera, che dopo anni dietro ai banconi di Cape Town e Pinch, ora si destreggia fra sala e banco. In cucina ha chiamato Giulia Ferrara, una ragazza di queste parti, proprio qui lungo il Naviglio dalle risaie di Cascina Ronchetto dove il padre coltiva il riso con cui lei ora prepara ottimi risotti. Scuola di cucina Alma, poi Pont de Ferr a fianco di Matias Perdomo, Ratanà e poi dallo chef giapponese Takeshi Iwai, sempre nella campagna del Parco Agricolo Sud Milano. Ora è alla sua prima esperienza da chef e porta nel piatto tanta generosità. Risotto al cavolfiore con chutney di mandarini cinesi affumicati, Ravioli di oca con crema di radici amare e indivia, serviti con brodo d’oca, Earl Grey e bergamotto, Fegatini di pollo con crema di zucca e nocciole e cialde di zucca al caffè. Per dessert la torta di riso al sambuco con gelato allo zafferano e, fuori carta a rotazione, cassoeula classica (ma fortunatamente alleggerita) o ossobuco con purè.

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» Zuppa di pane e scarole

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Pulite le scarole, lavatele bene, spezzettatele e fatele appassire per 5-10 minuti in padella con sale e olio.

Nel frattempo tagliate il pane a fette e tostatelo da entrambi i lati su una bistecchiera ben calda.

Iniziate a comporre le vostre terrine di zuppa: mettete le scarole sulla base delle pirofile.
Coprite le scarole con il pane, mettete 1 uovo su ogni fetta di pane (facendo attenzione a non rompere il tuorlo), quindi aggiungete brodo caldo con dentro sciolto lo zafferano fino ad arrivare a filo con le uova.

Condite con sale e pepe, quindi coprite le terrine con carta di alluminio e cuocete per 10 minuti in forno ventilato preriscaldato a 180°C.

La zuppa di pane e scarole è pronta, servitela subito.

Torta di semolino con verdure

Torta di semolino con verdure

Da qualche tempo sono in un bellissimo gruppo whatsapp di amiche virtuali.
Inizialmente era un gruppo nato per scambiarci like e commenti ma poi i post sono passati al decimo posto e l’esserci vicine anche solo con un buongiorno ha preso la prima posizione.
Più il tempo passa e più averle vicine mi fa stare bene; tra di noi c’è solo la sincerità di chi non deve fare i conti con l’invidia o altro.
Grazie a queste amiche, purtroppo solo virtuali ma non si sa mai, che ci sono sempre da quasi 2 anni a questa parte.
Ieri dopo aver scritto queste parole mi è stato difficile abbinare un post adatto all’occasione ma alla fine ho pensato che uno valeva l’altro, le mie amiche avrebbero capito che postare un dolce sarebbe stato vincere facile, mentre una torta di semolino con verdure come questa avrebbe rispecchiato bene il mio amore per i salati.

Ingredienti

1 litro di brodo vegetale
300 g circa di semolino
2 cucchiai di formaggio grana grattugiato
+ 1 cucchiaio
30 g di burro
70 g formaggio a pasta dura
1/2 zucchina
3-4 pomodorini
sale
noce moscata
origano

Procedimento

Nel brodo al primo bollore versare a pioggia il semolino mescolando con una frusta per non formare grumi. Appena il composto risulta liscio, continuare a cuocere per una quindicina di minuti con un cucchiaio di legno. Quando il semolino avrà raggiunto una consistenza corposa, toglierlo dalla fiamma e mescolando unire il burro, i due cucchiai di formaggio grattugiato e la noce moscata. Assaggiare e aggiustare di sale.
Ungere leggermente uno stampo a vostra scelta, io questo da crostata con la base staccabile, e stendere il semolino, livellandolo in un unico strato.
Lasciare raffreddare completamente.
Nel frattempo preparare le fettine di zucchine, tagliare i pomodorini e grattugiare il formaggio a pasta dura scelto per la ricetta.
Scaldare il forno a 180°C.
Quando il semolino è freddo, porre sulla superficie la verdura alternandola con il formaggio.
Cospargere con il resto del grana e origano.
Infornare e cuocere per circa 20 minuti o fino a quando il formaggio si è sciolto e leggermente gratinato.

Ricerche frequenti:

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