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Il menu ideale per chi soffre di allergia ai pollini

L’allergia ai pollini può essere tenuta sotto controllo portando in tavola i giusti alimenti. Dalla colazione alla cena, ecco i consigli della nutrizionista e naturopata

Un menu ideale per stare meglio potrebbe essere la soluzione per chi soffre di allergia ai pollini. Anche perchè sappiamo per certo che questa stagione è un vero incubo. Infatti, secondo una recente ricerca condotta dall’University of Worcester, pubblicata sulla rivista “Science Advantage”, i mutamenti climatici – e in particolare l’innalzamento delle temperature – hanno anticipato l’avvio della stagione dei pollini. Rispetto al 1990, infatti, i pollini iniziano a essere presenti nell’aria circa 20 giorni prima, con buona pace di chi è allergico.

Secondo la nutrizionista e naturopata Laura Quinti, consulente di Terme di Saturnia Spa Resort, la dieta può rivelarsi un prezioso alleato per limitare i sintomi da allergia ai pollini. Abbiamo chiesto all’esperta il menu di una giornata tipo: ecco cosa portare in tavola, dando la preferenza a pesce, naturalmente ricco di omega 3, ortaggi e frutta con buoni quantitativi di vitamina C e antiossidanti, olio extravergine di oliva, elisir di buona salute. 

Il menu ideale per chi soffre di allergia ai pollini

Colazione
Una tazza di tè verde non zuccherato, ricco di quercitina e catechina, previene e riduce l’istamina.
Un estratto di mela, carota e zenzero, antiossidante.
Una fetta di pane di avena tostato con salmone.

Spuntino di metà mattina
Una manciata di frutta secca e una manciata di ribes nero, ricco di vitamina C, ribattezzato “cortisone naturale”.

Pranzo
Un piatto di insalata lattuga con arancia (vitamina C), cipolla (quercetina) e semi di canapa (ricchi di omega 3), accompagnato da riso integrale rosso o quinoa condite con olio extravergine di oliva a crudo.

Spuntino di metà pomeriggio
Una tazzina di lamponi e un decotto di ortica (ricco di quercetina, è un antistaminico di rapida azione).

Cena

Una porzione di pesce alla griglia (salmone, spada o sgombro) con salsa di avocado e lime fresco. Contorno di spinaci e patate saltate in padella con aglio.

Il consiglio in più

Ricordare che l’aceto di mele può essere alternato al succo di limone e all’olio extravergine di oliva e usato come condimento, rigorosamente a crudo. Non solo: l’aceto di mele può diventare una vera terapia contro le allergie di stagione. Diluite due cucchiaini in un bicchiere di acqua e bevetelo per quattro giorni di seguito. 

La tisana calmante

Una tisana che aiuta chi soffre di disturbi stagionali è quella di piantaggine, associata al rooibos e alla mente piperita, ottima per evitare tosse, catarro, riniti e dermatiti. Fatevi preparare la miscela in erboristeria, versate un cucchiaio di preparato in una tazza di acqua calda per 15 minuti, filtrate e sorseggiate la bevanda senza aggiungere zucchero o dolcificante. Se l’allergia è entrata in fase acuta, bevetene tre tazze al giorno, lontano dai pasti.

Anna in Casa: ricette e non solo: Torta brioche al formaggio

Anna in Casa: ricette e non solo: Torta brioche al formaggio

Il fine settimana chiama i lievitati, almeno a casa nostra. 

Domenica scorsa la cucina sembrava sotto attacco: lievito, farina, uova e latte hanno invaso il piano di lavoro e il forno non ha riposato un attimo, tanto che la sera ho dovuto ripetere la pulizia a vapore fatta il sabato sera. Insomma alla fine sul tavolo c’erano una pagnotta alla semola, 4 trecce di brioche di cui due con la crema di nocciole, una focaccia con la zucca e stracciatella e la torta di brioche al formaggio.

Giusto per chiarire, non abbiamo mangiato tutto noi, le trecce erano da regalare, la torta era per il pranzo e la focaccia per la cena.

Credo proprio che questo fine settimana preparerò ancora questa sfiziosa delizia, magari mi invento una gustosa variante.

Voi siete pronti per impastare?

Ingredienti

450 g farina 0
          io una farina per lievitati W 350

100 g di formaggio grattugiato
15 g di lievito fresco di birra
15 g di zucchero
150 ml latte a temperatura ambiente

80 ml panna da cucina

     o tutto latte
1 uovo
1 cucchiaino di sale fino
50 g di burro morbido

q.b. di formaggio tipo Asiago o uno a piacere
per la lucidatura
1 tuorlo

Procedimento

In una ciotola sciogliere in 100 ml di latte (il resto verrà aggiunto con il sale) lo zucchero e il lievito.
Nel frattempo nella ciotola della planetaria ( ma potete anche impastare a mano, ci vorrà solo un po’ più di tempo) versare la farina e il formaggio grattugiato.
Aggiungere alla farina il lievito sciolto e la panna, iniziare ad impastare e unire l’uovo intero.

liquido l’olio e l’uovo. Unire il sale ed il resto del latte tenuto precedentemente da parte. 

N.B. se il composto lo richiedesse, aggiungere un goccio di latte (la farina che ho utilizzato io, una Manitoba W 37, ha richiesto una aggiunta di latte).

Ad impasto incordato aggiungere a tocchetti il burro morbido, aspettando il completo assorbimento prima di aggiungere il pezzo successivo.
A burro completamente incorporato, continuare ad impastare fino ad ottenere un composto liscio, omogeneo e ben incordato.
Trasferire l’impasto sulla spianatoia, formare un panetto e metterlo in una ciotola, coperto, a lievitare fino al raddoppio (io nel forno con la luce accesa).
Una volta che l’impasto ha raddoppiato il suo volume, trasferirlo sulla spianatoia leggermente infarinata e con le mani stenderlo fino ad ottenere un rettangolo spesso circa 1 cm.

Dividere l’impasto in tanti rettangoli o quadrati, come in figura,

Con le mani, ripiegare verso l’interno gli angoli del rettangolo, posizionare nel mezzo un tocchetto di formaggio e ripiegare i bordi verso il centro a coprire il formaggio. Formare una pallina e posizionarla in una tortiera da 28 cm di diametro, foderata con carta forno.

Una volta posizionate tutte le palline, coprire con pellicola trasparente e lasciare lievitare una trentina di minuti circa, fino a quando le palline si toccano.

Scaldare il forno a 180°C.

In una coppetta mettere il tuorlo, unire il latte e mescolare. Con un pennello, lucidare la superficie dei paninetti e, a forno caldo; mettere in cottura.

Cuocere la brioche per 25-30 minuti, dipende dal forno.

A cottura terminata, sfornare la torta e lasciarla 5 minuti a riposo prima di sformarlo.

La torta brioche al formaggio la potete gustare sia tiepida che a temperatura ambiente.

La tisana d’orzo bevuta da Ippocrate, in Giappone e in Abruzzo

La tisana d’orzo bevuta da Ippocrate, in Giappone e in Abruzzo

Da uno dei cereali più antichi non si fa solo pane, birra, whisky e caffè, ma anche uno splendido infuso. Da bere caldo oppure freddo come si usa in Oriente. Ma prodotto artigianalmente nel Parco della Majella

L’orzo è un cereale fra i più consumati dall’uomo. Lo si mangia, certo, ma lo si beve soprattutto. Con l’orzo si fa la birra, il whisky e il caffè. E anche uno splendido tè.
La Tisana di Ippocrate non è, lo si capisce dal nome, qualcosa di particolarmente innovativo. Il padre della medicina ne aveva riconosciuto l’alto valore energetico e raccomandava questo preparato per la digestione e per l’alto potere antinfiammatorio. Lo mangiavano i gladiatori e lo consigliava ai malati per le sue proprietà ricostituenti e remineralizzanti. Calda, aiutava i convalescenti; in estate aveva un alto potere rinfrescante. La parola stessa tisana deriva dal greco ptissein ovvero mondare, l’orzo per l’appunto che va sbucciato e pestato.

L’orzo, cereale antico

L’orzo è un cereale antico, conosciuto dall’uomo fin da epoche lontane. Era già coltivato in Medio Oriente ai tempi della Mezzaluna Fertile e da qui si è diffuso in tutto il pianeta. La pianta dell’orzo resiste al caldo, al freddo e alla siccità, impiega meno tempo per essere raccolta e quindi riesce a essere coltivata anche in montagna o nei paesi del Nord, dove le estati sono brevissime. Molto coltivato in Italia, con l’affermarsi del frumento, l’orzo è diventato via via un cereale da destinare alle classi più povere, e oggi all’alimentazione animale. Ad oggi in Italia è diffuso particolarmente nelle aree del centro-sud. La recente riscoperta dei cereali antichi e alternativi sta facendo nuovamente la fortuna di orzo, farro e segale, ma basta rispolverare qualche ricordo del passato e caramelle e caffè di orzo tornano alla mente.

La tisana di orzo che si beve anche in Giappone e Corea

La tisana di orzo si prepara lasciando in infusione i chicchi di orzo nell’acqua per alcuni minuti, proprio come un tè. In Corea è molto diffusa con il nome di Boricha ed è sempre una tisana di orzo perlato servita caldissima in inverno e ghiacciata in estate. In Giappone si chiama Mugicha e la si beve invece prevalentemente fredda: è popolare come una limonata  ed è diffusa in tutto l’Oriente, inclusi Cina e Taiwan. Si trova nei supermercati in bustine proprio come il tè, oppure pronta da bere in bottigliette usa e getta o, ancora, servita in brocche a casa e al ristorante. In inglese si dice barley tea e lo si trova in negozi di cibo naturale e biologico.

In Italia, era il caffè di una volta

In Italia la tisana di orzo è una novità, ma solo all’apparenza. Prima dell’affermarsi del caffè, nel secolo scorso, il caffè d’orzo era bevuto dalle famiglie contadine che lo preparavano alla turca, come si faceva il caffè prima dell’invenzione della napoletana (nei primi anni del Novecento) o della moka, negli anni Trenta. L’orzo prima si tostava in casa e poi si lasciava bollire in acqua, poi lo si faceva depositare o si filtrava prima di berlo. Certo diventava scuro e potente, come un caffè, mentre il tè d’orzo è molto leggero, delicato e assolutamente più dolce. In Europa durante la seconda guerra mondiale a causa delle ristrettezze economiche, dell’embargo e dell’autarchia si diffusero una serie di surrogati come il caffè d’orzo, di cicoria, segale, fichi e lupini. In molti Paesi sono solo un vecchio ricordo mentre in Italia il caffè d’orzo ha ancora la sua fetta di pubblico di affezionati.

L’orzo mondo del Casino di Caprafico

Esistono due varietà di orzo: quello perlato, che si trova un po’ ovunque, e l’orzo mondo o “orzo nudo”, decorticato e tipico cereale dell’agricoltura marchigiana e abruzzese. È una varietà più pregiata, che richiede una lunga cottura e un ammollo preventivo, ma che contiene anche più fibre, sali minerale, vitamine e meno calorie. Diversamente dall’orzo perlato, non subisce alcun processo di raffinazione. È una coltivazione pregiata, con rese più basse e che quindi era stata abbandonata in favore di colture più redditizie. È stata riscoperta negli ultimi anni anche grazie a personaggi come Giacomo Santoleri della Azienda Agricola Casino di Caprafico, a Guardiagrele, in provincia di Chieti. Alle porte del Parco Nazionale della Majella, prende il nome dal fabbricato rurale costruito sulle Piane di Caprafico nel 1832 dalla famiglia Santoleri. Figlio di agricoltori da generazioni, Giacomo che ha convertito negli anni parte dei 130 ettari di terreni destinati a uliveto alla coltivazione di cereali e oggi ne lavora 70 seminati a farro selvatico autoctono, varietà antiche di orzo mondo e legumi tipici dell’Italia Centrale. Ne produce un’ottima pasta, un sorprendente caffè d’orzo e ora anche una tisana.
L’orzo mondo viene decorticato e tostato a fiamma indiretta e macinato in piccole quantità secondo un’esperienza e una tradizione consolidate nel tempo che esaltano le peculiari caratteristiche organolettiche dell’orzo nudo. Se ne fa caffè d’orzo per la moka o la macchina da espresso e una versione in bustine filtro, come quelle utilizzate solitamente per il tè. Classico oppure con anice, come si usava bere il caffè da queste parti, con anisetta.

Tisana di orzo, Casino di Caprafico.

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