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Bagna Cauda: la vera ricetta, 7 passaggi per farla bene (e il galateo)

Bagna Cauda: la vera ricetta, 7 passaggi per farla bene (e il galateo)

La bagna cauda è Patrimonio Unesco, e questa è la ricetta tradizionale, depositata: da bollino rosso, fatta come Dio comanda, ossia piena d’aglio – ma ne vale la pena se seguite i 7 passaggi per farla bene che vi spieghiamo qui

La Bagna Cauda tra i beni immateriali da tutelare come Patrimonio dell’Umanità. Non solo paesaggi e vigneti, ma anche un piatti profondamente radicato nella storia e nella cultura piemontese.La richiesta all’Unesco, che ha già riconosciuto altri valori culinari come la pizza e la dieta mediterranea. Ecco perché una particolare iniziativa la celebra ogni anno: il Bagna Cauda Day. Una festa che celebra il tipico piatto piemontese e che quest’annona luogo il 25,26 e 27  novembre. I primi fujot saranno accesi venerdì a cena, poi sabato e domenica a mezzogiorno e a cena – ad Asti, in Piemonte, in Liguria e nel mondo (a 25€ a persona).

La ricetta depositata

Il semaforo della Bagna Cauda messo a punto dagli organizzatori è molto chiaro. Questa è una ricetta “rossa”, ossia fatta “Come Dio Comanda”,  piena d’aglio come vuole tradizione. Ma si può anche trasformare in una ricetta eretica con poco aglio o atea, senza aglio del tutto.

La Delegazione di Asti dell’Accademia Italiana della Cucina, in data 7 febbraio 2005, ha registrato una ricetta “da ritenersi la più affidabile e tramandabile”. Depositata a Costigliole d’Asti con registrazione sottoscritta dal notaio Marzia Krieg, è stata scelta dalla commissione di studio che si è più volte riunita per assaggi e confronti.

Ingredienti per 12 persone:

12 teste di aglio,
6 bicchieri da vino di olio d’oliva (extravergine ndr) e, se possibile, un bicchierino di olio di noci,
6 etti di acciughe rosse di Spagna

Tagliare a fettine gli spicchi d’aglio precedentemente svestiti e privati del germoglio. Porre l’aglio in un tegame di coccio, aggiungere un bicchiere d’olio e iniziare la cottura a fuoco bassissimo rimescolando con il cucchiaio di legno e avendo cura che non prenda colore; aggiungere poi le acciughe dissalate, diliscate, lavate nel vino rosso e asciugate, rimestandole delicatamente. Coprire con il restante olio e portare l’intingolo a cottura a fuoco lento per una mezz’oretta, badando che la bagna non frigga. Al termine della cottura si potrà aggiungere, se piace un sapore più morbido, un pezzetto di burro freschissimo. Versare la bagna negli appositi “fujot” (fornellini di coccio) e accompagnarla con le seguenti verdure: crude: cardi gobbi di Nizza Monferrato, topinambur, cuori di cavolo bianco, indivia e scarola, peperoni freschi e sotto graspa, cipollotti crudi inquartati e immersi nel vino barbera; cotte: barbabietole rosse, patate lesse, cipolle al forno, zucca fritta, peperoni arrostini. è tradizione raccogliere alla fine lo “spesso della bagna” strapazzandovi dentro l’uovo

Si fa così: 7 passaggi da sapere

Attrezzatura necessaria: un dian di terracotta; una s-cionfetta o uno scaldino di coccio pieno di braci; in mancanza, un fornelletto ad alcool; un cucchiaio di legno; una retina frangifiamma se si cucina con il gas.

1. Mettete il dian a bagno nell’acqua fredda e lasciatelo per almeno un paio d’ore: ciò gli eviterà di creparsi durante la cottura dell’intingolo.

2. Mettete a bagno le acciughe in acqua fresca abbondante; dopo 5/10 minuti diliscatele con cura, asciugate i filetti ottenuti e teneteli pronti in un contenitore. Le acciughe vanno lavate con sola acqua.

3. Dedicatevi all’aglio: pelatelo, poi tagliate ogni spicchio a metà nel verso della lunghezza ed eliminate il germoglio interno (operazione importantissima!). Raccogliete gli spicchi così trattati in un pentolino e copriteli con latte fresco. Portate a bollore, poi abbassate il fuoco e lasciate sobbollire pianissimo per 15/20 minuti, fino a quando l’aglio abbia raggiunto una consistenza molto morbida.

4. Togliete il dian dall’ammollo e asciugatelo bene. Ponetelo a fuoco moderatissimo (se usate la cucina a gas non dimenticate la reticella frangifiamma) con mezzo bicchiere d’olio. Quando l’olio comincia a scaldarsi unite tutte le acciughe, e badando di non farlo mai friggere, mescolando con il cucchiaio di legno fatele sciogliere completamente.

5. A questo punto unite l’aglio sgocciolato dal residuo latte di pre-cottura; mescolate bene, e schiacciate gli spicchi con il cucchiaio di legno fino a conferire al tutto una consistenza cremosa.

6. Unite tutto il restante olio ed eventualmente il burro; sempre a fuoco bassissimo continuate la cottura per 20/30 minuti. L’olio non deve mai friggere.

7. Se avete la fortuna di possedere una s-cionfetta (o un altro scaldino di coccio) ed un camino, fate un bel fuoco di legna di vite o d’olivo.
Fate un letto di cenere nella s-cionfetta, riempitela di braci per due terzi della sua capienza, e copritele con una coltre di cenere. Ponete lo scaldino in mezzo al tavolo, sistemateci sopra il dian della Bagna che in questo modo si manterrà alla temperatura ottimale per tutta la serata. Se non disponete di simili attrezzature ripiegate sul trespolino della fondue bourguignonne e sul relativo fornelletto ad alcool, ma badate di sorvegliarne attentamente la fiamma in modo tale che la bagna non frigga mai o all’opposto non si raffreddi troppo. Stessa regola se usate i pignattini “fujot” in terracotta.

Il galateo

Il galateo della Bagna Cauda vieta di fare “palot” e si può concludere con uovo e tartufo – Esiste un “galateo” comportamentale del mangiatore di Bagna Cauda che vieta ad esempio di “caricare” eccessivamente il proprio boccone usando foglie di cavolo o altri pezzi di verdura a mo’ di “palot” (paletta) raccogliendo troppa parte “ricca” della salsa. Sconveniente anche intingere pezzi di verdura già morsicati, o il pane che, imbevendosi, ne asporterebbe disoneste quantità. I neofiti della Bagna facciano attenzione ai primi bocconi, la scottatura è un’eventualità molto frequente. Si intinge tutti insieme in un’allegra e vociante confusione: non ci sono turni né altri formalismi da rispettare. Il rito finale prevede in molti casi che nel dian ancora caldo si faccia cuocere lentamente un uovo di gallina o di quaglia strapazzato, che si può arricchire con una “grattatina” di tartufo bianco. Diffusa anche la presenza del brodo caldo con funzioni “detergenti” d’apertura dello stomaco in vista della Bagna Cauda o di chiusura a conclusione del rito.

Ricerche frequenti:

Bruna Cerea, la lady di ferro della ristorazione italiana, compie 80 anni

Bruna Cerea, la lady di ferro della ristorazione italiana, compie 80 anni

La moglie di Vittorio del celebre ristorante tre stelle Michelin festeggia una vita votata all’ospitalità. Da quella volta che a casa cucinò i celebri cannoncini alla crema… ai viaggi a Shanghai

«Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna». aveva detto Virginia Woolf. Non possiamo che darle ragione parlando del ristorante Da Vittorio, tre stelle Michelin a Brusaporto, Bergamo. Il ristorante della famiglia Cerea che porta il nome del suo fondatore, Vittorio, deve la sua fortuna anche a Bruna: moglie, madre e da 55 anni al timone del gruppo di famiglia. Oggi 16 marzo la matriarca di casa Cerea spegne 80 candeline, fra i festeggiamente di figli, collaboratori sparsi in giro per il mondo, e degli affezioni clienti. Perché la “lady di ferro” della ristorazione italiana la conoscono tutti, perché più che dietro le quinte è sempre in sala, a girare fra i tavoli e a bacchettare i figli. Un pranzo della domenica o una cena da Da Vittorio non sarebbero così speciali senza l’accoglienza del capofamiglia (e dei due inseparabili barboncini Gigi e Sissi)!

“Grazie mamma, per avermi fatto crescere con i tuoi preziosi insegnamenti, grazie per la tua costante presenza, grazie per l’esempio che mi hai lasciato per tutta la vita. Ti voglio bene” – Chicco Cerea

Due compleamnni per Da Vittorio

Il 6 aprile Da Vittorio compie 55 anni, ma è il 16 marzo la data che tutti – dai figli con le proprie famiglie per arrivare ai dipendenti e ai collaboratori sparsi per il mondo – hanno atteso. Bruna Cerea, madre, donna appassionata del proprio lavoro e imprenditrice illuminata, festeggia le sue prime 80 primavere. Bruna, il cui vero nome è Gioconda (in suo onore, al compimento dei 50 anni del ristorante nel 2016, i figli le hanno dedicato un lievitato che si chiama proprio così), ha indissolubilmente legato il proprio destino a quello di Vittorio Cerea, il grande amore con cui ha costruito quella che oggi è considerata una delle più importanti dinastie gastronomiche mondiali.

“Ieri sei stata la mia scuola, oggi se la mia guida, per sempre sarai il mio cuore che batte” – Francesco Cerea

Quando Bruna inventò i cannoncini

Bruna e Vittorio si conoscono nel 1960, entrambi residenti a Bergamo in due vie parallele del centro città. Vittorio gestisce un piccolo bar, lei si innamora dei suoi occhi celesti. Un colpo di fulmine, che cambierà la loro storia e anche quella della cucina italiana. Si sposano dopo 3 anni, durante i quali Bruna comincia a sperimentare nella cucina di casa idee, che poi Vittorio porta al locale e fa assaggiare ai clienti: tra questi torte e cannoli, cotti più volte al giorno, che ancora oggi fanno concludere in bellezza un pranzo al Da Vittorio. Nel 1964 nasce Chicco, primo di una genia di figli d’arte (seguiranno Francesco, Barbara, Roberto e infine Rossella) che oggi sono orgogliosi alfieri di un nuovo modo di concepire il fine dining e l’accoglienza.

Bruna Cerea è prima di tutto la mamma che con i suoi insegnamenti mi ha reso la donna che sono, è una compagna, un’amica e una sostenitrice e lo resterà sempre – Rossella Cerea

L’azzardo: il primo ristorante di pesce di Bergamo

La data da segnare negli annuali per Bruna e Vittorio è il 6 aprile 1966 quando a Bergamo, in viale Roma, dopo aver rilevato un ristorante in fallimento, apre Da Vittorio: un’avventura che i due non potevano ancora sapere sarebbe diventata la pietra di fondamento di un percorso unico, costellato di stelle Michelin. Il primo Da Vittorio combinava il talento, la passione e la genialità del patron con il rigore, la costanza, la dedizione della moglie. Non serve ricordare quanto l’intuizione di Vittorio si sia rivelata un azzardo vincente: portare la cucina di pesce in una città votata alla carne. Ma senza il sostegno di Bruna e la sua determinazione nel portare avanti un progetto all’epoca così all’avanguardia, sarebbe stato tutto più difficile.

“Mamma è la forza di credere in un sogno, con passione, volontà, audacia e un pizzico di incoscienza, è la sicurezza e la lucidità che ci tiene sempre uniti, è un futuro ricco di progetti, con grinta e determinazione. Lei non molla mai e noi non possiamo che esserne orgogliosi ” – Roberto Cerea

Da lì è stato un susseguirsi di tappe bruciate alla velocità della luce: il ristorante sempre pieno, la prima, inaspettata e felice stella guadagnata da Da Vittorio nel 1978, la seconda in tandem con i figli nel 1996, l’ultima, nel 2010, bellissima e insieme triste perché il patriarca era venuto a mancare 5 anni prima, poco dopo il trasferimento a Brusaporto. Ed è proprio in quel momento difficile per tutti, che emerge ancora più forte il carattere di Bruna, che prende per mano tutti, dai figli ai dipendenti, e li conduce verso nuove mete, infondendo coraggio e serenità. La famiglia è più unita che mai e tutti sono alla ricerca di nuovi orizzonti, in Europa come in Asia.

“Mia madre mi ha insegnato la professionalità e la determinazione, la dolcezza e il rigore e la ringrazio ogni giorno per non avermi mai giudicato nelle scelte che ho compiuto. Vorrei poterle stare accanto ogni giorno per ringraziarla della donna meravigliosa che è” – Barbara Cerea

«Ogni tanto penso che dovrei fermarmi, eppure non ne sono capace, sono troppo innamorata di quello che vedo qui e troppo grata per quello che qui ricevo», dice Bruna, sempre la prima ad arrivare al ristorante e sempre l’ultima a uscirne. E che non rinuncia mai, nel giorno di chiusura, a cucinare per la sua tribù di figli, nuore, generi, nipoti (sì, anche per i suoi due chef stellati, da cui ha carpito alcuni segreti, ma che continuano ad amare quello che lei prepara loro). Oggi però sono parenti, collaboratori e amici a invitare la signora Bruna a godersi la torta che le è stata preparata.

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Tiramisù vegano con crema di anacardi

Tiramisù vegano con crema di anacardi

Un dolce al cucchiaio speciale, senza uova e senza mascarpone, ma cremoso come un classico tiramisù. Vegani e no dovete assolutamente provarlo!

Se seguite un’alimentazione vegetale e vegana non potete non avere in dispensa gli anacardi.
Sono l’ingrediente base di molte creme gustose e sono l’ideale per preparare il tiramisù senza uova e senza mascarpone.

Mai più senza anacardi

Con gli anacardi si possono preparare moltissime salse, anche per condire la pasta.
Basta lasciarli in ammollo un po’ per renderli più morbidi e, una volta frullati, diventano la base di tante preparazioni sia dolci che salate.
Ovviamente sono ottimi anche sotto forma di farina o granella se per esempio volete guarnire una torta, dei biscotti, un porridge o volete aggiungere una parte croccante a zuppe, vellutate e insalate.
Se amate spalmare il burro di arachidi sul pane a colazione amarete la versione a base di anacardi, semplicemente anacardi, senza zucchero e senza altro.
Il burro di anacardi si prepara tostando per qualche minuto gli anacardi in padella e poi frullando tutto fino a ottenere una crema, più o meno granulosa, secondo il vostro gusto.

Come fare il tiramisù vegano con crema di anacardi

Ingredienti

300 g di frollini vegani o fette biscottate, 200 g di anacardi, 80 ml di latte vegetale di mandorla (dolce), 50 g di sciroppo d’acero + 1 cucchiaio per il caffè, 100 g di cioccolato fondente, 200 ml di caffè, cacao amaro.

Procedimento

Per prima cosa lasciate in ammollo gli anacardi per 30 minuti in acqua a temperatura ambiente.
Preparare una moka grande di caffè.
Scolate gli anacardi e frullateli con il latte e lo sciroppo d’acero.
Mescolate il caffè con un cucchiaio di sciroppo d’acero e una volta freddo utilizzatelo per bagnare i biscotti.
Per comporre il tiramisù sporcate la base di una pirofila o 2-3 coppette monoporzione con un po’ di crema.
Proseguite con i biscotti, poi con del cioccolato tritato, ancora crema e poi biscotti fino ad esaurimento degli ingredienti.
Completate con del cioccolato tritato e una spolverata di cacao amaro.

Non solo biscotti per la base

Potete utilizzare i biscotti che preferite in questo tiramisù vegano, ovviamente se potete scegliete una varietà gustosa, magari alla cannella o allo zenzero oppure dei classici biscottini al cacao o al caffè.
Potete anche preparare una torta vegana leggera o una frolla da sbriciolare. Oppure se preferite utilizzare altra frutta secca, frullate fiocchi d’avena, datteri, mandorle (noci o nocciole) e realizzate una base tipo cheesecake.

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