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Brioche cuor di mela – Ricetta di Misya

Brioche cuor di mela

Innanzitutto sciogliete zucchero e lievito nel latte.

Mettete le farine in una ciotola, aggiungete l’olio e il composto di latte, quindi incorporate anche uovo, buccia di limone e sale.
Impastateper almeno 10 minuti, fino ad ottenere un impasto omogeneo ed elastico.

Coprite la ciotola con un canovaccio pulito e lasciate lievitare per circa 2 ore o fino al raddoppio in un posto caldo.

Mondate le mele, lavatele e tagliatele a cubettini piccoli, quindi cuocetele per circa 15 minuti a fiamma bassa, mescolando, con burro, succo di limone, zucchero e cannella.
Quando si saranno ammorbidite spegnete e lasciate raffreddare.


Lasciate l’uvetta in ammollo in acqua calda per almeno 10 minuti: prima di usarla scolatela e strizzatela leggermente.

Dividete l’impasto in pezzetti da circa 40 gr l’uno.

Prendete un pezzo di impasto per volta, appiattitelo con le mani, mettete al centro un po’ di farcitura (mele e uvetta) e richiudete l’impasto sul ripieno, sigillando bene.
Disponete le pagnottine, con la chiusura verso il basso, negli stampini per muffin leggermente unti e lasciate lievitare nuovamente fino al raddoppio, ci vorrà circa 1 oretta.

Spezzettate la cannella per il lungo.

Infilate al centro un pezzetto di cannella a fungere da stelo e cuocete per circa 15 minuti in forno statico preriscaldato a 170°C.

Le brioche cuor di mela sono pronte, lasciatele almeno intiepidire, quindi decoratele con una fogliolina di menta fresca e servite.


Carnevale di Venezia: 7 ricette allegre e squisite

Carnevale di Venezia: 7 ricette allegre e squisite

Creme fritte – I Rombi del Doge

Il rombo, o losanga, è una figura araldica molto usata e ha finito per dare il nome alla crema fritta cucinata dai veneziani e ritagliata in questa forma geometrica, così squisita da diventare una leccornia degna di un principe, o appunto di un doge, la figura di maggior spicco della Serenissima. Tutti i bàcari veneziani, le tipiche osterie, servivano questi squisiti e profumati «rombi del doge», croccanti fuori e morbidi dentro, dal giorno di Sant’Antonio fino a martedì grasso, secondo la tradizione, possibilmente accompagnati da un bel bicchiere di passito.

La fritola – Un affare di Stato

Nate nel Trecento e proclamate nel Settecento «dolce nazionale della Serenissima», le fritole venivano preparate in esclusiva dai membri della rinomata corporazione dei fritoleri che si tramandavano la ricetta di padre in figlio, e vendute anche agli angoli delle strade, infilate ancora bollenti in uno spiedino di legno per non ungersi le dita e zuccherate abbondantemente con un apposito contenitore bucherellato. L’arte dei friggitori locali era tanto apprezzata che Goldoni, nella sua celebre commedia Il campiello, mette tra i protagonisti la fritolera Orsola, figura che pittori come Pietro Longhi hanno immortalato sulle loro tele, irrinunciabili protagoniste del Carnevale.

Maschere – In Bianco e Nero

Indossando la Bauta, il più celebre travestimento veneziano, il volto restava celato sotto una maschera bianca, la Larva, che copriva tre quarti del volto e alterava anche la voce, rendendo irriconoscibile chi la indossava, tanto che l’Inquisizione ebbe da ridire sull’uso indiscriminato che molti aristocratici ne facevano anche al di fuori del periodo carnevalesco per combinarne di cotte e di crude. La Moretta, detta anche «serva muta», era invece scura e di forma ovale; riservata alle donne, per portarla bisognava «mordere» un bottone posto al suo interno all’altezza della bocca, così che chi la indossava non poteva parlare. La preferivano popolane e borghesi.

Pasticcio alla napoletana – Un Piatto da Seduttore

Giacomo Casanova fu un protagonista del Carnevale veneziano. Raffinato buongustaio, nelle sue memorie cita tra i piatti preferiti il pasticcio di maccheroni «preparato da un bravo cuoco napoletano», perfetto per i giorni di festa e di allegria. A quei tempi il pomodoro non era ancora entrato come ingrediente comune nelle cucine e la pasta («maccherone» era nome comune di diversi formati, corti e lunghi) veniva condita anche con zucchero e miele. La nostra ricetta è ripresa da un repertorio napoletano della seconda metà del Settecento, Il cuoco galante di Vincenzo Corrado.

Il testo storico è stato scritto dall’esperta Marina Migliavacca.

Dry January, un buon proposito oppure una moda?

La Cucina Italiana

Dal 2015, anno di debutto di Seedlip (la linea di distillati analcolici, distribuita da Diageo, che è in assoluto la più conosciuta e servita nei cocktail bar), a oggi il panorama si è arricchito rapidamente, così tanto che le previsioni parlano di una crescita per i prossimi anni del 400%.

La pandemia ha fatto aumentare in modo esponenziale contemporaneamente l’attenzione alla salute e la ricerca di qualcosa che desse soddisfazione e conforto (analcolico non vuol dire punitivo).
Tra i più venduti nel mondo, secondo la classifica annuale stilata da Drinks International, dopo Seedlip, ci sono i distillati australiani Lyre’s, e poi gli inglesi Everleaf, Three Spirit e Aecorn.

E in Italia? Ecco alcuni prodotti presenti sul mercato (già da un po’ di anni) da provare in questi ultimi giorni di gennaio (ma che vanno benissimo in ogni stagione).
C’è solo l’imbarazzo della scelta tra vermut, gin, amari, rum e le acque toniche, che sicuramente renderanno il nostro Dry January un po’ più effervescente: Amàrico, Sabatini Gino°, Memento,  Amaro Venti, Conviv, Sanpellegrino…

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