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Torta cruda al cioccolato e amarene

Torta cruda al cioccolato e amarene

Non serve cuocerla, ma servono 12 amarene per fare questa torta facilissima. Può essere dolce, me se scegli un cioccolato fondente al 90% può diventare quasi amara

L’amarena ha un solo nome, e per definizione è quella nel vaso bianco e blu di sciroppo che tutti abbiamo mangiato almeno una volta nella vita. Da cinque generazioni e in oltre 100 paesi del mondo.

Il modo più comune per usarla è semplicemente versata sul gelato, a generose cucchiaiate, ma l’Amarena Fabbri la si può anche cucinare in ricette dolci o salate. A Lecce la mettono nei pasticciotti, a Napoli sopra le zeppole. L’abbinamento perfetto? Con il cioccolato, come in questa ricetta senza glutine e senza forno, ideata da Chef in Camicia, facile e veloce da preparare (ma poi servono almeno 3 ore in frigorifero).

Ingredienti per una tortiera da 18 cm

12 amarene di Amarena Fabbri
300 g di cioccolato fondente
200 g  di panna fresca
20 g di cacao amaro

Procedimento

Tritare il cioccolato e fonderlo a bagnomaria, quindi incorporarvi il cacao amaro setacciato. Scaldare la panna e unire il cioccolato fuso, quindi frustare finché il composto sia ben amalgamato.

Riporre in una tortiera, quindi appoggiare le amarene lasciandone metà affiorare dall’impasto e far rassodare in frigorifero per almeno 3 ore. Decorare con cacao in polvere.

Ricetta Sogliola al burro, tartufo, cavolini e mela rossa

Ricetta Sogliola al burro, tartufo, cavolini e mela rossa
  • 20 g tartufo nero
  • 4 pz sogliole
  • 1 pz mela rossa
  • burro
  • farina
  • vino bianco
  • limone
  • brodo vegetale
  • sale
  • 160 g cavolini di Bruxelles

Per la ricetta delle sogliola al burro, tartufo, cavolini e mela rossa, spellate le sogliole e pulitele: tagliate con le forbici le pinnette sui fianchi ed eliminate le interiora. Cuocetele in un’ampia padella con una noce di burro spumeggiante, due alla volta, per 4 minuti per lato, voltandole spesso e irrorandole con il burro. Una volta cotte le prime due, toglietele dalla padella, cambiate il burro, cuocete le altre allo stesso modo e togliete anch’esse dalla padella. Versate il burro sulle sogliole e tenetele in caldo.
Spolverizzate con la farina la padella con il fondo di cottura, spruzzate di vino bianco, unite 1 mestolo di brodo, sale e il succo di 1/2 limone. Cuocete per 5-6 minuti dal bollore, ottenendo una salsa. Aggiungetevi il tartufo tritato finemente.
Mondate i cavolini e tagliateli a metà; lessateli in acqua bollente salata per 5 minuti e scolateli. Saltateli in una padella con un pezzetto di burro e una mela rossa tagliata a tocchetti, con la buccia. Servite le sogliole con la salsa, accompagnandole con il contorno di cavolini e mela.

Le tagliatelle di Zaghini, trattoria romagnola

Le tagliatelle di Zaghini, trattoria romagnola

È il tempio delle tagliatelle in Romagna dal 1895. Qui, ogni giorno, si fanno 100 uova d’impasto a mano. Lo sanno bene Fellini e Tonino Guerra, che in questa trattoria erano di casa

C’è un posto in Romagna dove tutti i giorni dal 1895 impastano a mano 100 uova per 10 chili di tagliatelle. È Zaghini di Santarcangelo, una di quelle trattorie romagnole di una volta, che fu tempio di Tonino Guerra, Fellini, Mastroianni e tanti altri che la decretarono istituzione indiscussa per le tagliatelle. Con ragùpiselli.

La famiglia Zaghini ieri

Velia la conoscevano tutti. Il mondo del cinema le aveva attribuito l’oscar della tavola, in particolare per le sue tagliatelle. Parola di gente come Fellini, Mastroianni, Tornatore, Monica Vitti, Tognazzi, Zurlini o, ancora, Giannini, Pozzetto, Antonioni, anche se questo è stato principalmente il regno di Tonino Guerra, nato, cresciuto e vissuto a Santarcangelo. Velia era una di quelle donne romagnole dal carattere forte, in cucina poi era un generale, non solo alle prese con le tagliatelle, ma anche con altri piatti rimasti leggendari, quali la sua trippa o il brodetto, che infatti dopo la sua scomparsa decisero di non cucinare più. A continuare l’attività furono i suoi figli Edoardo e Licia: non potevano lasciare il luogo dove erano cresciuti, un posto talmente denso di ricordi che ancora oggi sembra di sentire Fellini e Guerra che discutono della sceneggiatura di Amarcord e decidono di chiamarlo così bevendo l’Amaro Cora.

La famiglia Zaghini oggi

Con Edoardo il ristorante vive una nuova era di massimo splendore, fino a una brutta malattia che nel 2013 lo porta via. Così è sua moglie Gabriella, insegnante di matematica, a subentrare nella squadra, insieme ai figli Alessandro, in cucina, e Valentina, in sala. «Mio padre all’inizio non voleva che facessi il suo lavoro, diceva sempre che avrei avuto tempo per farlo», racconta Alessandro. «Così per anni ho viaggiato per il mondo e spesso mi è capitato di essere riconosciuto in giro come il figlio di Zaghini, quello della trattoria, persino in Israele». Nel tempo non è cambiato praticamente niente, se non l’aggiunta del coniglio farcito (prima solo al forno o in porchetta), il maialino e il pesce di venerdì. Ma le camere sono sempre disponibili al primo piano e le tagliatelle si fanno ancora rigorosamente tutte a mano, tutti i giorni. E si sente. Eccome se si sente!

Rosanna: la vestale delle tagliatelle

Il segreto delle tagliatelle di Zaghini sta tutto nella manualità al 100%, dalla A alla Z, per cui ogni passaggio viene completato a mano. È Rosanna che se ne occupa da più di dieci anni, con un’energia magistrale e una fatica encomiabile: tutti i giorni alle otto (massimo) inizia a impastare 100 uova (nei giorni di festa anche 180) per circa 10 chili di impasto. Una volta pronto l’impasto, lo distende sui tavoli del ristorante, dove è facile scambiarlo per una tovaglia, tant’è che spesso Valentina deve avvertire i suoi clienti di non appoggiare nulla sopra. Dopo circa mezz’ora, tempo che varia a seconda del clima e della stagione, si passa alla fase del taglio, anch’essa tutta manuale. «Ormai usano tutti la macchina, ma le cose fatte a mano sono sempre diverse, hanno un altro sapore». Così anche le altre paste fresche della tradizione romagnola da Zaghini vengono preparate a mano: dai cappelletti ai tortellini in brodo, fino agli strozzapreti alla contadina con pomodoro e cipolla da acqua, “la bionda”, prodotto tipico di Santarcangelo.

Il ragù con piselli

Forse non tutti sanno che in Romagna le tagliatelle al ragù prevedono anche i piselli, che possono essere serviti sia a parte (su richiesta) che direttamente nel piatto. Per quanto riguarda il ragù di base, invece, da Zaghini viene preparato solo con le parti più magre di maiale e vitello; infatti, a differenziarlo da altri ragù, come ad esempio quello bolognese, è proprio l’essere meno grasso. Anche in questo caso, si inizia tutti i giorni presto, verso le sette del mattino, con il taglio della carne; poi si mette tutto a bollire con olio (senza burro, strutto o panna), sale e pepe nero macinato (senza altre spezie) e dopo circa un’ora si aggiunge il concentrato di pomodoro. Da questo momento in poi il ragù deve cuocere per almeno quattro ore, altrimenti non possiamo definirlo tale. Le quantità? Tutto a occhio, è questa la cucina di una volta!

Pollo allo spiedo e Caciara

Oltre alle tagliatelle, a non mancare mai nel menu è il pollo allo spiedo, un classico che nel 1948 Zaghini propose come novità del ristorante. Da quel giorno viene sempre imbottito e girato a mano, perché continua a essere la manualità la caratteristica primaria di Zaghini, ciò che la rende una vera e propria trattoria di una volta, di quelle rare, ormai in via d’estinzione. Mi raccomando però, che in accompagnamento ci sia sempre presente del Sangiovese, meglio se il Caciara degli Ottaviani, per rendere al massimo lo spirito romagnolo che permea questo luogo (se in periodo autunnale invece è d’obbligo un po’ di cagnina). E poi, Velia non avrebbe mai potuto tollerare un tavolo senza vino nel suo ristorante.

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