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Dal Milanese: il ritorno della cucina meneghina, con un tocco nuovo

Dal Milanese: il ritorno della cucina meneghina, con un tocco nuovo

Un segnale importante per il nuovo corso: una trattoria-bottiglieria che vuole rilanciare i piatti della storia cittadina, in un ambiente informale e curato. Un format ambizioso, firmato da Luca Guelfi, da sempre anticipatore di tendenze

Non parliamo di rinascita o di ripartenza, soprattutto a Milano. Parliamo di nuovi locali, che nella capitale del food italiano saranno fondamentali per riprendere il filo interrotto un anno fa e che ha avuto qualche buon sprazzo tra una chiusura e l’altra. Tra queste novità, in marzo, ci sarà Dal Milanese, che merita un approfondimento per varie ragioni. La prima: è l’ennesima idea di Luca Guelfi, uno dei più bravi imprenditori del food & drink italiani. Ha iniziato nel 1994 – a 23 anni – con Julien, aprendo successivamente una ventina di locali tra Milano e il mondo. Spaziando tra ostriche, tapas e piatti vietnamiti. In location mai banali, molto amate da un pubblico etichettato (malamente) come superficiale o incompetente, ma in realtà con la voglia di stare bene, mangiando “in scioltezza” e in ambienti molto curati. Guelfi è uno che anticipa le tendenze, conosce benissimo i gusti del pubblico e colpisce sempre nel segno: ecco perché è interessante l’imminente apertura della nuova trattoria-bottiglieria, all’angolo tra via Archimede e viale Premuda. Non è solo un luogo, ma un segnale.

Un format esportabile

«È un’idea che mi è venuta durante l’anno più complicato della mia avventura imprenditoriale, con i locali chiusi, che spero di riaprire ovviamente, e la creazione di una dark kitchen», racconta Guelfi. «Ho pensato non solo in chiave imprenditoriale, ma anche in omaggio alla mia città. Milano ha dato tantissimo a me e a migliaia di persone: è ora che ci impegniamo per farla tornare come era e forse ancora meglio. Dal Milanese è il mio primo locale di cucina tradizionale e, se funzionerà, il mio sogno è quello di esportare il format all’estero. In tutto il mondo il brand Milano è visto con ammirazione e la nostra cucina è una delle migliori in Italia, quindi del mondo. Prima tappa Los Angeles». Ed ecco Dal Milanese, aperto dalla mattina sino a notte. Perché oltre al pranzo e alla cena – nello stile delle vecchie bottiglierie – sarà pronto per un aperitivo con i mondeghili, una merenda “rinforzata” o un calice di vino (lombardo, sia chiaro) prima di andare a dormire.

Menu a due facce

Una sessantina di coperti tra interno e dehors, arredi originali (in parte degli anni Venti, perché il negozio di panetteria ristrutturato era del 1927), ma niente foto in bianco e nero del Duomo o dei Navigli. «La mia Milano è quella che ho sentito raccontare e che vissuto a partire dagli anni Ottanta, con richiami alla tradizione, ma non folclore o banalità. Poca scenografia, grande accoglienza, un prezzo medio tra 30 e 40 euro. E una grande informalità: se c’è una cosa in questo disastro che abbiamo imparato è il bisogno di stare bene, nei locali di qualsiasi tipologia. Lavorando bene, ma senza prendersi troppo sul serio» Il menu? A parte i taglieri di salumi e formaggi (rigorosamente lombardi), c’è una doppia visione: da un lato i classici della cucina milanese, in versione integralista. Dall’altro una sezione “moderna” con piatti comunque riferibili al territorio quali i fiori di zucca fritti al ripieno di gorgonzola o gli asparagi bianchi di Civalegna con uova strapazzate.

Risotti e bolliti

«Il fiore all’occhiello saranno le sette preparazioni a base di riso, da ordinare per almeno due commensali e portate nel tegamino di rame in stile paella. Poi voglio far tornare il piacere del servizio al tavolo con il carrello dei bolliti e la preparazione della “tartara” al momento», sottolinea Guelfi che si sta divertendo un sacco a girare la regione per trovare i fornitori giusti. Del resto è la prima volta nella sua intensa carriera che si cimenta su un format di tradizione, per quanto con aspirazioni internazionali. E lancia un messaggio di ottimismo. «Quando tutto tornerà davvero normale, i locali saranno pieni sette giorni su sette. Pranzo e cena. Un’invasione. Bisogna farsi trovare pronti. Tutti hanno immensamente voglia di uscire, abbracciarsi, uscire fuori casa e non avere più paura di stare vicini. I prossimi anni saranno bellissimi, soprattutto a Milano». Sì, andra così.

Il ritorno del panettone gastronomico: innovazione e tradizione

Il ritorno del panettone gastronomico: innovazione e tradizione

A strati farcito o a focaccia, con formaggio, capocollo o tartufo nell’impasto. L’antipasto più vintage si rinnova in ogni forma, da gastronomia o pronto da acquistare e fatto dai migliori pasticcieri d’Italia.

Si chiama panettone per la forma e perché troneggia sulle tavole della festa, ma quello salato si serve come antipasto. Negli anni Settanta e Ottanta era l’emblema della scenografia, immancabile insieme alle tartine e all’insalata russa per cominciare il pranzo di Natale. Bello e buono, opulento, farcito di abbondanza, ripieno di una sorpresa a ogni strato. Sopravvive nei banchi delle gastronomie, con quello stile un po’ vintage che lo aveva fatto dimenticare alle nuove generazioni. Poi un po’ merito di Masterchef, un po’ di Bake Off che l’hanno reso una sfida da nuovi gourmet, ha di nuovo il suo posto d’onore insieme alle pendette alla vodka e ai piatti amarcord rispolverati dall’oblio. Si può comprare da Eataly, da farcire, nelle pasticcerie storiche che non lo hanno mai abbandonato,  a Milano dalla storica Pasticceria Panzera, a Brescia dal maestro Iginio Massari, a Roma o a Napoli dove spesso si chiama Pan Canasta, assemblare in casa con pane brioche colorato già pronto o fare partendo da zero. Oppure si può andare avanti, e abbracciare la sua recente evoluzione voluta dai Maestri del panettone “dolce” che ne propongono una versione contemporanea, in cui al posto di uvette e canditi, creme e glasse, troneggiano formaggio, guanciale e preziosi tartufi. Esiste anche a forma di pandoro, alla Pasticceria Martesana di Milano.

Il panettone salato

Definirla una novità fa sorridere, e non perché Attilio Servi lo produce oramai dal 2013, ma perché la crescia al formaggioesiste dal Medioevo. Che la chiami pizza di Pasqua, torta di Pasqua ,torta al formaggioo crescia brusca, è diffusa fra Marche, Lazio, Umbria, Abruzzo e Molise ed è stata persino inserita nell’elenco dei Prodotti Alimentari Tradizionali (P.A.T). Ma ora è trendy, è bastata chiamarla “panettone salato”.

Il primo: la focaccia salata di Attilio Servi

Attilio Servi è stato l’unico a produrre le varianti salate di panettone da anni, introducendo la sapidità di alcuni ingredienti nell’impasto del Panettone con la prima “Focaccia del contadino” con pere e Parmigiano Reggiano.Dopo il successo, Attilio Servi fece seguire la Focaccia “Trionfo d’Italia” con Pomodoro a Pera d’Abruzzo essiccato, Parmigiano ed Origano di Pantelleria (premio Miglior Panettone Salato alla Manifestazione “Una Mole di Panettoni 2017”), la Focaccia “All’Amatriciana” e nel 2017 la Focaccia “Cacio e Pepe” (Premio al Vinitaly 2017 ed al Merano Wine Festival 2017).

Dal panettone in estate, al panettone all’aperitivo
L’idea non era quella di destagionalizzare il panettone classico, come provano a fare in molti, cercando di venderlo sotto il sole del 15 di agosto, ma di ampliarle le occasioni di consumo oltre la colazione, la merenda e il momento del dolce sotto Natale. Al posto di arricchirlo con creme e ingredienti esotici, ha preferito così farne una versione altrettanto italiana, ma adatta ad essere consumata come aperitivo e antipasto. Questi sono infatti prodotti lievitati salati ma con una tendenza dolce, come la pasta brioche, da servire con un bicchiere di bollicine o in abbinamento a formaggi e salumi, foie gras, salmone affumicato…

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Abbinamenti possibili per un antipasto facile

A Mantona, Grazia Mazzali ha creato la sua Pepita del PO, panettone salato al tartufo, un lievitato salato che viene lavorato solo con lievito madre senza aggiunta di conservanti, coloranti o aromi ma con tartufo bianchetto delle golene del Po: “Per me che sono mantovana rappresenta anche un modo per valorizzare un prodotto del mio territorio. Questo lievitato è stato pensato come  prodotto da aperitivo o antipasto , in abbinamento a formaggi semi stagionati di pecora o capra, crostacei, tartare di pesce, Lardo di colonnata, foie gras, salmone affumicato, uova o funghi porcini. Se invece volessimo mantenere in toto il filone della mantovanità potremmo abbinarlo al luccio…e bollicine a fiumi in a ccompagnamento, o anche rossi strutturati” spiega Grazia.  Alla Pasticceria Mazzali si trova anche il Cortigiano (pomodorini , cipolla borrettana, parmigiano 40 mesi vacche rosse reggiane, ideale in abbinamento a salumi e vini rossi).

Il 2020, meno offerta e un concorso

Negli anni passati la crescita di proposte era stata esponenziale, ma nel 2020 si registra un una flessione: il panettone salato lo si mangia in tanti, e non sarà questo lo scenario di Natale e Capodanno. Al concorso Una Mole di Panettoni 2020, che premia a Torino i migliori grandi lievitati provenienti da tutta Italia, si sono sfidate pasticcerie da Nord a Sud: il vincitore è stata l’Antica Pasticceria Castino di Pinerolo (TO) con il suo Panettone Salato pesto e pomodori secchi, olive taggiasche e Parmigiano. Seconda la Pasticceria Vanily di Carinaro (CE) con un Panettone Salato Papacelle e Baccalà e terzo classificato la Pasticceria Dolcevita di Codroipo (UD) con il Panettone Salato con speck di Sauris, cipolla rossa di Cavasso e della Val Cosa (presidio slow food) e formaggio latteria della latteria di Pradis di sopra.

Tutti i migliori, dal Capocollo al caciocavallo

La ricerca del prodotto tipico resta fondamentale, nascono così nel 2018 prodotti come il Pancapocollo con Capocollo di Martina Franca del Salumificio Santoro, realizzato da Emanuele Lenti; in Abruzzo, a Caserta si sforna il PanArchico, panettone salato artigianale con caciocavallo Gerarchico e la pancetta di maiale bianco, creato da Guido Sparaco. A Mantona, Grazia Mazzali ha creato la sua Pepita del PO, panettone salato al tartufo bianchetto delle golene del Po e così via Ecco i prodotti da assaggiare, per le Feste, ma non solo:

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Il ritorno del gelato al gusto Puffo

Il ritorno del gelato al gusto Puffo

Se sei cresciuto negli anni Ottanta lo hai mangiato almeno una volta, ma non pensare che sia scomparso. Sta tornando, anche se più sbiadito e al sapore di Banana Guava o di Trolls

Sono nata nel 1980 e come per tutti i bambini della mia generazione, i Puffi sono stati il cartone che ci ha ipnotizzato per anni. Incollati alla tv come in una scena di Poltergeist, abbiamo sognato con le avventure di Grande Puffo e Puffetta e abbiamo cantato, anzi, sappiamo ancora a memoria, la sigla cantata da Cristina d’Avena. Dei Puffi vendevano di tutto: giocattoli, astucci, cartelle, magliette, e ovviamente, il gelato. In Italia come nel resto del mondo erano i primi anni della brandizzazione di giochi e prodotti, e i Puffi erano popolarissimi in tutta Europa. I gusto Puffo era in ogni gelateria e lo abbiamo mangiato tutti, ma nessuno se ne ricorda il sapore. Ma nessuna paura, il gusto puffo è tornato (e non è poi così male).

Il gusto Puffo, cibo della memoria

Nella ricerca spasmodica del “cibo della memoriadegli chef, interrogarsi sul gusto dl gelato al gusto Puffo è roba da filosofi. Sul serio, se Umberto Eco scrisse un saggio sulla lingua dei Puffi, noi ci si può interrogare sulla natura, o non-natura, di quel cono gelato assaggiato oramai una trentina di anni fa. Quasi certamente, chiedendo a Gargamella, lui i Puffi li avrebbe spremuti, passati la setaccio per togliere le ossa, e usati su una base al fior di latte. In realtà il gelato al gusto Puffo, azzurro come una piscina dall’aereo, non aveva alcun sapore. Era dolce, vanigliato, a base fior di latte (quindi panna). Di azzurro non aveva nulla e non sapeva di anice (come il ghiacciolo azzurro) e neppure di menta. Non sapeva fortunatamente di colorante E132 e E133, che colorano di blu. Non sapeva di niente, ma il potere della Tv lo rendeva buonissimo. Anzi, puffoso.

Il Puffo oggi è una banana blu (o un troll)

I Puffi non vanno più di moda, ma non per questo il gelato blu è sparito dalle gelaterie, anzi, sta vivendo una nuova giovinezza. Seppur il color azzurro accesso venga ancora prodotto da aziende di semilavorati per gelaterie, la fantasia si è spostata ora verso unicorni e altri animali fantastici. Rubicone, azienda leader nei semilavorati ha ancora a catalogo l’Azzurro 83, una pasta concentrata di intenso colore blu al buon gusto di Vaniglia, o il Bubble gum azzurro, al gusto di Chewing-gum, ora punta tutto su nuovi prodotti come il Sea Salt, dolce e salato allo stesso tempo, con sale marino e color pastello, ispirato alle sfumature del mare, o al nuovo Blue Java Banana. La Banana blu è una tipolgia speciale di frutto tropicale conosciuta anche come “Banana Gelato” perché è caratterizzata da una consistenza cremosa e un gusto che ricorda un Gelato alla vaniglia. E il fatto più curioso è che la loro buccia diventa blu prima della maturazione e quindi con aggiunta di spirulina dà vita ad una pasta concentrata aromatizzante con colore blu e gusto vaniglia con un delicato retrogusto di banana. Pregel, altra azienda leader del settore, ha invece a catalogo Unicorn, alla vaniglia e da decorare con confetti e glitter adibili, e il nuovo Trolls, dal divertente colore violetto ma al delicato sapore di panna e fragola, per stupire i più piccoli con i personaggi dei cartoni animati preferiti. Trolls are the new Puffi.

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