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40 (+3) ricette con i porcini, il tesoro del bosco

La Cucina Italiana

È finalmente di nuovo il tempo di fare tante ricette con i porcini. Sia che abbiate fatto la prima raccolta nel bosco, sia che vi siate lasciati ingolosire dai cestini di funghi freschi dei negozi di frutta e verdura, è arrivato il momento di farne incetta, prima che spariscano di nuovo.

Come cucinare i porcini

Il più pregiato e amato tra i funghi è perfetto per esaltare il gusto di primi piatti classici come risotti e tagliatelle, ma anche per essere abbinato a carni arrosto, crostacei e per insaporire le insalate. Ai puristi piaceranno anche crudi, per i più ghiotti li consigliamo fritti, ma sono buonissimi anche al vapore o trifolati nel più classico dei contorni. 

Volete più concretezza? Allora leggete queste 3 ricette facili e gustose, prima di passare alle altre 40 ricette a base di porcini.

Porcini crudi in panzanella con finocchi, sedano e cipolla rossa

Tagliate 1 cipolla rossa a rondelle sottili e trasferitele in una ciotolina con acqua fredda. Tagliate un finocchio a metà, affettatelo a lamelle e ponetelo in un’altra ciotola di acqua. Pelate un gambo di sedano con il pelapatate per eliminare le parti fibrose esterne, tagliatelo a losanghe e unitelo nella ciotola con il finocchio.  Scolate le verdure e mescolatele in un’ampia ciotola. Tagliate a fette del pane casereccio e tostatele in padella da entrambi i lati, tagliatele a cubetti e unitele alle verdure. Aggiungete alla panzanella 1 porcino a lamelle e condite con un filo di olio extravergine delicato, succo di limone, sale e pepe. Servite a parte lamelle di porcino condite con sale, pepe, olio, succo di limone e qualche fogliolina di timo.

Ricetta Walter Pedrazzi, testi Sara Suardi, foto Riccardo Lettieri, styling Bettina Casanova.

Toast con i porcini

Tagliate 2 fette di pane a tostatele da entrambi i lati. Tagliate 1 porcino a fette per il lungo e rosolatele in una padella con una noce di burro. Adagiate su una fetta di pane qualche foglia di lattuga, veli di raspadura o di grana e le fette di porcino; salatele leggermente, aggiungete prezzemolo tritato, qualche goccia di yogurt cremoso e chiudete il toast.

Melannurca IGP, prezioso tesoro campano

La Cucina Italiana

È un frutto dalla storia millenaria la Melannurca, che ha trovato spazio nei dipinti rinvenuti durante gli scavi di Ercolano e anche negli scritti di Plinio il Vecchio, per giungere fino a noi diventando un prodotto sempre più diffuso grazie a caratteristiche organolettiche inconfondibili. Insignita del titolo di specialità IGP, la Melannurca è coltivata nel territorio di 137 Comuni delle 5 province della regione meridionali. Per vigilare sulla sua genuinità è stato creato anche un apposito Consorzio con un rigoroso disciplinare di produzione.

Una mela dagli Inferi

Il nome Melannurca avrebbe un’origine semi-mitologica. Questo frutto fu infatti coltivato a partire dall’area di Pozzuoli, dove si trova il lago d’Averno che era considerato da Greci e Romani una porta d’accesso per l’Oltretomba. Per questo fu definita “Mala Orcula”, in quanto prodotta nelle vicinanze dell’“Orco” (ossia degli Inferi). Da qui il termine si modificò in Annorcola fino a raggiungere poi la forma attuale.

Coltivazione e caratteristiche della Melannurca

La Melannurca campana IGP è caratterizata da una forma tondeggiante ma appiattita ed è di un formato medio-piccolo e con una buccia liscia di colore giallo-verde con striature rosse che aumentano fino a raggiungere l’80-90% della superficie del prodotto dopo la particolare fase di maturazione che avviene nei cosiddetti “melai”. Si tratta di piccoli appezzamenti di terreno preparati in modo che non vi si formino ristagni d’acqua. Qui viene posizionato uno strato di materiale vegetale morbido (come aghi di pino o trucioli di legno) sui quali vengono sistemate le mele rivolgendo la parte meno arrossata alla luce e girandole periodicamente. Maggiormente rossa fin dalla pianta è invece la varietà “Annurca rossa del sud”, diretta discendente di quella originale.

Gusto e salute

All’assaggio la Melannurca rivela una polpa candida e succosa, compatta, croccante e dal gusto piacevolmente acidulo e delicatamente aromatico: caratteristiche che convinceranno a provarla anche i bambini più capricciosi. Un piacere per il palato che si sposa a qualità benefiche soprattutto per l’apparato gastrointestinale e dal punto di vista diuretico grazie a un importante contenuto di vitamine, minerali e fibre.

Ricette con la Melannurca

Oltre che per il consumo al naturale la Melannurca può essere adoperata anche per preparazioni variegate in cucina. Si va dal classico utilizzo per farcire le torte, alla semplice versione al forno, fino alla conserva sotto forma di marmellata e a sorprendenti incursioni in piatti salati come nei risotti in cui può affiancare provolone, speck o radicchio o nel ripieno (insieme ai peperoni) dei calamari al forno.

Inoltre la Melannurca può essere utilizzata anche per realizzare il nurchetto, un liquore che si ottiene unendo i semi della mela (ed eventualmente anche le bucce) con alcol e uno sciroppo ottenuto facendo bollire zucchero e acqua. Il tutto viene fatto riposare per 30-40 giorni e poi filtrato prima di un ulteriore periodo di invecchiamento.

Melannurca IGP prezioso tesoro campano
Mele Annurca e briciole di cornflakes caramellati

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Melannurca IGP prezioso tesoro campano
Frittelle di mela annurca

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Marche: un tesoro nascosto da scoprire

Marche: un tesoro nascosto da scoprire

«Vede, le nostre Marche sono belle come la Toscana, ma non sono di moda», dice Giovanni Meschini, ex manager di Poltrona Frau, ora dedito alla Fattoria Colmone della Marca, sulle colline argillose di San Severino Marche. «Eppure, chi ci scopre immancabilmente si innamora. Il motivo è semplice: non si sente estraneo. Anche se non possediamo il Colosseo o altri monumenti famosi, condividiamo la nostra normalità, che però è di altissima qualità. Restiamo artigiani nel produrre il vino come nell’accogliere gli ospiti. Quello che abbiamo è fatto per far star bene noi stessi, dai ristoranti alle cantine, ai piccoli hotel. Perciò i turisti si sentono a casa». Che poi gli va di lusso. Per esempio, tra vigneti che sembrano crescere su un campo da golf, la famiglia Meschini ha recentemente aperto uno spazio per le degustazioni: tra i vini, si assaggia un’edizione limitata di Terreni di Sanseverino, la Doc più piccola d’Italia, con portate di stagione. A maggio si può prenotare anatra all’uva sultanina, una ricetta locale tardogotica che si abbina gustosamente con il rosso Ciacco, mentre la vista spazia sulla Torre di Pitino e su quello stesso infinito di monti che ispirò Giacomo Leopardi.

Dante Duri invece ha la cantina più piccola della doc Serrapetrona, a Colleluce, sempre nel comune di San Severino. Quel cognome e quello sguardo si sciolgono quando parla dei grappoli che raccoglie a mano, togliendo a uno a uno gli acini rovinati; un lavoraccio per poco vino, ma è orgoglioso del suo Durante, ottenuto da uve di vernaccia nera passita, come dei concerti-aperitivo che organizza in estate sulla sua terrazza: jazz, vino genuino, pecorino, ciauscolo e tramonto sul Monte San Vicino. Insomma, la terra chiama.

A Venarotta, a dieci chilometri da Ascoli, Olga Riccitelli ha iniziato a occuparsi per divertimento di un uliveto di famiglia, finché non ha cominciato a far assaggiare il suo extravergine agli amici: «Prova l’olio mio», diceva. Quando è diventata un’attività ha tenuto il nome: Olio Mio oggi comprende un monocultivar, un blend e il Primo, fatto con la prima spremitura non filtrata. «L’olio marchigiano è una scoperta recente, ha bisogno di ambasciatori», racconta Olga, che ne ha fatto una missione. Perciò partecipa ai concorsi: «I premi servono a far conoscere il prodotto e la terra». Terra che lei stessa perlustra con curiosità per valorizzare altre specialità, come l’anice verde di Castignano, la mela rosa dei monti Sibillini, le olive all’ascolana – le sue preferite sono quelle del Vecchio Mulino di Roccafluvione – e le tagliatelle fritte di Monterubbiano, polpette di tagliatelle, besciamella, ragù, parmigiano. «L’unica cosa che ci manca è l’accoglienza. Ma sto attrezzando due strutture», conclude Olga, ricordando che includerà percorsi dedicati all’olio e al tartufo nero pregiato, altro oro dei suoi terreni.

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