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Pomodori e glicemia, come regolarsi? Risponde la dietista

La Cucina Italiana

Pomodori e glicemia: è vero che il pomodoro alza la glicemia? Argomenti quali “indice glicemico dei cibi” e “alimenti che causano i picchi glicemici” stuzzicano sempre di più l’interesse, non solo di chi ha necessità di tenere sotto controllo i livelli di zuccheri nel sangue, ma anche di chi vuole mantenersi in forma e in  salute. I picchi glicemici infatti non causano direttamente un aumento di peso o delle malattie, ma con il tempo potrebbero favorire l’invecchiamento precoce e l’infiammazione cronica, una condizione associata a un maggiore rischio di sovrappeso e dei principali disturbi come il diabete di tipo 2.

«La glicemia è la concentrazione di glucosio nel sangue» spiega Nicole De Sario, dietista del Primus Forlì Medical Center. «Quando mangiamo alimenti che contengono al proprio interno carboidrati, quindi zuccheri come il glucosio, questi livelli si alzano. Per controllare i livelli di glucosio, il corpo produce due ormoni essenziali, l’insulina e il glucagone: il primo è prodotto dalle cellule beta del pancreas e viene rilasciato nel sangue quando i livelli ematici di glucosio si alzano. Questo ormone viene riconosciuto da alcuni ricettori che si trovano sulle membrane delle cellule e favorisce l’ingresso di glucosio all’interno delle cellule stesse. Il glucagone invece viene prodotto dalle cellule alpha del pancreas in forma inattiva. Quando i livelli di glucosio nel sangue sono troppo bassi, il glucagone viene rilasciato in modo che i livelli di glucosio aumentino».

Ciò detto, tornando all’ortaggio re dell’estate, vediamo insieme di togliere ogni dubbio in merito alla relazione tra pomodori e glicemia. Ecco le risposte alle domande più frequenti.

Chi ha la glicemia alta può mangiare i pomodori?

«Il pomodoro come tutti gli ortaggi ha un contenuto abbastanza ridotto di carboidrati, quindi può essere consumato anche da chi ha la glicemia alta. Un etto di pomodori maturi forniscono mediamente 3,5 grammi di glucidi. Naturalmente più il pomodoro viene lavorato più questi valori aumentano. Basti pensare alla classica conserva di pomodoro al 30 per cento ne fornisce all’incirca 20 grammi oppure ai pomodori secchi che ne contengono poco più del doppio» spiega la nutrizionista Nicole De Sario.  «I pomodori inoltre hanno un indice glicemico piuttosto basso che si aggira intorno ai 30 per quelli crudi e intorno ai 45 per la salsa, quindi all’incirca quasi meno della metà rispetto a quello del pane, alimento che viene preso di riferimento per calcolare l’indice glicemico dei diversi alimenti».

Meglio il pomodoro cotto oppure crudo?

«In una dieta sana ed equilibrata vanno bene entrambi. La cottura aumenta uno dei carotenoidi presenti nel pomodoro, chiamato licopene. È stato dimostrato in alcuni studi condotti sui topi che il licopene combinato con la metformina, cioè il farmaco usato per abbassare i livelli di glucosio nel sangue nei diabetici, potrebbe aumentare il controllo della glicemia post prandiale (ovvero dopo il pasto). Il pomodoro crudo è invece una buona fonte di vitamina C, un altro antiossidante che con il calore tende a disperdersi».

Quali sono i benefici del pomodoro?

«Il pomodoro è un alimento ricco di composti bioattivi, ovvero sostanze comunemente assunte con la dieta che possono influenzare positivamente la salute, che hanno dimostrato di avere proprietà antiossidanti, quindi proteggono dai radicali liberi che sono dei prodotti di scarto instabili che si formano nel nostro corpo. Il pomodoro contiene poi molte vitamine e minerali, in particolare carotenoidi che danno il tipico colore rosso e che favoriscono la sintesi della vitamina A. Questa ha un ruolo importantissimo nella protezione della retina, aumenta le funzioni immunitarie ed è necessaria per la crescita e il differenziamento di alcuni tessuti come le ossa e per lo sviluppo embrionale» dice l’esperta. « Apporta inoltre acido ascorbico che è un potente antiossidante, le cui funzioni sono quelle della riduzione dei metalli e la sintesi di alcuni ormoni. Le vitamine di questo ortaggio possono avere dunque diversi effetti benefici tra cui quelli cardioprotettivi, antipiastrinici, antiossidanti e addirittura neuroprotettivi».

Ricetta Plum cake marmorizzato | La Cucina Italiana

Ricetta Plum cake marmorizzato | La Cucina Italiana

Buono dalla colazione alla merenda, il plum cake è un dolce soffice che piace a tutta la famiglia. In questa ricetta lo abbiamo arricchito con un doppio impasto – uno con la zucca e uno al cioccolato – che crea un effetto marmorizzato, e una copertura croccante di semi di zucca, corn flakes, fiocchi d’avena e miele.

Preparare il Plum cake marmorizzato è semplice, il segreto è distribuire l’impasto nello stampo con l’aiuto di un cucchiaio, alternando i colori a ogni strato. Con questa tecnica potete anche realizzare una torta.

Provate anche queste ricette: Plum cake classico, Plum cake al limone, Plum cake al cioccolato, Plum cake al limone e frutti di bosco, Plum cake alle carote, Plum cake alle noci, Plum cake al profumo d’arancia, Plum cake alle pere, Plum cake bicolore.

SCIM 2023. La cucina dell’anima, un articolo sul valore del cibo per gli emigrati italiani

La Cucina Italiana

In occasione della SCIM 2023 – Settimana della Cucina Italiana nel mondo, eccoci a un nuovo capitolo sulla storia della cucina dell’emigrazione, presentata nel progetto de La Cucina Italiana I Racconti delle Radici,in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.  Questa volta vi presentiamo l’articolo di Elisabetta Moro, professore ordinario di Antropologia culturale all’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa, titolare presso l’Università di Napoli Federico II dell’insegnamento di Storia della gastronomia dei paesi del Mediterraneo, membro dell’Assemblea della Commissione Nazionale Italiana Unesco e direttore del Museo virtuale della Dieta Mediterranea. Moro esamina il legame profondo con la propria “cucina materna”, instaurando un efficace parallelismo con il linguaggio: come esiste una lingua materna, infatti, così anche una alimentazione, una cucina, una gastronomia che parla il linguaggio dell’anima. Ecco di seguito l’articolo e, poi, una ricetta tratta dal volume realizzato per la SCIM 2023, I Racconti delle Radici. 

I colori dell’Italianità – di Elisabetta Moro

«L’uomo è ciò che mangia» ha detto il filosofo Ludwig Feuerbach. Ma quando l’uomo emigra, allora il mangiare diventa la sua casa dell’anima. Le ricette le sue orazioni. I sapori la sua memoria. E la tavola domenicale la linfa che alimenta il suo albero genealogico, riportandolo nel profondo delle radici, ma anche proiettandolo con nuovi rami verso il futuro. Perché il rapporto che gli uomini hanno con l’alimentazione è analogo al rapporto che hanno con il linguaggio. Cibo e parola sono naturali e culturali insieme, e obbediscono a regole parzialmente inconsce apprese addirittura nel periodo prenatale. C’è chi parla in proposito di «alimentazione materna» proprio come si parla di «lingua materna». Perché le prime esperienze alimentari, proprio come quelle linguistiche, lasciano tracce indelebili. E diventano ancora più evidenti nei piatti degli italiani all’estero. Che hanno trasformato pomodoro, parmigiano, mozzarella e basilico in altrettanti colori d’italianità. Gli italiani, infatti, portano sempre con sé il bagaglio a mano della cultura gastronomica. Lo dimostra la fiorentissima storia della cucina italiana all’estero, che da qualche secolo sforna ricette nuove e antiche al tempo stesso. Come gli spaghetti with meatballs italoamericani, eredi degli spaghetti alla chitarra con i pallottini abruzzesi e dell’uso delle polpettine negli sformati di pasta del Regno delle Due Sicilie. O come la pizza con le vongole, che non è né una novità né un’assurdità, visto che a metà del Settecento nei vicoli di Napoli, dove la pizza è nata, sul disco lievitato condito con aglio e olio si mettevano alici e arselle. Di fatto, chi emigra conserva e contamina, ricorda e rinnova. Così la tavola tricolore della domenica è ancora oggi un rito, in cui la patria viene rievocata nei pentoloni di ragù e negli odori delle lasagne abbrustolite. Un tempo preparate dalle nonne, oggi acquistate già fatte. Perché se è difficile trovare il tempo per cucinare, in compenso è vitale ricordare, per rinnovare il senso di una identità. Ma in fondo che cos’è davvero l’identità? È proprio la casa dell’anima. E se pensiamo che la parola greca díaita – dalla quale derivano l’italiano dieta, l’inglese diet, lo spagnolo dieta – significa proprio dimora, allora diventa evidente che tutte le cucine italiane, nessuna esclusa, sono le fondamenta della nostra comunità nel mondo. 

La ricetta dal Belgio-Francia: Polenta con carote e piselli

Per tanti immigrati dal Nord Italia in Francia e Belgio, prima e dopo la Seconda guerra mondiale, il cibo quotidiano era la polenta, anche dopo il miglioramento del tenore di vita nei Paesi di arrivo. Il regista del film di animazione sull’immigrazione italiana in Francia Manodopera (2023), Alain Ughetto, ha ricordato che sua «nonna Cesira si metteva a cucinare fin dal mattino: polenta e latte a colazione, polenta e coniglio in umido a mezzogiorno e polenta gratinata al forno la sera». La ricercatrice Leen Beyers ha studiato le abitudini alimentari di tre generazioni di immigrati italiani arrivati in Belgio nell’ambito del protocollo italo-belga del 1946 che prevedeva lo scambio di carbone contro lavoratori da occupare nelle miniere del Paese. Gli immigrati, provenienti dalla Ciociaria, dal Veneto e dall’Emilia, vennero ospitati tutti insieme in una struttura sprezzantemente soprannominata Château des Italiens. Mentre nei giorni di festa gli immigrati del Nord preparavano le lasagne alla bolognese con la besciamella e quelli del Sud le lasagne con le polpette, le uova sode e il pecorino, nei giorni lavorativi tutti mangiavano per lo più polenta. Beyers notò come le donne immigrate più propense ad accogliere elementi della cucina belga come segno di integrazione, avessero inventato il piatto della polenta con le carote e i piselli, ideato a imitazione dello stoemp, un piatto molto diffuso in Belgio, in cui le verdure vengono mescolate con il purè di patate. Simone Cinotto (ph Davide Maestri)

Cuoco Emanuele Frigerio
Impegno Facile 
Tempo 1 ora
Vegetariana

Ingredienti per 10 persone

500 g farina di mais per polenta
150 g piselli lessati
150 g carote
30 g cipolla
olio extravergine di oliva
sale, pepe

Procedimento

Tritate la cipolla e fatela appassire in una padella con 2 cucchiai di olio.
Mondate le carote e tagliatele a rondelle, quindi unitele alla cipolla.
Salate e pepate e cuocete per 2-3 minuti. Unite quindi i piselli, bagnate con un po’ di acqua e fate cuocere per circa 15 minuti.
Preparate la polenta, versando la farina in 1,5 litri di acqua bollente salata. Cuocetela mescolando per circa 45 minuti. Alla fine dovrà risultare piuttosto morbida.
Servitela insieme con le verdure e completate con una macinata di pepe. 

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