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Brodo di polpo per la Befana: 5 indirizzi a Napoli e ricetta

Brodo di polpo per la Befana: 5 indirizzi a Napoli e ricetta

1. A figlia do’ Marenaro

Via Foria, 180/182. Tel. +39081440827
Se il locale nasce con il brodo di polpo, ai tempi di Papucc ‘o Marenaro, quando nel 1943 iniziava a vendere in zona Porta Capuana o’ bror e’ purp nelle tazze, oggi il ristorante è diventato un luogo con pretese anche di raffinatezza oltre misura. Ma il brodo di polpo qui resta una prelibatezza, così come la zuppa di cozze.

2. Chiosco di Raffaele ’O Mericano

Via Foria. Cell. 333 834 0932
A lato della lunga strada nel centro storico di Napoli, c’è questo piccolo chiosco gestito da Raffaele ‘o mericano. Protagonista in bella vista il pentolone fumante dove bolle o bror e’ purp con le ranfetelle (tentacoli di polpo). Caldo e saporito e anche con un tocco piccante.

3. Pescheria Addo’ Figlio e Carlucciello

Via Cesare Rosaroll, 140. Tel. 0810335053
Ormai vanno di moda le pescherie con cucina, e questa è una di quelle più spartane e veraci in città. Qui si mangiano fritti e uno squisito brodo di polpo.

4. Cca’ sta’ a figlia d’o Luciano

Piazza Enrico de Nicola, 38. Tel. 081293302
Per alcuni avventori quelli da provare sono il polpo alla luciana e la zuppa di cozze. Provate a chiedere anche il brodo di polpo, e vi sarà dato. Sperando che ci sia, perché, ahinoi, non è molto richiesto.

5. È pronto ‘o mangià

Via Cesare Rosaroll, 65. Tel. 0810098833
La cucina casereccia prevede piatti a base di carne e pesce, ma sono i fritti e, come si legge, il polipo all’insalata, polipo “co russ” (ovvero piccante) e, su richiesta, bror e’ purp.

Il bancone della Pescheria Addo’ Figlio e Carlucciello (foto @FaceBook).

La ricetta del brodo di polpo

Oltre alla ricetta originaria che qui sotto condividiamo, c’è qualcuno che serve il sugo di polpo anche come zuppa, con fette di pane casareccio abbrustolito o fritto e arricchito da qualche cozza.

O’ bror e’ purp

Ingredienti

  • 2 kg di polpo
  • 500 ml di acqua
  • sale
  • pepe nero macinato fresco
  • 1 mazzetto di prezzemolo

Procedimento

  1. Pulite il polpo e versate in una casseruola l’acqua, con un pizzico di sale, abbondante pepe nero macinato fresco e il prezzemolo spezzettato grossolanamente. Portate a bollore.
  2. Tenendo il polpo dalla testa immergete per pochi secondi i tentacoli nell’acqua, ripetendo l’operazione per almeno 3 volte.
  3. Immergete completamente il polpo nell’acqua e fatelo cuocere per circa 50 minuti.
  4. Lasciate il polpo nella sua acqua di cottura per circa 5 minuti e versate l’acqua di cottura del polpo nelle tazze. Provate ad aggiungere i tentacoli del polpo a pezzi così è più gustoso.

No alla carbonara modificata: da Londra a Roma, i commenti degli chef

La Cucina Italiana

È successo ancora: l’ennesima carbonara modificata ha scatenato una polemica, stavolta di dimensioni internazionali. Conferma quanto (poco) siamo disposti ad accettare variazioni di questo piatto così amato, e la dice lunga sul modo in cui gli stranieri concepiscono la cucina italiana, seppur votata come la migliore al mondo.

La questione riguarda “Bottega Prelibato”, ristorante dell’elegante quartiere di Shoreditch, a Londra, dove Gianfillippo Mattioli, romano doc, ha preso una decisione radicale. Ha scelto di eliminare la carbonara dal menù perché, dopo averla proposta nella sua versione canonica – uova, pecorino, guanciale e pepe -, si è ritrovato a dover fare i conti con così tanti feedback negativi e così tante richieste di carbonara modificata, da non poterne più.

«Tanti clienti non gradivano la ricetta originale, e in molti chiedevano aggiunte tipo pollo, funghi, o di togliere il guanciale. Abbiamo preferito non servirla», ha detto Mattioli al Tg1. Sì, se ne è occupato perfino il principale telegiornale italiano, a ruota dopo quasi tutti i quotidiani britannici, e qualche italiano, attratti da un post del ristorante su Instagram. Un post intitolato “Carbonara Gate” in cui Mattioli sostanzialmente ha raccontato la storia, sentenziando: «Sia chiaro che rispettiamo le preferenze dei nostri clienti, ma non vogliamo compromettere la nostra qualità e autenticità».

Perché la carbonara ci infiamma?

Non un caso isolato, appunto. I carbonara – gate scoppiano periodicamente. Talvolta sono divertenti, altri meno, e puntualmente scatenano un mai sopito integralismo gastronomico. Ma perché casi come questo capitano con la carbonara e non con altri piatti? «Secondo me perché la carbonara è uno dei piatti popolari per eccellenza. Tutti la fanno e tutti pensano di saperla fare meglio degli altri, quindi si sentono titolati a dire la propria», dice Luciano Monosilio, tra i più giovani chef ad ottenere la stella Michelin, che è davvero tra i più titolati a parlare di carbonara, dato che a Roma ne è considerato il «re». Per la sua carbonara si è meritato lodi del New York Times e la sua ricetta è uno dei motivi per cui prenotare un tavolo nei suoi ristoranti: Luciano Cucina Italiana e Follie, nella storica Villa Agrippina Gran Meliá, che dirige da due anni.

Come Monosilio la pensa un altro pilastro della cucina romana, cioè Simone Panella, che con il fratello Francesco ha in mano le cucine dell’Antica Pesa di Roma, tra i ristoranti che hanno fatto la storia della cucina capitolina (hanno anche celebrato il centenario), e – da 12 anni – dell’Antica Pesa a New York: «La carbonara non smetterà mai di far discutere perché è un piatto molto conosciuto in tutto il mondo. Lo fanno un po’ ovunque, e proprio per questo ognuno ha applicato la sua idea. Aggiungo: purtroppo. Perché la ricetta resta una sola».

Quanto si può cambiare la carbonara secondo Luciano Monosilio e Simone Panella

«La carbonara è quella fatta con uova, guanciale, pepe e pecorino. È tenacemente romana anche negli ingredienti. Non esiste una sola ricetta codificata proprio perché è un piatto del popolo: possono variare le preparazioni ma non le materie prime, perché di sicuro non prevede pollo, funghi, panna», continua Monosilio. Per questo, e non solo, nei suoi ristoranti non cede a variazioni sul tema: «Non è successo quasi mai che mi abbiano chiesto variazioni della carbonara. Io comunque non transigo: non cambierei nemmeno il formato di pasta, figurarsi se aggiungerei ingredienti a piacere dei clienti. Se vai in una boutique a comprare un paio di scarpe, chiedi di cambiarle a piacimento?».

«Sono piuttosto integralista anche io, soprattutto sui primi piatti», prosegue dalla sua Simone Panella. «A me capita spesso di ricevere richieste singolari, e quando è possibile cerco una via di mezzo senza mai snaturare la ricetta. Magari per la pasta cambio il formato, cercandone però uno adatto e spiegando comunque al cliente che non è il migliore per quel condimento, ma non aggiungo ingredienti che non siano previsti. Piuttosto consiglio di modificare l’ordine: se chiedono una carbonara con il pollo, propongo di scegliere un piatto completamente diverso. Oppure, se proprio non riescono a farne a meno, di prendere una carbonara e un pollo arrosto da mangiare a piacimento, anche contemporaneamente, perché dalla mia cucina non uscirà mai una carbonara che non sia una vera carbonara». «Nemmeno dalla mia», aggiunge Monosilio. «E di sicuro non toglierei la carbonara dal menù se non dovesse piacere ad alcuni clienti così com’è: è un’espressione della mia cucina, della cucina del ristorante che la propone. Il cliente è sempre libero di scegliere».

La carbonara e la cucina italiana all’estero

Può darsi che a tratti faccia sorridere pensarci, ma dover rispondere alla richiesta di una carbonara con il pollo o i funghi (o di un qualsiasi altro piatto italiano completamente stravolto) per un professionista della ristorazione è molto meno semplice di quanto si pensi, specie se si interfaccia con clienti stranieri. «A Roma capita meno spesso, forse perché i clienti stranieri arrivano da noi con consapevolezza. Ma a New York è frequente ricevere richieste di variazioni. Gli stranieri all’estero sono i clienti più difficili, specie per piatti dai sapori forti, come può essere una carbonara con il pepe e il pecorino. Loro sono normalmente abituati a variazioni nate per inseguire il loro gusto, in ristoranti italo-americani o italo-tedeschi a seconda della provenienza, perciò fanno fatica ad apprezzare gli originali», dice Panella.

«Il fatto, però, è che la carbonara è solo la punta di un iceberg», fa notare Panella. In effetti la questione per i ristoratori è più ampia: si tratta di essere disposti o meno scendere a patti, decidere se fare lo stesso (errore) che per tanti anni hanno commesso i ristoranti italiani all’estero. Due le vie, insomma: assecondare palati poco allenati alla nostra cucina, oppure andare dritti per la propria strada consapevoli del fatto di essere anche ambasciatori di una cultura culinaria, la nostra. «I bisogni dei clienti vanno assecondati, ma c’è un limite: se so che chiamare “lasagna” della pasta fresca ripiena di pesce per loro fuorviante, la chiamerò “pasta fresca” e continuerò a chiamare “lasagna” solo quella con ragù e besciamella. Ma non oltre», dice Panella. «E poi – conclude Monosilio – non dimentichiamo una cosa: magari tutti hanno una loro versione di carbonara, ma lasciamo agli chef la possibilità di fare gli chef». Altrimenti – aggiungiamo noi – che gusto ci sarebbe ad andare al ristorante?

Torta di Natale dello chef

Torta di Natale dello chef

Innanzitutto preparate la crema: lavorate i tuorli con lo zucchero, incorporate la maizena e la vaniglia, poi anche il latte intiepidito, quindi portate sul fuoco e cuocete a fiamma bassa, mescolando costantemente, fino ad ottenere una crema liscia e densa.
Trasferite su di un piatto ampio e lasciate raffreddare coperta con pellicola a contatto.

Preparate anche la bagna, unendo 1 bicchiere di acqua con 1 cucchiaio di zucchero in un pentolino e portando a ebollizione, quindi spegnete e aggiungete il rum (in alternativa aggiungete buccia di 1 arancia durante la cottura dello sciroppo ed evitate il rum).

Montate la panna ben fredda di frigo e incorporatela alla crema ormai fredda, mescolando delicatamente per non far smontare la panna.

Veniamo alla parte più antipatica: predisponete i 3 dischi di pan di Spagna sul piano di lavoro e procedete a ritagliarli: dovrete ottenere 6 diversi dischi in totale.
Dovete ritagliare dal primo disco 1 cerchio da 17 cm di diametro e 1 da 5 cm più una stella; dal secondo disco 1 cerchio di 20 cm di diametro; dal terzo disco 1 cerchio da 13 cm, 1 da 9 cm e 1 altro da 5 cm.

Mettete il disco da 20 cm sul piatto da portata e bagnatelo leggermente con la bagna, quindi farcitelo con la crema e copritelo con il secondo disco, quello da 17 cm.

Bagnate e farcite anche il secondo disco e copritelo con il terzo disco, quello da 13 cm.
Bagnatelo, farcitelo e copritelo con il quarto disco, da 9 cm, procedendo a bagnare e farcire anche questo.

Create l’ultimo piano della torta con i i 2 dischi da 5 cm, bagnando e farcendo il primo e lasciando il secondo, quello in cima a tutto, senza farcia.
Procedete ora a creare su ogni livello una sorta di palizzata di Pavesini, lasciando che sia stesso la crema a fare da collante.

Dovrete realizzare 5 diverse palizzate di Pavesini, una per ogni livello della torta

Spezzettate il cioccolato e scioglietelo in microonde (o a bagnomaria).

Aiutandovi con un cucchiaio, lasciate colare il cioccolato fuso a filo sulla cima dei Pavesini, in modo che crei un decoro ma funga anche da collante tra di essi, una volta solidificato.
Lasciate asciugare il cioccolato, quindi decorate con poco zucchero a velo.

La torta di Natale dello chef è pronta, non vi resta che aggiungere la stella e servirla.


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