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La tisana d’orzo bevuta da Ippocrate, in Giappone e in Abruzzo

La tisana d’orzo bevuta da Ippocrate, in Giappone e in Abruzzo

Da uno dei cereali più antichi non si fa solo pane, birra, whisky e caffè, ma anche uno splendido infuso. Da bere caldo oppure freddo come si usa in Oriente. Ma prodotto artigianalmente nel Parco della Majella

L’orzo è un cereale fra i più consumati dall’uomo. Lo si mangia, certo, ma lo si beve soprattutto. Con l’orzo si fa la birra, il whisky e il caffè. E anche uno splendido tè.
La Tisana di Ippocrate non è, lo si capisce dal nome, qualcosa di particolarmente innovativo. Il padre della medicina ne aveva riconosciuto l’alto valore energetico e raccomandava questo preparato per la digestione e per l’alto potere antinfiammatorio. Lo mangiavano i gladiatori e lo consigliava ai malati per le sue proprietà ricostituenti e remineralizzanti. Calda, aiutava i convalescenti; in estate aveva un alto potere rinfrescante. La parola stessa tisana deriva dal greco ptissein ovvero mondare, l’orzo per l’appunto che va sbucciato e pestato.

L’orzo, cereale antico

L’orzo è un cereale antico, conosciuto dall’uomo fin da epoche lontane. Era già coltivato in Medio Oriente ai tempi della Mezzaluna Fertile e da qui si è diffuso in tutto il pianeta. La pianta dell’orzo resiste al caldo, al freddo e alla siccità, impiega meno tempo per essere raccolta e quindi riesce a essere coltivata anche in montagna o nei paesi del Nord, dove le estati sono brevissime. Molto coltivato in Italia, con l’affermarsi del frumento, l’orzo è diventato via via un cereale da destinare alle classi più povere, e oggi all’alimentazione animale. Ad oggi in Italia è diffuso particolarmente nelle aree del centro-sud. La recente riscoperta dei cereali antichi e alternativi sta facendo nuovamente la fortuna di orzo, farro e segale, ma basta rispolverare qualche ricordo del passato e caramelle e caffè di orzo tornano alla mente.

La tisana di orzo che si beve anche in Giappone e Corea

La tisana di orzo si prepara lasciando in infusione i chicchi di orzo nell’acqua per alcuni minuti, proprio come un tè. In Corea è molto diffusa con il nome di Boricha ed è sempre una tisana di orzo perlato servita caldissima in inverno e ghiacciata in estate. In Giappone si chiama Mugicha e la si beve invece prevalentemente fredda: è popolare come una limonata  ed è diffusa in tutto l’Oriente, inclusi Cina e Taiwan. Si trova nei supermercati in bustine proprio come il tè, oppure pronta da bere in bottigliette usa e getta o, ancora, servita in brocche a casa e al ristorante. In inglese si dice barley tea e lo si trova in negozi di cibo naturale e biologico.

In Italia, era il caffè di una volta

In Italia la tisana di orzo è una novità, ma solo all’apparenza. Prima dell’affermarsi del caffè, nel secolo scorso, il caffè d’orzo era bevuto dalle famiglie contadine che lo preparavano alla turca, come si faceva il caffè prima dell’invenzione della napoletana (nei primi anni del Novecento) o della moka, negli anni Trenta. L’orzo prima si tostava in casa e poi si lasciava bollire in acqua, poi lo si faceva depositare o si filtrava prima di berlo. Certo diventava scuro e potente, come un caffè, mentre il tè d’orzo è molto leggero, delicato e assolutamente più dolce. In Europa durante la seconda guerra mondiale a causa delle ristrettezze economiche, dell’embargo e dell’autarchia si diffusero una serie di surrogati come il caffè d’orzo, di cicoria, segale, fichi e lupini. In molti Paesi sono solo un vecchio ricordo mentre in Italia il caffè d’orzo ha ancora la sua fetta di pubblico di affezionati.

L’orzo mondo del Casino di Caprafico

Esistono due varietà di orzo: quello perlato, che si trova un po’ ovunque, e l’orzo mondo o “orzo nudo”, decorticato e tipico cereale dell’agricoltura marchigiana e abruzzese. È una varietà più pregiata, che richiede una lunga cottura e un ammollo preventivo, ma che contiene anche più fibre, sali minerale, vitamine e meno calorie. Diversamente dall’orzo perlato, non subisce alcun processo di raffinazione. È una coltivazione pregiata, con rese più basse e che quindi era stata abbandonata in favore di colture più redditizie. È stata riscoperta negli ultimi anni anche grazie a personaggi come Giacomo Santoleri della Azienda Agricola Casino di Caprafico, a Guardiagrele, in provincia di Chieti. Alle porte del Parco Nazionale della Majella, prende il nome dal fabbricato rurale costruito sulle Piane di Caprafico nel 1832 dalla famiglia Santoleri. Figlio di agricoltori da generazioni, Giacomo che ha convertito negli anni parte dei 130 ettari di terreni destinati a uliveto alla coltivazione di cereali e oggi ne lavora 70 seminati a farro selvatico autoctono, varietà antiche di orzo mondo e legumi tipici dell’Italia Centrale. Ne produce un’ottima pasta, un sorprendente caffè d’orzo e ora anche una tisana.
L’orzo mondo viene decorticato e tostato a fiamma indiretta e macinato in piccole quantità secondo un’esperienza e una tradizione consolidate nel tempo che esaltano le peculiari caratteristiche organolettiche dell’orzo nudo. Se ne fa caffè d’orzo per la moka o la macchina da espresso e una versione in bustine filtro, come quelle utilizzate solitamente per il tè. Classico oppure con anice, come si usava bere il caffè da queste parti, con anisetta.

Tisana di orzo, Casino di Caprafico.

» Wool roll bread – Ricetta Wool roll bread di Misya

Misya.info

Innanzitutto preparate l’impasto: unite in una ciotola latte, panna, uovo, zucchero e lievito e mescolate, quindi incorporate farina e sale e continuate a lavorare finché l’impasto non si incorderà.
Lasciate lievitare per almeno 2 ore o fino al raddoppio.

Riprendete l’impasto ormai raddoppiato, sgonfiatelo con le mani, quindi dividetelo in 4 parti uguali.
Una per volta, stendete ognuna delle 4 parti sulla spianatoia leggermente infarinata in una forma ovale alta circa 1/2 cm, quindi effettuate dei tagli su uno dei lati lunghi, partendo dal centro, ottenendo delle striscioline larghe circa 1/2 cm.

Mettete la scamorza a cubetti sulla parte intera, quindi arrotolate l’impasto sul ripieno.
Fate lo stesso con gli altri 3 pezzi di impasto.

Disponete i 4 pezzi nello stampo leggermente unto di olio, quindi lasciate lievitare ancora per 1-2 ore o fino al raddoppio.
Infine spennellate con un po’ di latte e cuocete per circa 30-40 minuti in forno statico preriscaldato a 180°C.

Il wool roll bread è pronto, lasciate almeno intiepidire prima di servirlo.


Come fare i gamberi alla greca

Come fare i gamberi alla greca

Un secondo piatto che non ti aspetti, perché sì, formaggio e pesce possono andare d’accordo

La feta al forno con i pomodorini è la ricetta più cliccata del web, ma avete mai provato la feta con i gamberi alla greca?
Si tratta di un secondo piatto ricco che conferma l’eccezione alla regola del “mai pesce e formaggio nella stessa ricetta”.
Qui infatti abbiamo i gamberi e la feta che insieme sono un vero matrimonio di gusto.

Etnico rustico

Questi gamberi sono un piatto della tradizione greca molto rustico, servito in genere nelle taverne.
Si possono proporre sia come antipasto che come secondo e possono diventare anche un ricco contorno per la pasta.
In alcune ricette troverete un sugo a base di pomodorini, ma noi qui ve li proponiamo con la passata o la polpa a pezzettoni.

Come fare i gamberi alla greca

Come fare i gamberi alla greca

Ingredienti

500 g di gamberi freschi e puliti, 100 g di feta, 250 ml di passata di pomodoro o pezzettoni, 1 cipolla piccola, basilico fresco, sale, olio extravergine di oliva.

Procedimento

Partite dal sugo di pomodoro che potete preparare con la passata o con la polpa a pezzettoni, oppure con entrambe le cose.
Soffriggete la cipolla tritata con un po’ di olio extravergine di oliva a fuoco medio e poi aggiungete il pomodoro.
Lasciate cuocere per circa 10 minuti e profumate con qualche foglia di basilico fresco.
Aggiungete la feta a cubetti e quando sarà quasi, ma non completamente sciolta, aggiungete anche i gamberi ben puliti e privati del budello nero sulla parte esterna.
Ancora due minuti cottura e il piatto è pronto.

Come servire i gamberi alla greca

Certamente con del pane perché il sughetto non pò essere lasciato nel piatto. È peccato!
Potete fare una gratificante scarpetta con una bruschetta di pane abbrustolito, magari strofinato con un po’ di aglio, oppure con della pita greca calda. 

Sostituire la feta?

Questo è uno di quei piatti in cui non è possibile sostituire nulla perché ogni ingrediente è indissolubilmente legato al resto.
La feta non è ricotta o primosale, quindi sì, potete pensare di ometterla o sostituirla, ma il risultato non sarà mai lo stesso.
Potete però giocare con le spezie e le erbe aromatiche.
Qualcuno aggiunge timo e origano e anche peperoncino e paprika.

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