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Bambini al ristorante: è giusto obbligarli a stare seduti?

La Cucina Italiana

Bambini al ristorante: sì o no? Ma soprattutto, come e dove? A riaccendere l’eterno dibattito un nuovo caso che arriva dalla Spagna: a sollevarlo un «chiarimento» del ristorante O Fragón, celebre indirizzo di cucina tipica (anche segnato tra i Bib Gourmand Michelin) a Fisterra, in Galizia. Sul suo sito puntualizza nel dettaglio quali sono le (tante) condizioni che i clienti devono rispettare per prenotare, e quindi mangiare, nel ristorante. Una di queste riguarda i bambini: «Sotto i 12 anni devono rimanere sempre al tavolo accompagnati dai genitori, in caso contrario è necessario ripensare la prenotazione».

Apriti cielo: nel riprendere la frase un utente ha immediatamente (ri)scatenato la polemica social sui bambini al ristorante. E, come sempre succede, c’è chi ha dato ragione ai gestori e chi invece ha parlato di «discriminazioni». La verità? Può darsi sia nel mezzo, dato che la buona educazione impone sempre di adattarsi alla situazione. Ecco perché, con i consigli di Samuele Briatore, presidente dell’Accademia Italiana Galateo, coordinatore del Master in cerimoniale, galateo ed eventi istituzionali alla Sapienza di Roma, autore di numerosi libri sul tema. L’ultimo, appena uscito per Marsilio Editore, è Il Teatro del Lusso

Bambini al ristorante: sì o no?

«Un bambino va educato ad affrontare ogni situazione, inclusi quindi un pranzo o una cena al ristorante», dice l’esperto di galateo. «Poi bisogna valutare di caso in caso, anche in base al carattere del bambino: un conto è andare in pizzeria, un altro in un ristorante stellato, così come un conto è gestire un bambino molto vivace e un altro che lo è meno. In certi casi per i piccoli può essere una tortura andare al ristorante, perché è ovvio che abbiano vogliano di muoversi. Il punto è che, se cominciano a muoversi, possono creare fastidi e stress, ma anche esporsi a dei pericoli». 

Come comportarsi con i bambini a tavola?

«È abbastanza scontato che un bambino debba restare seduto in un posto in cui ci sono persone che lavorano e che si muovono portando in mano piatti bollenti e bibite: può essere rischioso intralciarli», fa notare ancora il presidente dell’Accademia Italiana Galateo. «Non credo perciò che una condizione come quella imposta dal ristoratore spagnolo vada intesa in senso discriminatorio: è anche un modo per accogliere meglio i bambini».

Bambini al ristorante: bisogna avvisare?

Che il bambino sia a proprio agio, del resto, è nell’interesse del ristoratore, e non solo dei genitori: per questo, come fa notare anche l’esperto di bon ton, è sempre buona norma avvisare se ci sono dei piccoli a tavola. «In questo modo il locale può individuare un posto più idoneo, per esempio prevedere seggioloni se servono, o altro che possa essere utile allo scopo, come i giochi», prosegue l’esperto. 

Come comportarsi con i bambini a tavola

Se il ristoratore fa di tutto per mettere il piccolo a proprio agio, poi però sta – ovviamente – noi genitori gestirlo. «Sia chiaro: a me non piace l’idea di un posto dove i bimbi non possono andare, credo piuttosto che i genitori debbano assumersene la responsabilità. Questo vuol dire evitare che il bambino scorrazzi, ma anche – nel rispetto del bambino – non obbligarlo a star seduto al tavolo annoiandosi o guardando i cartoni con l’iPad», dice Samuele Briatore. Insomma, andare al ristorante è un’esperienza: è compito di noi genitori fare in modo che i bambini la vivano.

Nel caso di cene organizzate da altri, si possono sempre portare i bambini?

Come comportarsi, invece, quando la cena o il pranzo non sono organizzati da noi? «I bimbi partecipano solo se espressamente invitati», chiarisce subito Samuele Briatore. «Se non sono invitati, normalmente è perché non è un’occasione adatta a loro. Se poi sono invitati, un po’ come il ristorante che cerca di metterli a loro agio, lo stesso deve fare chi organizza l’evento, che sia in casa ma anche al ristorante. Per esempio prevedendo un tavolo per i piccoli, che non vuol dire isolarli o discriminarli, ma creare uno spazio tutto loro dove possono parlare dei loro argomenti e giocare».

Da Venezia, la ricetta dei ravioli di asparagi selvatici | La Cucina Italiana

Da Venezia, la ricetta dei ravioli di asparagi selvatici
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Daniele Turco ci tiene a Venezia. E anche se cucina a The Gritti Palace, uno degli hotel più iconici della città, non cede alla tentazione (molto facile di questi tempi) di proporre piatti che mettono in luce la sua personalità a scapito della buona tradizione locale. Tutt’al più gli piace sperimentare nuovi accostamenti con l’aggiunta di qualche ingrediente esotico, e tecniche che arrivano da altre culture. Alla clientela internazionale del ristorante dall’atmosfera sontuosa, continua a proporre il pescato della laguna (la sua granseola olio e limone è deliziosa) e molte ricette classiche. Va a Rialto per il pesce e all’isola di Sant’Erasmo per carciofini e asparagi, fa arrivare le cozze di Scardovari dall’isola della Donzella e usa il granchio blu, una specie aliena che è misteriosamente arrivata in Laguna e ne minaccia l’ecosistema. E se gli ospiti dell’hotel di Venezia lo gradiscono li porta con sé a far la spesa in motoscafo, poi insegna loro le ricette classiche all’Epicurean School.

L’ultima idea, sempre per far conoscere il territorio e i suoi buonissimi prodotti, è proprio usare la cucina a vista e il tavolo conviviale della scuola per uno Chef’s Table dedicato ai sapori veneti (solo su prenotazione, per massimo 12 persone). Turco e i suoi più stretti collaboratori, come il sommelier, sono instancabili ricercatori di primizie e vini di piccole, quando non minuscole, cantine del Nord Est, premessa per comporre un menù a mano libera ispirato alla stagione. E questa è la stagione degli asparagi selvatici. Nel menù sono protagonisti del primo piatto, come ripieno dei ravioli conditi con robiola e polvere di liquirizia, di cui lo chef ci regala la ricetta. Squisiti!

Ravioli di asparagi selvatici, fonduta di robiola e polvere di liquirizia

Ricetta per 12 persone

Per l’impasto
600 g farina 00
300 g semola
650 g tuorli d’uovo

Unire le due farine e in ultimo i tuorli a filo fino a ottenere un impasto omogeneo.
Lasciare riposare in frigorifero 30 minuti.
Quindi, tirare l’impasto fino a ottenere una sfoglia sottile e coppare in cerchi di circa 5 cm.

Per la farcitura
2 mazzi di asparagi
50 g di scalogno
60 g liquore al sambuco (per esempio Saint Germain)
sale, olio

Tagliare finemente gli asparagi e lo scalogno.
Fare appassire quest’ultimo con un filo d’olio, aggiungere gli asparagi e farli cucinare a fuoco vivo per qualche minuto, sfumare con il liquore al sambuco e lasciare brasare con un coperchio fino a cottura completa.
Raffreddare la farcia ottenuta e sminuzzarla a coltello ulteriormente se risulta troppo grossolana.
Trasferire il ripieno in una sac-à-poche e farcire i cerchi di pasta.

Per la fonduta di robiola
250 g robiola
100 g panna
70 g liquore Saint Germain

Scaldare la panna a una temperatura di 65 °C, aggiungere la robiola e frullare alla massima velocità.
Aggiungere il liquore e continuare a frullare fino a ottenere una crema liscia.

Per l’impiattamento
Stendere sul fondo del piatto la crema di robiola, saltare i ravioli con un filo d’olio e disporli sopra la fonduta.
Ultimare con polvere di liquirizia e asparagi crudi.

tutto quello che vorreste sapere | La Cucina Italiana

tutto quello che vorreste sapere
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Sal De Riso ci (riprende) per la gola. A Minori, il borgo della Costiera Amalfitana dove c’è la sua pasticceria, già tappa fissa in qualsiasi viaggio o gita fuori porta in zona, con sua moglie Anna De Nunzio ha appena aperto anche un ristorante. Anzi, il loro primo ristorante: «Sal De Riso Gourmet».

Dov’è il ristorante di Sal De Riso

Non si può sbagliare: il nuovo avamposto culinario della famiglia del pasticcere pluripremiato – nonché volto televisivo, autore di libri di cucina, presidente Ampi (Accademia Maestri Pasticceri Italiani), e celebre anche per aver inventato dolci che hanno fatto scuola (avete presente la torta ricotta e pere? È sua) – è proprio accanto alla pasticceria-bistrot, sul lungomare di Minori (via Roma).

Cosa si mangia al ristorante di Sal De Riso

La carta è ricca: si mangia tanto pesce (del resto siamo in Costiera), e si assaggiano piatti della cucina campana. Inclusa la carne, con proposte alla griglia. Ai fornelli lo chef Giuseppe Cozzolino, che torna a Minori dopo diverse esperienze anche all’estero per coordinare una brigata composta da 12 professionisti. Ci sarà anche la pizza, sempre in una versione gourmet realizzata dal pizzaiolo Giuseppe Giordano con una farina Intera di tipo 0, ricca di germe di grano e fibre solubili. I dolci, ovviamente, saranno tutti di Sal De Riso, che ha messo a punto una carta di dessert al piatto che si aggiunge ai suoi classici della pasticceria, coordinata dalla chef pasticciera Daniela Cioffi. Enzo D’Amato e Nicola Ferrigno, rispettivamente direttore e maître sono invece l’anima del bar e della sala.

Lo stile del ristorante

Tutto questo in un locale su due piani dallo stile decisamente mediterraneo, con il blu del mare della Costiera che fa il paio con il rosso del suo corallo e il bianco, i colori della ceramica vietrese, le sfumature di tessuti preziosi e opere d’arte. Come «L’Amore»: omaggio che la romana Cinzia Pellin ha dedicato all’attrice Anna Magnani, grande appassionata della Costiera, dove si rifugiava spesso con il suo amato Roberto Rossellini, con il quale a Furore girò alcune delle scene più indimenticabili del film dal titolo «L’amore». Altra chicca: una cantina refrigerata che può contenere fino a 1200 bottiglie, a due temperature.

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