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Lidia Bastianich: «Le ricette e i ricordi più belli della mia vita in Italia»

Lidia Bastianich: «Le ricette e i ricordi più belli della mia vita in Italia»

Lidia Bastianich è cuoca, personaggio televisivo, scrittrice italiana naturalizzata statunitense. Non in ultimo mamma e nonna, premurosa, talvolta severa, ma sempre rispettosa delle sue radici italiane. Già, perché le origini di Lidia Bastianich sono istriane, quando ancora l’Istria apparteneva all’Italia, almeno fino al 1975, quando il nostro Paese – con il discusso Trattato di Osimo – rinunciò definitivamente e senza contropartite, al suo diritto su quei territori. Le abbiamo chiesto qualche aneddoto di quando viveva in Istria, con i suoi genitori e tutti i parenti, molti dei quali oggi non ci sono più. Ma anche cosa si è portata dietro, per ridare vita a quei ricordi con il pensiero e con i fatti.

Questo tema importante di commistione tra ricordi e cucina è il fulcro del progetto I Racconti delle Radici, creato in collaborazione con il MAECI, che è stato presentato alla Farnesina di recente alla presenza dei Ministri Tajani e Lollobrigida durante il lancio dell’ottava edizione della SCIM – Settimana della Cucina Italiana nel Mondo 2023. Naturalmente, Lidia Bastianich non poteva non far parte di questo magnifico racconto dell’immigrazione italiana nel mondo, e qui vi raccontiamo già un primo assaggiato.

Nonna Rosa e gli animali da cortile

«Sono cresciuta con mia nonna Rosa in campagna, a Pola, in Istria, in mezzo agli animali, ai prodotti della terra. Ricordo ancora il cortile di casa e questa scena: i nonni, i loro fratelli, le varie zie, tutte con grembiule e fazzoletto legato in testa. Erano loro, le zie, che a tavola ci ricordavano di non sprecare mai il cibo, “ci son figliol che non dar da magnar”, dicevano. Oggi la cucina italiana per me è un ricordo, una nostalgia, una passione, un modo per ricevere e dare amore. È stata, a tutti gli effetti, non solo uno stimolo per quello che ho fatto e che sto facendo negli Stati Uniti ma anche una conferma di quello che sono. Da bambina son cresciuta in una comfort zone, in piena campagna, tra i polli, le caprette, i conigli a cui portavo da mangiare. Io ero la “runner”, la “helper”, l’aiutante di nonna Rosa in cucina, soprattutto il giorno della domenica. Ricordo ancora quegli odori inebrianti del sugo che bolliva per ore, lì dove c’era la stufa, nella casetta “nera”, accanto al pollaio. Ma anche il profumo del lauro, del rosmarino, della conserva di pomodoro, che mi piaceva “tocciare”, un po’ furtivamente, con un pezzo di pane».

L’addio all’Italia, senza preavviso

«Quando sono emigrata negli Stati Uniti, nel 1958, avevo 12 anni, è stato il cibo a ricordarmi la mia infanzia: cucinare mi faceva stare bene perché mi riportava a quel periodo andato. Una volta arrivata a New York mi sono chiesta: “Perché amo così tanto la cucina?”. Credo che sia stato l’istinto a farmi tornare alle origini: ero bambina e all’epoca non avrei mai immaginato che non avrei più visto casa, poi nel tempo l’ho capito e, con dispiacere, ho pensato che non ero riuscita a salutare mia nonna Rosa, le mie caprette, le mie zie… Ecco, con la cucina ho portato la mia terra, la mia famiglia, in America».

Quella cucina piccola, ma piccola… così

«Una tradizione tenuta viva con passione, entusiasmo e amore da quattro generazioni, persino quando, appena arrivati Oltreoceano, la Caritas ci aveva assegnato un appartamentino con una cucina piccola quanto uno sgabuzzino. Lì abbiamo, comunque, fatto tavolate con la famiglia e gli amici, non senza difficoltà: ci passavamo il cibo di mano in mano, visto che non c’era spazio a sufficienza Poi, appena ho potuto, per reazione, mi sono regalata una grande cucina! Tra i piatti che preparavamo più spesso c’erano risi e patate, la polenta con il formaggio, le verze in padella e, soprattutto, gli gnocchi, che ancora oggi, quando li mangio, sono una carezza interna, mi trasmettono una “sensation” unica. Una tradizione che continua anche a New York e che ho trasmesso anche ai miei nipoti.

Attorno al tavolo a impastare gli gnocchi

Da piccoli i miei nipoti si mettevano tutti attorno al tavolo a impastare, proprio come faceva mia nonna con me; adesso sono adulti, vanno all’università, ma mi chiamano per chiedere consigli: “Come si fa il sugo, quanto deve bollire il brodo ecc.”. Sono felicissima che anche loro, oltre ai miei figli, possano portare con sé le loro origini, nonostante siano nati in America. La cultura del cibo trascende dalla nascita, ma appartiene alle origini della famiglia. Anche perché c’è una differenza sostanziale tra gli italiani e gli americani, noi ci portiamo dietro sempre il cibo. Per quello la cucina italiana negli Stati Uniti è la più apprezzata, anche grazie ai primi italoamericani che nel 1800 erano venuti qui a cercare fortuna, portando con sé le tradizioni regionali. Ben diverse dalle mie istriane, perché le loro erano del sud Italia. Così, in età adulta, ho cominciato a viaggiare in lungo e in largo per il Belpaese, così ho scoperti i piatti regionali e li ho portati negli States. Questa è stata la mia fortuna, questa la mia scelta, questa la mia vita».

Pesce? Al forno è facile e buono. Ecco 40 ricette

La Cucina Italiana

Pesce al forno: buono, facile, veloce, non si può chiedere di meglio. Perché il pesce, ricco di proteine, grassi insaturi e preziosissima fonte di Omega 3, si presta a una moltitudine di preparazioni e cotture. I più golosi non sanno resistere al fritto, c’è chi lo ama crudo, al massimo marinato e chi si diverte a stufarlo, grigliarlo e cuocerlo a vapore. Ma uno dei metodi più gustosi e semplici per preparare una semplice cena a base di pesce senza eccedere con le calorie è cucinare il pesce al forno. Se lessato e al vapore non richiede alcuna aggiunta di grassi, al forno richiede una quantità misurata di condimenti, arrivando a un ottimo compromesso tra gola e linea.

Quando è cotto il pesce al forno?

La pezzatura minima indicata dei pesci è di 600-700 g. Anche quelli troppo grandi sono sconsigliati perché cuociono in modo poco uniforme. Sono perfetti per la cottura al forno dentice, branzino, pagello, salmone, cernia, orata. In generale si calcolano 25 minuti per ogni 500 g di pesce. Per facilitare la cottura, soprattutto dei pesci di grandi dimensioni, è consigliabile praticare delle piccole incisioni, da entrambi i lati.

A quale temperatura cuoce il pesce al forno?

Molto dipende dal tipo di pesce e dalle dimensioni, ma generalmente il pesce al forno cuoce ad una temperatura compresa tra i 180 e 200 gradi centigradi.

Come pulire un pesce intero

Innanzitutto, verificate la freschezza del pesce controllando che l’occhio sia brillante e lucido e le branchie di un bel rosso vivace. Con le forbici da pesce tagliate tutte le pinne: così non si bruceranno durante la cottura e voi non rischierete di graffiarvi nelle operazioni di pulizia e preparazione. Squamate il pesce procedendo dalla coda verso la testa, contro il senso delle squame. Poiché si staccheranno in modo un po’ disordinato, è conveniente fare questa operazione dentro il lavandino. Infine, sciacquatele via sotto l’acqua corrente. Se la ricetta richiede di farcire il pesce, tagliate il ventre partendo dal foro anale e andando verso la testa; eliminate le interiora e sciacquate nuovamente il pesce (potete chiedere al vostro pescivendolo di pulirlo per voi). Asciugate l’interno del ventre con carta da cucina prima di inserire la farcia o le erbe aromatiche.

Al cartoccio

La cottura al forno offre differenti tecniche, da selezionare in base al pesce comprato, ai gusti personali e alla consistenza ricercata. Per ridurre al massimo i condimenti, è indicata la preparazione al cartoccio che combina le caratteristiche della cottura a vapore con quelle della cottura al forno e consente di preservare i liquidi e le sostanze nutritive naturalmente presenti negli alimenti. Per provare questa tecnica sono indicate le ricette per pesce al forno: pesce persico in cartoccio aromatico, curry di pesce in cartoccio trasparente e coda di rospo al cartoccio.

In crosta o croccanti

Per provare la tecnica di sale in crosta invece, si possono preparare il paguro al sale rosa e l’orata in crosta di sale alle foglie di sedano. Gli amanti delle consistenze croccanti apprezzeranno le preparazioni dei gamberoni in crosta di arachidi con melanzane, lo strudel di salmone e merluzzo, le braciole di pesce sciabola ai biscotti shortbread e i filetti di branzino croccanti con zucchine fritte. Queste preparazioni sono le più caloriche tra quelle proposte, ma restano un’ottima alternativa al fritto.

E poi…

A seguire (e gradire), nasello nella pancetta, cipolle e piselli, filetto di San Pietro e carote novelle in salsa al cardamomo, rotoli di pesce spada con cipollotti, carciofi e olive, triglie farcite e asparagi bianchi, orata al forno con patate e pecorino, teglia di ricciola, porri e prugne, salmerino farcito ai carciofi, sformato di pesce spada, patate e peperone, cefalo con patate e nocciole, sarago imbottito di verdure miste e arrosto di merluzzo.

Le nostre 40 ricette di pesce al forno

pesce al forno

Pesce al forno: idee per una cena leggera

Tarte tropézienne – Ricetta di Misya

Tarte tropézienne

Innanzitutto preparate l’impasto: sciogliete il lievito spezzettato nel latte appena intiepidito, quindi versatelo sulle farine insieme a uovo e zucchero e iniziate a impastare, aggiungendo poi anche sale e fiori d’arancio.

Infine unite il burro in più riprese, aspettando che il pezzo precedente sia stato completamente assorbito prima di aggiungere il successivo.

Coprite la ciotola con pellicola trasparente e lasciate lievitare per circa 3 ore i finché non sarà quasi triplicato.

Riprendete l’impasto, sgonfiatelo con le mani leggermente infarinate, formate una palla, appiattitela (sempre con le mani) e mettetela nello stampo leggermente imburrato, quindi lasciate lievitare per almeno 1 altra ora.
Spennellate con l’uovo leggermente sbattuto, decorate con la granella e cuocete per circa 20-25 minuti in forno statico preriscaldato a 170°C, quindi sfornate e lasciate raffreddare completamente..

Nel frattempo preparate la crema: sbattete i tuorli con lo zucchero in un pentolino, quindi incorporate maizena, amido di riso, aromi e un goccino di latte.

Scaldate il restate latte e aggiungetelo quando avrà quasi raggiunto il bollore, mescolando subito con le fruste per amalgamarlo.
Trasferite il pentolino sul fuoco e cuocete a fiamma bassa, mescolando costantemente, fino a raggiungere l’ebollizione: dovreste ottenere una crema densa.

Trasferite la crema in un piatto ampio e coprite con pellicola per alimenti a contatto, per non far formare la pellicola dovuta all’ossidazione sulla superficie, quindi lasciate raffreddare completamente a temperatura ambiente.

Montate la panna bene fredda di frigo, quindi amalgamatela alla crema ormai fredda, mescolando delicatamente con movimenti dal basso verso l’alto, in modo da non farla smontare.
Dividete la torta in 2 dischi orizzontali con un coltello a lama lunga, quindi farcite la base con la crema ottenuta, infine ricoprite con il secondo disco.



La tarte tropézienne è pronta, non vi resta che portarla in tavola e servirla.

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