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Fornai e pizzaioli: i maestri del lievito alla prova del panettone

Fornai e pizzaioli: i maestri del lievito alla prova del panettone

Da Nord e Sud, dai migliori panifici d’Italia alle pizzerie che meriterebbero la stella Michelin, i dieci rappresentanti dell’Arte Bianca che si sono cimentati con i lievitati di Natale

Chi l’ha detto che il panettone lo sanno fare solo i pasticcieri? La new wave dei lievitisti professionisti ha dato spazio ai panettoni degli chef, ma anche a quelli dei fornai e dei pizzaioli, che con il lievito ci lavorano quotidianamente. Gente che ha nei suoi laboratori magari un lievito madre con decine di anni e milioni di rinfreschi alle spalle e che lo cura quotidianamente per sfornare i suoi migliori prodotti. Sono in molti che, di recente, hanno deciso di impegnarsi anche nella ricerca e nella produzione dei lievitati delle feste, panettone in primis. Ne abbiamo scelti dieci, che meglio rappresentano la nuova generazione di maestri del lievito, prestata al panettone.

10 panettoni di pizzaioli e fornai

Olivieri 1882 (Arzignano – Vicenza)

In principio era il panificio di famiglia, poi Nicola Olivieri è entrato in laboratorio e non ne è uscito più, trasformando un forno come un altro in uno dei punti di riferimento per i panettoni e i pandori in tutto il mondo. Oggi sono presenti con il loro bellissimo bar ed enorme laboratorio nella zona industrale di Arzignano, dove si producono oltre 20mila pezzi l’anno. Ma anche se i numeri sono impressionanti, il gusto non ci perde e quello di Olivieri 1882 è garanzia di fragranza e qualità della materia prima. La quantità di uova è pari a quattro volte quelle dei comuni panettoni in commercio e fra gli ingredienti troviamo l’uvetta sultanina australiana 5 Corone, le arance candite artigianalmente tritate finemente, le bacche vaniglia Bourbon del Madagascar, il burro Belga ottenuto per centrifuga.

Fratelli Roscioli (Roma)

Nella squadra dei fornai romani militano i Fratelli Roscioli dell’omonimo forno in via dei Chiavari. Si difendono sia con il panettone classico che con quelli creativi. La particolarità è che si può ordinare una pezzatura piccola, ma anche panettoni “famiglia” da 2-3, addirittura da 5 chili, tutti in versione mandorlata e non. Altra novità è la possibilità di richiedere i principali gusti di panettone impastati con un ricco burro di Saint Malò. Oltre al classico in catalogo ci sono il Panettone al cioccolato (anche con 3 cioccolati, esageriamo!), ma anche quello con pere e cioccolata, e ancora con visciole e cioccolato bianco e chi più ne ha più ne metta.

Lievito, pizza e pane (Roma)

Il giovane Francesco Arnesano, vero campione della pizza al taglio capitolina (ma è bravissimo anche con il pane e con le pizze tonde), è da qualche anno che si cimenta con il panettone con ottimi risultati. Tre impasti, lievitazione 36/48 ore, amalgamati da burro di affioramento di malga e farine biologiche macinate a pietra, il tutto da moltiplicare per cinque varianti (classico; pandoro, 3 cioccolati; marron glacé e caramello salato; albicocca, passion fruit e crema di pistacchio di Bronte). Merita una citazione il packaging, che quest’anno riprende la grafica dei cinepanettoni di vanziniana memoria.

Longoni (Milano)

Da uno dei panettieri simbolo di Milano, non ci si può che aspettare uno dei migliori panettoni della città dove questo dolce natalizio è nato. Filologico, il panettone di Longoni si presenta con il pay-off “Il Panettone è di tutti – Milano è di tutti” e rispecchia perfettamente la città in cui nasce. Per ribadire ancora di più il concetto, anche se sono ormai quasi introvabili, ci sono anche le bellissime confezioni che Longoni ha fatto con la Fondazione Fornasetti: dentro il panettone del fornaio meneghino, fuori un elegante packaging realizzato con un disegno del maestro.

Forno Brisa (Bologna)

Con tanta autoironia li definiscono “brutti ma buoni”. Sarà, ma i panettoni del bolognese Forno Brisa hanno conquistato i foodies a pieno titolo. Il segreto è nella lavorazione, che rispetta i canoni di questo panificio moderno, che ha fatto della sostenibilità la sua bandiera: lievito madre, farine e uova biologiche, canditi artigianali, burro di centrifuga, zucchero di canna bio. ll panettone di Forno Brisa è disponibile in version classica (poi c’è anche il pandoro, per restare sul tradizionale), con albicocche e cioccolato, al gianduia e speciale al caffè e cioccolato bianco.

Forno Sammarco (San Marco in Lamis – Foggia)

Qui non si chiama panettone ma Panterrone, a sottolineare le origini non proprio meneghine di questo lievitato, nato in un forno di famiglia che da alcuni anni si è fatto conoscere oltre i confini della provincia di Foggia. Artefice del successo di questo forno è Antonio Cera, che si diverte a rivalutare ingredienti poveri e di territorio, come il grano arso, che caratterizza alcuni degli impasti, oppure le olive celline che vengono candite e diventano un interessante condimento. Gli agrumi qui sono rigorosamente del Gargano e vanno non solo nel Panterrone classico, ma anche nel panettone dedicato.

SapoRè (San Martino di Buonalbergo – Verona)

È il vincitore della gara dei panettoni secondo il Gambero Rosso, che ne ha assaggiati oltre quaranta e ha deciso che il migliore in assoluto era quello di questo pizzaiolo, anzi, come ama definirsi “pizzaricercatore”. Renato Bosco è uno che non si ferma davanti al primo buon risultato, va oltre, ricercando appunto la perfezione. Panettone e pandoro tradizionali sono una certezza, ma se volete spingervi nel mondo della creatività ci sono anche il Recioc (con caffè e cioccolato bianco), l’AlbiRè (con albicocche e cioccolato) e l’AmaRè (cioccolato e amarene).

I Tigli (San Bonifacio – Verona)

Sono anni che è candidato in pectore per la prima stella Michelin a una pizzeria, intanto il grande Simone Padoan de I Tigli a San Bonifacio si diverte con i lievitati delle feste, che si possono ordinare sul suo shop online. Il panettone classico è tradizionale e punta sulla qualità delle materie prime: arancia e uva passava vengono dalla Sicilia, dove il pizzaiolo veneto si affida alle sapienti mani del grande Corrado Assenza, all’esterno il panettone ha una copertura golosa di glassa alla mandorla. Poi c’è la versione ai tre cioccolati, realizzata con doppio impasto, in cui la seconda prevede l’aggiunta di una morbida ganache a base di burro e cioccolato.

3Voglie (Battipaglia – Salerno)

Valentino Tafuri è un artista poliedrico dei lievitati. Comincia con la pizza, che si può mangiare alla sua 3Voglie di Battipaglia, in provincia di Salerno (due spicchi Gambero Rosso). Poi pian piano si affina anche nella preparazione di pane e di lievitati dolci come i croissant, quindi si cimenta con i panettoni. Ha recentemente messo a punto un laboratorio in cui ha più spazio per dedicarsi a queste preparazioni e per quest’anno propone il classico con arancia e uvetta, quello ai tre cioccolati e il più creativo è albicocca e cioccolato al caramello salato.

10 Bakery (Napoli)

Diego Vitagliano è uno dei migliori pizzaioli d’Italia, vincitore di decine di premi, che dopo il successo della sua colomba, si cimenta per la prima volta anche con il panettone. Diego Vitagliano ha presentato quest’anno il suo grande lievitato delle Feste firmato 10Bakery (il suo panificio a Napoli). Tanta ricerca e sperimentazione: il risultato finale è un grande lievitato soffice, che Vitagliano propone solo in due varianti, Classico e ai Tre cioccolati.

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È nata la Grande Bottega Italiana

È nata la Grande Bottega Italiana

Una nuova start up per conoscere e degustare le eccellenze italiane. Il tutto fatto con molto sentimento grazie a Davide Rampello e i suoi soci

Scoprire specialità gastronomiche significa raccontare storie. Le storie degli uomini che le hanno prodotte. E’ questo che provano a fare Davide Rampello, profondo conoscitore delle eccellenze enogastronomiche del nostro Paese oltre che ambasciatore nel mondo del Made in Italy, e Stefano Merlo, creatore di startup di successo con importanti trascorsi in ambito finanziario e digitale, grazie al progetto Grande Bottega Italiana, la Community di produttori esclusivi riuniti in una rete agricola, che porterà sulle tavole degli italiani il meglio della nostra tradizione. 

Come è nata l’idea

«Questa storia è iniziata dopo un mio viaggio in Basilicata – spiega Stefano – dove ho conosciuto tanti giovani agricoltori, appassionati del loro lavoro ma con l’esigenza di far conoscere i loro prodotti. Rientrato a Milano ho chiesto a Davide un supporto per poter essere d’aiuto a persone come i giovani lucani, con così tanto entusiasmo e coraggio ma pochi mezzi. La sua risposta è stata un sì immediato. E così mi sono imbattuto in Luigino, un agricoltore di un piccolo borgo a destra del Po, il quale, dopo aver raccolto nella sua proprietà 24 delle 33 razze bovine autoctone in estinzione, cercava un aiuto per il loro sostentamento. In quella struttura un po’ fatiscente ma dall’atmosfera armoniosa, Luigino chiamava ogni sua mucca per nome. Abbiamo deciso di aiutarlo a produrre derivati da latte da fieno. Insieme al nostro socio Luigi Barbarini, che è amministratore e proprietario dell’azienda agricola Mondo Piccolo, oggi produciamo 9000 forme di Parmigiano di altissima qualità utilizzando il latte delle mucche di Luigino. La peculiarità di questo modello di business è un modello misto». La capitalizzazione degli incontri di Davide in dieci anni di conoscenza del territorio e la creazione di una piattaforma digitale hanno fatto sì che ora 40 produttori di specialità agroalimentari italiane di grande qualità abbiano fatto rete e possano farsi conoscere grazie a Grande Bottega Italiana. «Il mercato del cibo – prosegue Stefano – è colmo di eccellenze organizzate in strutture degne di nota. Ma lì si va a fare la spesa. Da noi invece si affina un desiderio, che è una cosa diversa. Il desiderio nasce dall’esperienza e per fare esperienza bisogna essere informati, conoscere il prodotto e confrontarsi con i produttori. Il nostro obiettivo è formare una community tra produttori, allevatori e consumatori, che faccia della cura delle cose il proprio stile di vita. Che faccia le cose con sentimento».

Il vero valore di Grande Bottega Italiana

L’Italia scoperta da Davide e Stefano è il paese della cultura estensiva, dove il contadino è un artigiano, perché è lo studioso dell’ars agraria: tutto il suo lavoro è sostenibile per definizione, nella sua arte è insito il concetto di economia circolare, di non spreco. Dentro questa visione profondamente etica, dove c’è il senso vero e profondo della ricerca del buono, del giusto e del bello, c’è tutto un mondo da mettere assieme e da valorizzare. «Più che di prodotti, noi parliamo di storie di uomini – spiega Davide. Noi raccontiamo di tutti i Mario Rossi, i Gioacchino Rossini che producono un dato alimento. Ne raccontiamo i sogni, le speranze, le disgrazie: oggi questo è il vero valore, raccontare e far conoscere le storie di tutti questi uomini e donne».

Il focus di Grande Bottega Italiana è dato dall’olio extravergine di oliva, dal Parmigiano e dal pomodoro, ma l’idea è quella di allargare a tutte le biodiversità italiane. «Volevamo aspettare il momento giusto per presentare il nostro progetto – afferma Davide – una volta sicuri che tutto fosse stato a posto. La Grande Bottega Italiana nasce con questa sensibilità, non a caso abbiamo parlato di sentimento. Se c’è una cosa che si sta diluendo molto in questi anni è proprio il concetto del sentire, del sentimento, il concetto del ricordo, di memoria. E la nostra start up è nata per raccontare queste storie. Occorre capire di cosa abbiamo bisogno: va benissimo il cibo, gli alimenti, ma tutto questo è per creare una rete che sia un valore aggiunto per donne e uomini che vanno sostenuti, che vanno fatti conoscere. Noi parliamo anche di piccoli comuni, molti dei quali in via di abbandono. Questo spopolamento implica un degrado idrogeologico, è un’unica catena. I ragionamenti che ci hanno spinto a creare questa azienda sono partiti da questo tipo di visione, da questa sensibilità. Conoscere tutte le declinazioni di un territorio significa poterle conservare, non dimenticarle. Dalla parola sapore viene la parola sapere, la radice è la stessa. Se perdiamo sapori, perdiamo saperi. E’ proprio questo che volevamo comunicarvi».

L’Olio di Notte

Pier Luigi Cresciutini è un contadino viterbese che ha avuto una visione. Nel suo territorio, a Montefiascone, ha scoperto l’esistenza di oltre 100 mila ulivi abbandonati, molti dei quali già inglobati nel bosco. Pier Luigi ha deciso di salvarli. «E’ chiaro che lavorare su un ulivo che si sta inselvatichendo – spiega Davide –  significa applicare un sistema di potatura completamente diverso da quello usuale,  occorre ridare linfa alla pianta. Luigi ha anche elaborato un sistema di potatura adeguato a questo e ha messo in piedi una scuola per insegnare ai giovani questa nuova pratica. Ha avuto poi l’intuizione di raccogliere le olive di notte, per evitare l’ossidatura data dal sole e conferire così ancora più valore all’olio. L’oliva viene quindi raccolta e molita nel minor tempo possibile. Questo porta a un aumento per l’olio del 20-25% di polifenoli, un quinto in più dei valori consueti. Noi abbiamo deciso di aiutare Pier Luigi vendendo il suo olio, e tutto ciò che ha fatto lui, ecco fa parte di quel racconto che rende tutto un po’ magico».

L’oliva che sa di nespola

E per narrare meglio le storie di tutti gli agricoltori che fanno parte del progetto di Stefano e Davide, non si può tralasciare di dire che tra gli ulivi recuperati da Pier Luigi, ce ne è anche un tipo che si trova soltanto all’interno della città di Viterbo.  L’oliva che produce, molto grossa, aveva lo scopo di essere molita ma anche mangiata. Si tratta di un frutto molto particolare: per come è stata coltivata, e ha oggi come minimo 700 anni, non sa di carciofo, di erba o di cardo, ma di frutta, di nespola. E’ un unicum che si trova soltanto in questa parte di Italia. Per ogni litro di olio venduto, Pier Luigi riesce a recuperare una pianta. Un buon punto di partenza, senza dubbio!

Cosa offre Grande Bottega Italiana

Tra i tanti prodotti di Grande Bottega Italiana ci sono i box Sapori e Sapere, un insieme di referenze utili per la creazione di un piatto. Un esempio è la Tricolore Box: pasta, Parmigiano Reggiano, pomodori e olio per un magnifica porzione di pastasciutta. «La passata è fatta da Beppe Vessicchio, il direttore d’orchestra – spiega Stefano – che a Sarno ha sperimentato un metodo di coltivazione che è quello delle frequenze musicali, per poter lavorare sulle armonie molecolari dei pomodori San Marzano. E poi pasta di Gragnano trafilata al bronzo e olio extravergine di oliva di varie parti di Italia. Tra i progetti futuri, l’estero e la valorizzazione territoriale di alcuni di piccoli borghi italiani. Da lì si innescherà un sistema rete delle attività tipiche del territorio. Siamo soltanto all’inizio!».

> https://lagrandebottegaitaliana.com/

» Salsa di mirtilli – Ricetta Salsa di mirtilli di Misya

Misya.info

La salsa di mirtilli rossi è un ottimo accompagnamento per carni e formaggi, ma è così buona che secondo me potete anche mangiarla sul pane, proprio come se fosse una normale confettura. Certo, rispetto a una qualunque marmellata ha l’aggiunta del porto, quindi magari non è proprio adattissima per la prima colazione… ma in fondo l’alcol evapora in cottura, quindi si potrebbe anche provare 😉 Scherzi a parte, se anche voi apprezzate l’abbinamento delle famose polpette dell’Ikea con la loro marmellata di mirtilli rossi, dovete assolutamente provare a replicare questa salsa, usatissima in America per accompagnare il tacchino nel giorno del Ringraziamento (è la famosa cranberry sauce), e che voi ovviamente potete servire con qualsiasi arrosto della domenica 😉

 

Lavate i mirtilli, mondateli e metteteli in un pentolino con zucchero, miele, porto e succo e buccia di arancia.

Portate a bollore e lasciate cuocere per almeno 30 minuti, mescolando ogni tanto.

La salsa di mirtilli rossi è pronta: servitela a temperatura ambiente.

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