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Il cibo del futuro: l’esperta racconta la tavola nel 2050

Il cibo del futuro: l'esperta racconta la tavola nel 2050

Ormai, anche in Italia, si parla di orti verticali o subacquei.

«Sì, perché siamo consapevoli che ci saranno sempre meno acqua e terra da coltivare. In mancanza di risorse, questi metodi di produzione, che non richiedono nulla se non quello di cui ha bisogno la pianta, sono dei modelli che vanno ben oltre il biologico».

Il passo successivo quale sarà?

«Esistono già coltivazioni, come i sistemi aeroponici e idroponici sviluppati per essere asettici, dove l’uomo non può entrare in quanto rappresenta un elemento contaminante. Le piante crescono solo con luce, acqua e i nutrienti necessari».

Sembra quasi eccessivo…

«No, se lo si trasporta in ambienti desertici e urbani o in situazioni extraterrestri: si pensa già allo spazio. Oggi si parla di orti subacquei in Italia, certo, ma in Giappone si usano da quarant’anni: è un preludio alla vita su altri pianeti».

Sulla sua tavola c’è un panettone: strano, vista la stagione.

«È un assaggio del futuro prossimo. Si tratta di un prototipo di quello che, per Pastiglie Leone, abbiamo ideato per il Natale 2022, con le nostre gelatine al posto dei canditi. Innovazione nella tradizione».

Perché ha deciso di rilanciare un marchio fondato nel 1857?

«Perché Luigi Leone è stato un grande innovatore della sua epoca. Pensi a un piccolo imprenditore che parte da una bottega e decide di servire uno zuccherino come digestivo, lo mette in latte ricaricabili e portatili, un’idea modernissima. Quella latta, rimasta uguale fino a oggi, è una piccola capsula nel tempo. Inoltre, le famose pastiglie di zucchero si producono ancora con le macchine industriali brevettate a inizio Novecento e sono addizionate con estratti puramente vegetali come quello di violetta, uno dei gusti da sempre più amati. Adesso si parla molto di foraging e di uso in cucina delle erbe spontanee, ma il futuro era già scritto».

Riciclo e tradizione: i buoni piatti fatti con gli avanzi

La Cucina Italiana

Nella Giornata Internazionale contro gli sprechi alimentari, dedicare la nostra cucina al riciclo è doveroso, oltre che gustoso. Se pensiamo a un ricordo d’infanzia insieme ai nonni, può venire in mente una frase del tipo «mi raccomando finisci il piatto». È certo e risaputo che i tempi di crisi abbiano messo di fronte le persone a una consapevolezza maggiore di quanto si viva normalmente. Una pratica comune delle nonne è infatti sempre stata quella di creare piatti di recupero per il semplice fatto che «non si butta via o spreca niente». Da qui nascono molti piatti della nostra cultura gastronomica che hanno definito le nostre tradizioni. Oggi si ritorna quindi a guardare al passato con rispetto e con la speranza che da lì si trovino i mattoni migliori per costruire un futuro rispettoso della nostra madre Terra.

Niente sprechi: pane e pasta

Oltre a essere due degli elementi più iconici e significativi della cucina italiana, sono anche due dei prodotti più riciclabili nella cucina di tutti i giorni. Pensiamo al pane, riutilizzabile, quando è secco, per fare crostini per la minestra o le bruschette da guarnire con il pomodoro. Oppure da ottimo in una fresca panzanella. E poi chi non ama i canederli? Un piatto sia estivo sia invernale da mangiare in brodo, al formaggio o nelle sue varianti. Per i più golosi, il pane si può anche utilizzare per fare un budino.

E la pasta invece? Chi non ha in mente una di quelle scene in spiaggia in cui la mamma o la nonna tirano fuori il timballo di pasta dalla borsa frigo da mangiare sotto l’ombrellone. L’avanzo di pasta si presta infatti benissimo al riutilizzo nei giorni successivi, mettendola in una pirofila in forno con aggiunta di extra parmigiano e perché no, in alcuni casi anche di un po’ di mozzarella e prosciutto cotto da far fuori nel frigo. Per chi non avesse voglia di usare il forno, un’ottima alternativa è la frittata di pasta in padella!

Le torte salate e le frittate

Entrambe le soluzioni privilegiano il riciclo svuota-frigo. La quiche o torta salata si presta infatti tantissimo a mettere dentro tutto ciò che si ha in frigo (dalle verdure ai formaggi, fino alle uova) per evitarne lo spreco, ottenendo così un perfetto piatto unico veloce e gustosissimo! Le frittate in versione spagnola si chiamano tortillas e sono una perfetta opzione per chi ha troppe patate e non sa come usarle, senza buttarle.

Carne e pesce

Qui ci si addentra nel cuore della tradizione di molte regioni italiane. Le frattaglie rappresentano infatti molti dei piatti tipici della nostra tradizione, spaziando dalla trippa, ai nervetti, alla lingua. E chi più ne ha più ne metta. Insomma sono tutti i pezzi non nobili dell’animale che non vengono scelti normalmente, ma che, cucinati bene, sono ottimi e antispreco, non solo sulla tavola, ma anche per l’ambiente. Come si suol dire: «Del maiale non si butta via niente»: un’affermazione che si può facilmente adattare a molti altri animali, andando oltre al concetto di riciclo. E poi: se vale per la carne perché non dovrebbe valere per il pesce? Anche del pesce non si butta via nulla. Un esempio? La zuppa di pesce è un’ottima opzione per far fuori lische e scarti. Anche una buona pasta con il pesce avanzato dal giorno prima è un modo perfetto per eliminare saggiamente gli avanzi e stare, così, un più in pace con noi stessi e con il nostro pianeta.

Non vi resta che agire, ridurre lo spreco sin dalla cucina con ricette riciclo:

Budino di pane

Ricette antispreco: l’arte del riciclo

Ricerche frequenti:

Pane frattau: la ricetta sarda col pane carasau

La Cucina Italiana

A una prima occhiata potrebbe sembrare quasi una pizza un po’ strana, ma guardate più da vicino: questo è pane frattau (o pane fratau, con una sola t), un piatto della tradizione sarda, originario della Barbagia, zona centrale della Sardegna.

Il pane frattau consiste in una base di pane carasau ammorbidito nel brodo e condito con pomodoro, l’immancabile pecorino e un uovo cotto in camicia. Una ricetta semplice e antica, da provare a casa con alcuni consigli preziosi da parte di chi lo prepara ogni giorno. Ma partiamo dalle origini.

Pane frattau: origine

Secondo la leggenda, il pane frattau fu inventato dalle massaie sarde in occasione della visita in Sardegna del re Umberto I, per sorprenderlo con i pochi ingredienti che avevano a disposizione: pane carasau, conserva di pomodoro, pecorino grattugiato e uova del pollaio. Un piatto povero che entrò presto a far parte della tradizione dell’Isola.

La storia del pane frattau è da ricercare anche nel suo nome, che ne svela l’anima anti spreco. Fratau significa infatti grattugiato o ridotto in pezzi: in origine, i pastori in transumanza portavano con sé il pane carasau, l’acqua e un pezzo di pecorino o di salsiccia, il tutto riposto nella taschedda, un piccolo zaino in pelle; al ritorno a casa, il pane carasau che si era rotto in piccoli pezzi veniva recuperato proprio in questo modo, bagnandolo nell’acqua o nel brodo per ammorbidirlo e abbinandolo ai semplici ingredienti della tradizione contadina.

Pane frattau: ricetta

Come si prepara il pane frattau? L’abbiamo scoperto in un luogo dove il pane è protagonista: la Panefratteria di Sassari, una vera e propria trattoria del pane, guidata dal cuoco Paolo Pintus. Pane fratau, zuppa gallurese e zichi, tipico pane sardo, sono alcune delle specialità da assaggiare, ricette tramandate grazie alla passione di suo padre Giovanni e all’esperienza nel suo storico ristorante Li Lioni di Porto Torres, aperto 40 anni fa e guidato ancora oggi dagli altri fratelli Pintus.

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