Tag: ricetta di pizza

50 ricette al forno in teglia

50 ricette al forno in teglia

Torte dolci e salate, pesce, verdura e carne al forno, ma anche l’immancabile pizza e qualche sorpresa. Ecco cosa fare in teglia

Il forno acceso e la teglia. Partiamo da queste semplici basi per cucinare 50 ricette dall’antipasto al dolce, dal pesce alla carne, per accontentare tutti. Ma prima di infornare, qualche indicazione.
Se la vostra teglia non è antiaderente, abbiate cura di stendervi la carta forno per evitare che il cibo si attacchi, se si tratta di una pirofila di ceramica vi consigliamo di imburrarla. Se dovete cucinare un piatto con molto volume, come una torta salata, procuratevi invece una teglia con cerniera laterale e base sfilabile: vi consentirà di sformare al meglio il piatto. Scegliete teglie in acciaio, ferro e alluminio per tutte le preparazioni e preferite quelle in rame per ricette che richiedono una forte conduzione di calore.

Diamoci da fare

Accendete ora il forno e preparatevi a cucinare: focaccia farcita con verdure autunnali e squacquerone, timballo «delle rose», cannelloni alla siciliana, pizza con peperoni, olive e capperi, gnocchi alla sorrentina, tiella di riso, patate e cozze, la ricetta pugliese, torta di rose, la ricetta buonissima, pan brioche al forno con ricotta e lamponi, lasagne classiche, cipolle di Tropea al forno con caciocavallo, bignè croccanti, paccheri di Gragnano gratinati, filetto di ricciola e cavolfiore con pesto di pomodori secchi, teglia di croissant con panna e fragole, focaccia all’olio extravergine d’oliva, spinaci gratinati, focaccia rustica all’uva, roast-beef in crosta di sale, arrosto di vitello con albicocche e fichi secchi, teglia di porri al vermut, pizza con cime di rapa, lasagne al radicchio di Treviso, noci e gorgonzola, pasta al forno con cime di rapa, torta paesana, focaccia al formaggio ligure, san Pietro al forno al finocchietto e limone, minestrone gratinato, teglia di asparagi e porri gratinati, uova al forno con latte di cocco al coriandolo, pizza bianca con crescenza e aparagi, pollo al forno con patate e carciofi, boccioli multicolore in teglia, teglia di ortaggi colorati, focaccia con burro e acciughe, arrosto cotto all’antica ma con i datteri, pera cotta al forno, torta salata nera con Seppie & Co., finocchi gratinati alla cannella, pasticcio di lasagne con ortaggi, riso aromatico in forno con feta e olive, pizza con melanzane fritte, piadine in torta di rose, patate al forno, crostata di pomodori, lasagne e verze al ragù di salsiccia, pizzoccheri valtellinesi, frittata di patate gratinata, gallinelle e peperoni al forno, ortaggi d’inverno al forno, torta salata di cozze e gli gnocchi alla romana con ortaggi misti e petali.

Le nostre 50 ricette da preparare in teglia

» Lemon rolls – Ricetta Lemon rolls di Misya

Misya.info

Preparate l’impasto: mettete gli ingredienti secchi in una ciotola, quindi iniziate ad incorporare quelli liquidi (latte e uovo).

Lavorate fino ad ottenere un panetto omogeneo, quindi coprite con pellicola trasparente e lasciate lievitare per almeno 2 ore o fino al raddoppio.

Preparate la farcitura, mescolando lo zucchero con la buccia di limone e facendo sciogliere e intiepidire il burro.
Una volta raddoppiato l’impasto, riprendetelo, sgonfiatelo delicatamente con le mani e stendetelo sulla spianatoia infarinata, creando una sfoglia rettangolare (da 48×35 cm circa), che andrete a spennellare con il burro e poi a cospargere con lo zucchero al limone.

Arrotolate strettamente la sfoglia su se stessa dal lato più lungo, quindi dividete in 12 girelle da circa 4 cm l’una, disponendole man mano sulla teglia rivestita di carta forno, ben distanziate tra loro.

Lasciate lievitare per almeno altri 30 minuti, quindi cuocete a 180°C, in forno ventilato già caldo, per circa 30 minuti o fino a doratura.

Lasciate raffreddare per bene i rolls, poi preparate la glassa lavorando il formaggio con zucchero, succo di limone e buccia grattugiata.
Guarnite le girelle con la glassa così ottenuta.

I lemon rolls sono pronti, non vi resta che gustarveli.

Il marroncino di Melfi e i calzoncelli della Basilicata

Il marroncino di Melfi e i calzoncelli della Basilicata

Una “fantasia amorosa” importata, forse, da Federico II nel Vulture-Melfese che, nei secoli, ne ha caratterizzato il paesaggio e la tavola: è il Marroncino di Melfi, la castagna tipica lucana

Nell’autunno dai mille colori, tra i rami di un’enorme foresta di faggi, cerri, lecci e, soprattutto, castagni, s’alza in volo un nibbio reale. Sovrasta una grande nuvola di fumo, che proviene dalle mille Varole ardenti, per rubare un dolce fagottino e portarlo al suo amato sire, Federico II di Svevia. Se poi il cauzunciedd è fatto dalle candide mani di una graziosa madonna melfitana, sarebbe proprio la fiaba ideale per tratteggiare il marroncino di Melfi e i suoi calzoncelli al mosto di Aglianico del Vulture.

Storia del marroncino

Il primo europeista della storia, poliglotta, scienziato, letterato e tanto altro ancora, Federico II di Svevia, l’imperatore tedesco-normanno che dedicò la vita all’edificazione di un grande impero mediterraneo, forse, fu proprio lui a importare il marroncino a Melfi dalla Turchia. Tra Melfi, Rionero, Rapone, Barile e Atella ci sono tra gli 800 e i 1000 ettari (di cui ben più di 500 nel solo territorio di Melfi) di terreno destinato alla produzione di questa specialità. La produttività dell’area si stima dai 20 ai 50 quintali a ettaro. Alcuni studiosi, infatti, ritengono che proprio sotto il regno di colui che amava il Vulture in tal modo da promulgare qui la più grande opera legislativa laica dal Medioevo fino all’età napoleonica, le cosiddette Costituzioni Melfitane (Liber Augustalis), siano sorti i primi castagneti. Lentamente, i castagneti sono diventati elementi essenziali del paesaggio ai piedi del Vulture. Un vulcano spento dalla forma conica aperta, che ricorda l’apertura alare di un volatile, per cui sarebbe stato paragonato a un avvoltoio. Monte Vulture, monte Avvoltoio: patria di nibbi reali, falchi pecchiaioli, gufi reali e altri rapaci che attraversano i cieli. La regalità dei rapaci: altro motivo per cui lo “Stupor Mundi” si recava periodicamente in questa terra, stabilendosi per lunghi periodi nei castelli di Lagopesole e Melfi. Qui le lunghe giornate di caccia ispirarono il suo trattato De arte venandi cum avibus. Arte ancora praticata dai numerosi falconieri lucani che, proprio nei boschi e tra i castagni del Vulture, fanno allenare e cacciare i propri rapaci.

L’intero Vulture-Melfese è così intimamente legato alla sua castagna che dal 1960 si festeggia in tutte le sue mille declinazioni nell’attesissima Sagra della Varola, sicuramente tra i più importanti e seguiti appuntamenti gastronomici lucani. Si tratta di una tradizione che si ripete ogni anno il penultimo weekend di ottobre a Melfi. Qui il marroncini sono arrostiti in un enorme recipiente bucherellato, la Varola, e trasformati in caldarroste, ma anche in gelati, castagnacci, birra, pasta, crema di marroni, liquori e tanto altro ancora.

Il marroncino di Melfi, in attesa di IGP, è una castagna molto adatta a essere consumata fresca, quindi ricercatissima per produrre marron glacé; è di grossa pezzatura e di forma tondeggiante; ha un colore marrone lucido con striature evidenti e si raccoglie in settembre e ottobre. La tradizione vuole che la raccolta sia opera soprattutto delle donne, che in un sol giorno riescono a mettere insieme dai due ai tre quintali. Tra queste donne potrebbe celarsi la reincarnazione della regale fantasia amorosa che sedusse l’imperatore con un gustoso cauzunciedd lacrimante d’Aglianico del Vulture, la cui ricetta non è più un amoroso segreto.

Ingredienti per 4 persone

Impasto
1 kg di semola rimacinata (farina di grano duro)
1 bicchiere di zucchero
1 bicchiere di vino bianco
1 bicchiere d’olio d’oliva
5 uova

Ripieno
1 kg di castagne Marroncino di Melfi
800 g di zucchero
¼ di litro di mosto cotto d’Aglianico del Vulture
1 bustina di vanillina
100 g di cacao amaro
100 g di cioccolato fondente
2 pugni di mandorle tostate
200 g di ceci lessi
1 pizzico di cannella
1 chiodo di garofano
1 bicchiere di mosto cotto d’Aglianico del Vulture
olio per friggere

Procedimento

L’impasto per la sfoglia si ottiene amalgamando tutti gli ingredienti fino a ottenere un composto morbido, ma non appiccicoso. Si lascia riposare 15 minuti e poi si tira una sfoglia da tagliare in strisce larghe e sottili.

Per il ripieno si mette in una casseruola il mosto cotto d’Aglianico del Vulture e il cioccolato, a fiamma molto moderata. Quando il cioccolato si sarà sciolto si possono aggiungere piano piano tutti gli altri ingredienti. Infine si versa lo zucchero gradualmente e si lascia cuocere a fiamma bassa per 20 minuti circa. Si deve formare un composto omogeneo, ma non molto sodo, poiché si solidificherà raffreddandosi.

A ripieno freddo, con un cucchiaio mettere la crema sulle strisce di sfoglia e chiuderla, dandole la forma dei calzoncelli (ovvero dei ravioli). Friggerli e, dopo che si sono raffreddati un po’, versarci una lacrima di mosto prima di servirli.

Questo è un piatto tradizionale della Basilicata che, oltre a inneggiare a tutto il gusto del marroncino appena colto, è anche il dolce tipico delle feste natalizie.

Ricerche frequenti:

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