Bepo Maffioli, dal tiramisù a “La grande abbuffata”, il gastronomo da (ri)scoprire

Bepo Maffioli, dal tiramisù a “La grande abbuffata”, il gastronomo da (ri)scoprire

Dopo aver insegnato per alcuni anni, Maffioli si dedicò poi anche all’attività di attore, spolverando l’antico teatro veneto. Ha recitato infatti in diverse opere di autori come Carlo Goldoni e Ruzante, interpretando vari ruoli, fino a diventare regista. Ha diretto attori famosi come Lino Toffolo, Tino Carraro, Cesco Baseggio e Toni Barpi. È persino stato regista ufficialedella compagnia Dramma Italiano di Fiume, l’unico teatro stabile di lingua italiana al di fuori dell’Italia.

Maffioli ha anche recitato come caratterista in alcuni film che sono rimasti celebri. Nel 1969 interpretò il ruolo del rancoroso mutilato di guerra Nicola Parigi in Il commissario Pepe con Ugo Tognazzi; nel 1973 prese parte al film La grande abbuffata di Marco Ferreri, in cui ricopriva pure il ruolo di consulente gastronomico e food stylist ante litteram, grazie anche alla sua enorme conoscenza tecnica e culturale della cucina francese (di cui l’intellettuale possedeva una collezione gigantesca). Nel 1974 lavorò poi nel film Il bestione di Sergio Corbucci, affiancando Giancarlo Giannini nel ruolo del camionista veneto soprannominato Supershell: il suo personaggio è diventato famoso per la scena della trattoria, in cui decanta un Tocai del Collio.

Maffioli ha anche scritto per il cinema, collaborando alla sceneggiatura di film come Papa sarto del 1964 e al film biografico su Carlo Goldoni Il prete rosso del 1965.

Morì di diabete a 60 anni appena compiuti, nel 1985, a Treviso, città dove abitò per tutta la vita.

L’Archivio Giuseppe Maffioli

Per onorare il contributo dei lavori di Bepo, nel tempo gli sono state dedicate due istituzioni: l’Istituto Alberghiero I.P.S.S.E.O.A. di Castelfranco Veneto e il teatro a Caerano di San Marco, che fa parte di una fondazione culturale di cui è stato presidente Mirko Sernagiotto, che oggi cura (insieme a Elisa Carrer) l’Archivio Giuseppe Maffioli.

Secondo Sernagiotto, Maffioli non è stato realmente dimenticato: «Sulla cucina si è speso moltissimo. Non è stato cancellato dalla memoria, ma è tenuto in considerazione da chi ha connessione diretta con la gastronomia. Nell’ambito della recitazione, non è mai stato divo del cinema, ma ha interpretato egregiamente certi ruoli. Forse il motivo per cui non è rimasto nella memoria popolare è adducibile al fatto che, personaggio complesso e dalle mille sfaccettature, non è mai stato facilmente collocabile, correndo il rischio di essere figlio di troppe cose».
Cinque o sei anni dopo la sua morte, la sorella maggiore donò tutta la biblioteca e l’archivio del fratello alla provincia di Treviso. Purtroppo, in Italia può succedere che ciò che è donato viene dimenticato o bistrattato, come in questo caso. Il materiale passò poi all’Alberghiera di Castelfranco Veneto, che chiaramente in quanto scuola non ha tutti gli strumenti per prendersi cura di una mole tale di documenti. Alla morte della sorella di Maffioli, gli eredi chiamarono Sernagiotto per proporgli tutto il resto del materiale di cui erano ancora in possesso, così adesso esiste l’Archivio (sebbene residuale) che contiene preziosi documenti e foto legati all’intellettuale veneto. «Col centenario speriamo di riportare luce su Maffioli, ma è anche normale nella vita che certe figure vengano un po’ trascurate, non ci voglio vedere nessuna malizia», dice sempre Mirko Sernagiotto, che mi spiega anche il vero contributo di Maffioli all’enogastronomia italiana. «Ha fatto capire che l’elemento culturale in cucina era fondamentale, cosa estranea agli italiani negli anni 60 e 70, in cui si mangiava per nutrirsi. È per questo che, ancora oggi, la gastronomia trevigiana lo celebra e i cuochi della zona lo citano in continuazione».

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