Lo scugnizzo di Atlanta: la pizza napoletana viaggia su tre ruote

Lo scugnizzo di Atlanta: la pizza napoletana viaggia su tre ruote

30Giovane, giovanissimo: Alessio Lacco ha soltanto trent’anni, ma già da 12 vive negli Stati Uniti. È partito dal Vomero, da là, cioè, dove avrebbe potuto “accontentarsi” di vivere in uno dei quartieri più belli di Napoli. E invece non si è accontentato affatto e altrove, nella sua Atlanta appunto, si è inventato tutto un mondo.

Dopo aver girovagato e vissuto tra New York, Miami, Los Angeles e San Francisco, si è messo in testa, infatti, di portare la pizza napoletana ovunque: fuori alle scuole o fuori ai parchi, ai matrimoni e ai grandi eventi, in mezzo alla strada, assai più semplicemente. Come? Spostandola su tre ruote.

Ha preso un vecchio Ape, l’ha importato originalissimo dall’Italia e l’ha rimesso a nuovo che ora sembra un gioiello. Poi ci ha montato sopra un forno. Pure quello costruito in Italia, e non un forno qualsiasi: proprio un autentico forno a legna.

Quando passa per strada, lui e i suoi occhialetti misti al suo sorriso, a bordo della sua astronave della felicità (tutta azzurra come il cielo e come il mare di Napoli), è impossibile non notarlo. E deve anche a questa estetica di festa una grossa fetta del suo successo.

Tutto il resto, neanche a dirlo, Alessio e la sua creatura “Atlanta Pizza Truck” lo devono al buono.

«Agli ingredienti italianissimi, a partire dalla farina Caputo, compagna fidata dei miei primi esperimenti e di tutti tutti questi anni». Non solo un marchio, «ma un concetto e una tradizione antica ma evoluta su cui poggiare il meglio del meglio dei pomodorini rossi e gialli del Piennolo del Vesuvio e delle nostre mozzarelle, normali e di bufala».

“Normali” si fa per dire perché talmente buone da grattare il cartone e da leccarsi le dita.

Lo devono al buono, sì: ma anche e soprattutto al cuore.

«Senza mia moglie, non saremmo mai stati qui a raccontarci di niente di tutto questo: da impiegato, a disoccupato (causa pandemia), a imprenditore, persino di successo. Ribadisco: grazie a lei, a Sofía, la vita mia». Ha gli occhi lucidi e quasi gli scappa una lacrimuccia.

«Un successo tutto nostro. Io sono soltanto un pizzaiolo, lei è una manager brillante, di certo una persona straordinaria. Non a caso, me la sono sposata!», ora torna a ridere, e lo fa di vero gusto. Infine, rilancia addirittura oltre: «Peraltro, proprio di recente ha imparato anche a fare la pizza: oramai mi ruba il mestiere!», sbotta in un’altra risata. E chiude: «Si è pure iscritta a “Women in Pizza”, un’associazione fondata da Orlando Food che riunisce le donne in prima linea sul fronte di questo meraviglioso business, che in realtà è più un amore grande».

E ancora, che show vederli all’opera tra ville, ricevimenti e sposi. Quante risate, e quanti morsi per una pizza che non a caso è il cibo più amato, più noto e più cliccato del mondo. Quanto entusiasmo negli occhi di questo ragazzo che, fin quaggiù, fin da quest’altra parte dell’Oceano, tutti chiamano scugnizzo. Lo “scugnizzo di Atlanta”: ambasciatore di Napoli, di pizza e di felicità.

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