Filetti di alici, fino in fondo nel sapore. Storia e ricette

Filetti di alici, fino in fondo nel sapore. Storia e ricette

È il turno dei filetti di alici. Non c’è Paese al mondo con tanta ricchezza e varietà di prodotti, naturali come li regala il territorio o lavorati da mani esperte in modi semplici, che sono antichi e insieme i più contemporanei. Prosegue il viaggio alla scoperta delle nostre bontà, da quelle più conosciute a quelle meno note lontano dalla zona di produzione.
Filetti di alici: una sapidità concentrata e ricca di sfumature, che diventa speciale grazie al carattere dei mari italiani e alla qualità delle lavorazioni.

Filetti di alici

Le più pregiate sono quelle del mar Cantabrico, le più economiche arrivano dal Marocco, ma solo in Italia troviamo l’alta qualità diffusa e i prodotti artigianali più ricercati, anche se si tratta delle popolari acciughe (peraltro ricchissime di antiossidanti, proteine e vitamine). La pesca va da marzo a ottobre e si pratica nell’Adriatico, dove le acciughe sono delicate e quasi prive di grasso; nel Tirreno, in cui hanno carni più sode, e nel Canale di Sicilia, le cui correnti garantiscono grandi ricambi d’acqua e di sostanze nutritive. Costante è l’attenzione alla pesca sostenibile fatta con l’antico metodo a lampara (lampada) e cianciolo (rete da circuizione) o usando la menaica, barca attrezzata di rete a maglie larghe per trattenere solo le alici grandi, lasciando scappare le piccole. Nel giro di poche ore dal termine del lavoro degli uomini in mare, sono poi prevalentemente le donne impiegate nelle industrie a confezionare i filetti ben ordinati, dopo aver provveduto alla scapatura manuale (l’eliminazione di testa e visceri) e fatto «maturare» la carne nelle vasche in salamoia. A quel punto, serve ancora la stessa cura per dissalare parzialmente il pesce, ripulirlo dalle squame e sfilettarlo. Infine, in vasetti di vetro o in piccole confezioni di latta, sotto sale, sott’olio, aromatizzate, trasformate in colatura, da pesce definito povero, ecco le alici diventare un’eccellenza gastronomica

Filetti di alici: carta d’identità

STORIA – Le alici venivano conservate già ai tempi dei Greci e dei Romani, che ne ricavavano anche una salsa, il garum, facendole fermentare sotto sale insieme con i visceri.

NOME – Alice o acciuga? Non c’è differenza: il piccolo pesce azzurro della specie Engraulis encrasicolus si può chiamare in tutti e due i modi. L’uso però definisce «acciuga» il pesce fresco o sotto sale, e «alice» quello ridotto in filetti, in genere sott’olio.

DENOMINAZIONI – Sono Igp le acciughe sotto sale del mar Ligure, Dop la colatura di alici di Cetara, un condimento tipico del Salernitano.

SCELTA E CONSERVAZIONE – In vetro o in scatolette, scegliete sempre filetti interi. Che sia sotto sale o sott’olio, il pesce raggiunge la piena bontà dopo due mesi dal confezionamento. Si conserva in ambienti freschi (non in frigo).

TRADIZIONI – L’acciugata con capperi, burro e olio è una salsa toscana per i bolliti; le acciughe al verde sono un antipasto piemontese preparato con prezzemolo, aglio e olio di oliva.

10 ricette con le alici

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