Italian Sounding: l’UE dichiara fuorilegge “Parmesan” e non solo

La Cucina Italiana

L’Unione Europea ha dichiarato fuorilegge l’Italian Sounding. Vuol dire che non sarà più possibile per i produttori stranieri usare nomi simili a quelli di prodotti tradizionali italiani tutelati da DOP e IGP. È questa la novità più attesa del Testo Unico per la Qualità Ue: una serie di regole per tutelare i prodotti agroalimentari, ma anche vitivinicoli e gli alcolici dell’Unione. Se ne discute da anni, ma solo ora sono state appena approvate a Bruxelles. Un risultato che l’Italia attendeva con particolare apprensione, dato che siamo uno dei Paesi più penalizzati dato che vantiamo il più alto numero di DOP, e che diventato realtà dopo l’accordo fra l’Europarlamento con relatore l’italiano Paolo De Castro e i negoziatori di Consiglio d’Europa (il ministro spagnolo Luis Planas) e Commissione europea (il commissario Janusz Wojcechowski).

I 120 miliardi dell’Italian Sounding

Di fatto è la fine di un’era: l’Italian Sounding per anni ha concesso a migliaia di aziende di tutto il mondo di usare denominazioni simili a quelle delle nostre eccellenze per vendere a caro prezzo formaggi, salumi, vini, distillati e molto altro ancora, che con queste eccellenze nulla hanno a che fare. L’elenco è lungo: va dal “Parmesan” – il falso Parmigiano probabilmente più famoso – al “Prosek” croato e persino fantomatici “aceti balsamici di Cipro”. Un affare che – secondo le stime Coldiretti – vale 120 miliardi di euro nel mondo. 

Le nuove regole, nel dettaglio

Il nuovo regolamento entrerà in vigore nei primi mesi del 2024, dopo gli ultimi passaggi formali in Parlamento e Consiglio Europeo. «Farà evolvere un sistema senza eguali nel mondo, capace di generare valore senza investire alcun fondo pubblico», ha commentato Paolo De Castro, primo sostenitore del testo, membro della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, nonché ex ministro delle Politiche Agricole, spiegando che le nuove regole mirano a rafforzare ulteriormente il ruolo dei marchi DOP e IGP in Europa, e dei loro consorzi. 

Appena entreranno in vigore su ogni etichetta dovrà esserci  anzitutto il nome del produttore, a ulteriore garanzia della sua provenienza, e le richieste di registrazioni di nomi simili a quelli tradizionali non potranno essere più prese in considerazione. Per intenderci: casi come quello della richiesta che la Croazia ha fatto all’Unione Europea per denominare “Prosek” il suo vino, non potranno più essere nemmeno prese in considerazione, in quanto “Prosek” troppo simile all’italianissimo Prosecco DOP. Oltre a questo, nessun produttore porrà utilizzare i nostri prodotti IG (a indicazione geografica, categoria usata esclusivamente per superalcolici e vini aromatizzati) come ingredienti dei propri prodotti trasformati senza indicare le specifiche quantità in etichetta e senza aver informato i rispettivi consorzi o aver avuto l’autorizzazione quando necessaria. Entrerà anche in vigore un sistema di geoblocking per cui anche i domini internet illeciti saranno bloccati con un alert system che sarà ottimizzato dai singoli Stati. 

Non è finita: potrebbe essere solo l’inizio, perché i singoli Stati potranno ulterioremente rafforzare il sistema di tutela delle proprie Dop e Igp, prevedendo procedure di autorizzazione a livello nazionale ancora più stringenti.

Perché la Dop Economy è strategica

«Si tratta di un risultato importante per l’Italia e per i Paesi che nelle indicazioni geografiche hanno non soltanto interessi economici, ma anche sociali», ha spiegato il relatore del provvedimento Paolo De Castro. «Il Testo Unico della Qualità tutelerà più di quattromila indicazioni geografiche in Europa, di cui 800 italiane. È stato un percorso lungo e faticoso, durato più di due anni, ma alla fine il risultato premia chi da sempre si batte per i prodotti della Dop economy, che non sono curiosità grastronomiche, ma rappresentano un pezzo importante dell’economia europea che ha ricadute importanti anche per il turismo, producendo valore che si distribuisce lungo la filiera. Abbiamo dato più forza ai consorzi e tutelato le produzioni, anche attraverso precisi obblighi di trasparenza nei confronti dei consumatori, come l’indicazione sull’etichetta del nome del produttore».

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