Stop al fumo anche nei dehors di bar e ristoranti

La Cucina Italiana

Niente più sigarette dopo l’aperitivo, il caffè, la cena, nemmeno tra i tavolini all’aperto di ristoranti e bar. Tra i divieti previsti dalla bozza del provvedimento antifumo del ministro della Salute Orazio Schillaci, ci sono anche questi che riguardano i dehors. Un divieto totale, insomma, che si aggiunge a quelli preannunciati che riguardano, tra gli altri, fermate di metro, bus (come già succede a Milano) e traghetti, ma anche anche i parchi dove in presenza di bambini o donne incinte non si potrà fumare se non a distanza di due metri (come d’altronde già avrebbe dovuto suggerire il buon senso). Non fanno eccezione le sigarette elettroniche: dopo anni di sostanziale deregolamentazione, ora cominciano a subire limitazioni e, di fatto, a essere equiparate a quelle tradizionali.

Cosa succederà in bar e ristoranti

La stretta sui locali pubblici resta però tra quelle che stanno destando più scalpore: sarà un netto cambiamento di abitudini, e richiederà una riorganizzazione di ristoranti e bar. Se vorranno accogliere fumatori dovranno infatti farlo in spazi separati, cioè apposite aree fumatori, e sempre all’aperto, e quindi si ritroveranno inevitabilmente a dover fare i conti con problemi di spazio. Inoltre i locali pubblici avranno il compito di segnalare chi infrange il divieto: chiamare i vigili che a loro volta potranno comminare una multa di 275 euro, ridotta del 50% se si paga entro 60 giorni.

Bisognerà riabituarsi. È da vent’anni, del resto, che chi fuma non lo fa più all’interno di ristoranti e bar. Risale al marzo 2023, infatti, la legge Sirchia (entrata poi in vigore il 10 gennaio 2005) che ha imposto il divieto di fumo all’interno dei locali pubblici. Una piccola rivoluzione, che l’Italia ha avviato dopo Irlanda e Finlandia, terza in Europa. Con il divieto all’aperto arriviamo con un certo ritardo, invece: per esempio in Svezia non si può fumare all’aperto già dal 2019, a Parigi non si può fumare nei parchi e a Barcellona è vietato in spiaggia.

Perché il fumo passivo fa male anche all’aperto

Il provvedimento era necessario, non solo per allinearsi: serve a tutelare la salute dei non fumatori, oltre che come deterrente per chi invece fuma. Il fumo passivo fa male anche all’aperto: come ricorda la Fondazione Veronesi negli Usa l’Agenzia per la protezione ambientale ha provato che la differenza fra fumo passivo outdoor o indoor è solo la concentrazione delle sostanze nocive e che non esiste un livello sicuro di esposizione. E poi il fumo incide sulla qualità dell’aria, dato che la sigaretta ha un’elevata capacità di generare particolato. Sempre la Fondazione Veronesi ricorda che uno studio dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha registrato come una singola sigaretta può causare un inquinamento maggiore di quello causato dalle auto e che i livelli particolato possono essere più elevati in zone pedonali con alte concentrazioni di fumatori rispetto ai livelli registrati in vie adiacenti non pedonali. Insomma, le novità ci faranno solo bene.

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