Ci sono tante, anzi tantissime rarità italiane che contraddistinguono il nostro paese dal punto di vista gastronomico. La vongola lupino non è solo un ingrediente; all’interno del suo gusto c’è un mondo di qualità, scelte e valori che raccontano una storia piena di unicità e autenticità, ed è fondamentale conoscere il processo che c’è dietro alla sua raccolta.
Le caratteristiche e qualità della vongola lupino
La vongola lupino, denominata tecnicamente chamelea gallina, rappresenta infatti un ingrediente chiave della tradizione culinaria italiana, ma anche all’estero è ampiamente diffusa. A oggi infatti questa specie vale il 30% dell’export ittico italiano e la sua esportazione rappresenta il 45% della produzione nazionale. Già molti italiani scelgono questo prodotto per le proprie ricette, benché solo il 13% dei consumatori prediliga prodotti italiani e regionali. Una scelta influenzata soprattutto dal rapporto qualità-prezzo, essendo un prodotto tipico delle coste adriatiche e tirreniche, e dal suo gusto naturalmente straordinario, appunto. Infatti, la vongola lupino non può essere allevata, ma solo pescata: per questo – e per la sua piccola conchiglia che incamera meno sabbia rispetto alla vongola verace – conserva meglio la sapidità e il sapore del nostro mare.
Vongola lupino: la pesca
Ma la purassa – così chiamata nel dialetto locale marchigiano – non è solo buona nel piatto. La sua raccolta è ampiamente regolamentata con l’obiettivo di rendere poco impattante il sistema di pesca. Inoltre, segue la stagionalità e rispetta l’habitat: esistono infatti specifiche zone di pesca sistematicamente controllate e quantitativi massimi di raccolta, e le acque del mar Tirreno e Adriatico – dove vengono pescati i lupini – sono controllate periodicamente dai servizi veterinari. Oltre a ciò, tutti gli esemplari di vongole scartati dalla pesca per motivi di dimensioni sono restituiti vivi al mare. Un prodotto, dunque, non solo buono nel piatto, ma anche per l’ambiente.