Via le date di scadenza dai cibi nei supermercati inglesi

La Cucina Italiana

La catena di supermercati Waitrose è solo l’ultima in ordine di tempo ad averlo deciso: i rivenditori di alimentari del Regno Unito hanno eliminato le date di scadenza («da consumarsi preferibilmente entro», il cosiddetto «termine minimo di conservazione») dalla frutta e dalla verdura, con l’obiettivo di ridurre finalmente gli sprechi di cibo. Marks & Spencer ha abolito l’indicazione da oltre 300 prodotti ortofrutticoli all’inizio di questo mese, ma la prima catena a farlo era stata Tesco, già nel 2018. Morrisons ha tolto le date di scadenza sul latte fresco a gennaio, invitando i consumatori a controllare se è ancora buono annusandolo.

L’indicazione «da consumarsi preferibilmente entro», infatti, può portare le persone a buttare via il cibo ancora buono, senza nemmeno provare a valutare se è davvero andato a male. E così, ogni anno, solo nel Regno Unito vengono sprecati 4,5 milioni di tonnellate di alimenti (i dati sono dell’organizzazione anti spreco Wrap). Secondo Jamie Crummie, cofondatore di Too Good To Go, l’incertezza generata dalla data di scadenza «porta a uno spreco alimentare su larga scala in tutta la società: il 10% di tutti i rifiuti alimentari in Europa si possono attribuire a questo».

Troppo cibo sprecato per «ragioni estetiche»

Oggi più di 1/3 del cibo prodotto a livello mondiale viene sprecato e, con esso, anche l’energia, l’acqua e la manodopera che servono per produrlo. Si stima che negli Usa circa 3 miliardi di chili di prodotti agricoli siano invenduti per «ragioni estetiche», il che significa che il 28% dei terreni coltivabili viene destinato alla produzione di prodotti che non saranno mai consumati. Inoltre, solo negli Usa lo spreco alimentare è responsabile del 4% delle emissioni di gas serra. Il riutilizzo degli alimenti sprecati potrebbe evitare che il 20% delle risorse idriche utilizzate, il 25% dei terreni coltivati e l’8% di emissioni di gas serra prodotte rispetto al totale vengano utilizzati senza immettere valore nel sistema.

Secondo Wrap, si può ridurre fino al 45% delle emissioni globali di gas serra cambiando il modo in cui produciamo e consumiamo prodotti e alimenti. Togliere la data di scadenza su frutta e verdura fresca, in base ai calcoli dell’organizzazione, potrebbe far risparmiare l’equivalente di 7 milioni di cassette di cibo all’anno.

«Da consumarsi preferibilmente entro» non significa «da consumarsi entro» 

Bisogna fare una importante precisazione. Come spiega la Food and Drink Federation, «le date di scadenza («da consumarsi entro») devono essere dichiarate sui prodotti alimentari che, da un punto di vista microbiologico, sono altamente deperibili e possono quindi costituire, dopo un breve periodo, un pericolo immediato per la salute umana». Prendiamo ad esempio il pollo: dopo la data di scadenza ci sarà un rischio maggiore di crescita microbica, che significa un rischio maggiore di intossicazione alimentare. E, quindi, si tratta di un’indicazione che deve essere rispettata rigorosamente.

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