Carnevale: la geografia delle chiacchiere

La Cucina Italiana

Oggi chiacchieriamo di geografia. Anzi, facciamo di meglio: vi presentiamo la geografia delle chiacchiere. Perché la partita, a Carnevale, l’hanno vinta loro, le chiacchiere. Infatti, fra i vari dolci di Carnevale di cui è ricchissima la nostra gastronomia, negli ultimi anni il titolo di golosità più amata spetta certamente alle chiacchiere. O alle bugie, ai galani, alle frappe, ai cenci… Insomma, chiamatele come vi pare, alla fine sono solo tanti nomi per indicare un unico dolce carnevalesco. Con varie differenze a seconda delle regioni; ma con mutamenti di nome e di forma anche distanze minori, tipo tra comuni a poca distanza fra loro.

La geografia delle chiacchiere non è chiacchiera

I frictilia e i Saturnali

Le chiacchiere (in senso ampio) derivano da un dolce romano, i frictilia, che tradizionalmente venivano preparati proprio in febbraio per festeggiare i Saturnali. Grazie all’estrema semplicità della loro preparazione, durante i festeggiamenti venivano distribuite alla folla ingenti quantità di questo dolce e nessuno rimaneva a bocca asciutta. Si tratta di un dolce semplice, nient’altro che striscioline di pasta preparate con farina, burro, zucchero, vanillina, uova e un goccio di liquore (a volte assente), grappa ad esempio, fritte e cosparse di zucchero semolato o a velo. E a volte ripassate al forno.

Lombardia, Piemonte e Veneto

Ma ci sono differenze tra chiacchiere, bugie, galani, cenci e frappe? Più che differenze, è il caso di parlare di sfumature. Il termine “chiacchiere” è diffuso in Lombardia e nel Sud Italia, mentre “bugie” è più piemontese: le bugie sono in genere più piccole, a forma di rombo, ed esistono anche nella variante ripiena alla marmellata o al cioccolato. 
Nei galani veneziani e veronesi, in genere, spesso al posto della grappa, viene usato il vino bianco o il rosolio, e l’uso dello zucchero semolato prevale di gran lunga su coloro che scelgono quello a velo. Tuttavia, nel resto del Veneto così come in Friuli, si preferisce parlare di “crostoli” e la grappa si sente eccome, con lo strutto che spesso figura tra gli ingredienti dell’impasto, ma anche come grasso per la frittura.

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