Davide Longoni e la michetta per chi parte e per chi torna

La Cucina Italiana

La michetta è uno dei simboli della città di Milano: dal sapore un po’ nostalgico, forse, un po’ dimenticata, ma grande protagonista delle merende di tanti milanesi. Davide Longoni l’ha ripensata nel suo impasto, riportandola alle origini, e trasformandola allo stesso tempo nella michetta del futuro. 

Dopo aver contribuito a rivoluzionare il mondo del pane portando al successo la pasta madre e le farine macinate a pietra, anima del “pane moderno”, Longoni ha voluto attuare una rivoluzione inversa, studiando e riproponendo questo pane tipico regionale. Un progetto che, però, segue sempre il suo stile, discostandosi dalla michetta soffiata tradizionale: la sua “Michetta dal 2034” è realizzata con farine di filiera piemontese provenienti da Mulino Sobrino, farine certificate biologiche, non trattate e non tecniche, cosa che permette di ottenere un prodotto meno soffiato e più morbido rispetto alla michetta degli anni ’70. Più simile a quelle ancora precedenti, realizzate prima che farine sempre più tecniche portassero allo “svuotamento” estremo del panino.

Sono andata ad assaggiare questa nuova michetta, presso l’ape car all’ingresso del Mercato Centrale di Milano: un colorato “avamposto” che propone l’iconica michetta anche a chi è di fretta, come recita lo slogan scritto con il gesso sulla lavagnetta del “menù”, e con l’occasione ho fatto alcune domande a Davide Longoni, artefice di questa simpatica idea. 

4 domande a Davide Longoni

Davide, come deve essere una michetta per essere buonissima? 

«Sincera: cioè deve essere fatta con farine sincere, biologiche, di grani italiani, con la biga che dà quel caratteristico gusto di fermentato, tipico del pane lombardo. Deve essere vuota ma non troppo, perché nel morso non si deve percepire troppo asciutta, e deve accompagnare al meglio il ripieno. Per me, il ripieno ideale è la Mortadella.»

In che cosa è diversa la michetta del futuro da quella del passato?

«Ho ancora in mente la michetta che faceva mio papà, che era panettiere: un tempo non erano così vuote, via via ho assistito al loro svuotarsi, perché farine sempre più tecniche, sempre più “gonfie” davano panini con sempre più aria,  sempre più asciutte. Ho recuperato quindi farine meno forti, con meno proteine, con meno glutine e faccio michette un po’ più piccole, un po’ più vicine all’idea di pane di Davide Longoni, un pane della memoria, perché il futuro è sempre collegato con la memoria.»

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