La pesca: origini e varietà

La pesca: origini e varietà

Dalla Cina all’Europa, dalla percoca alla tabacchiera, tutto quello che vorreste sapere sulle pesche, la frutta che fa subito estate

La pesca, storia del frutto dolce

«Questo cotone è manopesca», dicevano le sarte di una volta, per far capire che si trattava di un tessuto vellutato e morbido come la buccia del frutto che nell’immaginario collettivo è sinonimo di bellezza e di gioventù: guance di pesca, pelle di pesca, profumo di pesca, dolce come una pesca… Gli scienziati hanno recentemente scoperto nello Yunnan, in Cina, otto noccioli fossili di pesca selvatica risalenti addirittura a due milioni e mezzo di anni fa. «La pesca è stata la testimone silenziosa dell’avvento dell’uomo in Cina», ha detto emozionato il professor Wilf, paleobotanico dell’università della Pennsylvania. E dalla Cina, dove si è cominciato a coltivarne le specie spontanee ottomila anni or sono, la pesca arrivò in Persia, fu apprezzatissima da Alessandro Magno e poi approdò in Europa.

I romani le chiamavano mala persica, mele persiane, e il gastronomo Apicio le conservava in aceto e santoreggia. Più tardi Carlo Magno ne promosse la coltivazione nei giardini dei monasteri. In Italia e in Francia si raccontava che mordendo la corteccia di un giovane pesco si potessero addirittura trasmettere alla pianta i propri malanni, liberandosene. In Giappone invece la pianta proteggeva dalle forze malefiche e dai fantasmi. E che dire dei suoi fiori incantevoli, simbolo di amore eterno e segno di rinascita, raffigurati su antiche porcellane cinesi e scelti come contemporanei tatuaggi? Anche il frutto figura spesso nella storia dell’arte, comparendo come elemento ornamentale, dagli affreschi di Pompei fino alle madonne del Rinascimento. La pittrice Fede Galizia, iniziatrice secentesca del genere della natura morta, ne immortalò alcune che sembrano vere nel celebre Pesche in una fruttiera di vetro, fiori di gelsomino, mele cotogne e cavalletta e nella Natura morta con cesto di pesche e prugne. I frutti che portiamo oggi in tavola freschi e che le nonne magnificavano in conserva (oh, il sapore delle tonde e profumate pesche sciroppate!) sono ormai ben diversi da quelli paleolitici ritrovati in Cina, nella dimensione, nel colore, nel gusto, che è diventato sempre più dolce e gradevole incrociando e coltivando, fino a crearne centinaia di varietà, per tutti i gusti e per tutti gli usi.

Tipi di pesche

Prunus persica o vulgaris e Prunus persica laevis sono i nomi che identificano il pesco. Appartenente alla famiglia delle Rosacee (la stessa del ciliegio, del melo, dell’albicocco, del susino…), è un albero di dimensioni non eccessive che tollera bene anche di crescere in vaso. L’importante è che sia protetto dagli sbalzi di temperatura, che sia ben esposto al sole e ben irrigato e che la terra non sia troppo compatta (evitate i terreni ricchi di argilla). Il frutto si chiama drupa, può avere la buccia liscia (Prunus laevis) oppure ricoperta di peluria, cioè tomentosa. La polpa va dal bianco al rosato, al giallo a seconda della varietà e può staccarsi facilmente dal nocciolo (spiccagnola o spicca) oppure no, cioè essere aderente.

Pesca percoca

Percoca o precoca, è un tipo di pesca con la buccia lanuginosa di colore uniforme che va dal giallo all’arancione. Non si tratta di un incrocio tra specie diverse ma di una varietà precoce (praecocus in latino), perché è tra le prime a essere raccolta. La polpa è compatta, non spicca, dolce. Usata principalmente nell’industria conserviera per le pesche sciroppate, i succhi di frutta o i distillati, da alcuni anni si è affermata anche per il consumo da fresca. Una delle varietà più note e più antiche è la Vesuvio.

Pesca a pasta gialla

La pesca per eccellenza. Come tutte è ricchissima di acqua (ne contiene circa l’85%) e di vitamine che sono concentrate soprattutto nella buccia. Le varietà sono tantissime, una su tutte la J.H. Hale selezionata ai primi del Novecento negli Stati Uniti, portata in Italia nel 1919 dai fratelli Stark (gli stessi della mela Stark Delicious). Grossa, quasi
sferica, resistente, con polpa soda, zuccherina e spicca.

Pesca noce a pasta gialla

Chiamata anche nettarina, si differenzia solo per la buccia completamente glabra, lucente e colorata, mentre possiede le stessa caratteristiche nutrizionali e di dolcezza delle varietà tomentose.

Pesca a pasta gialla

Simile a quelle a pasta gialla, si riconosce dalle sfumature rosacee della buccia. Dolcissima, profumata, con polpa fondente. Tra le varietà storiche che stanno scomparendo si distinguono per la fragranza la Michelini, la Paola Cavicchi e la Pieri 81.

Pesca noce a pasta bianca

Un po’ meno diffuse delle gialle, ma altrettanto deliziose. La Snow Queen è pronta ai primi di luglio.

Pesca tabacchiera

Nota anche come Saturnina, è originaria della zona dell’Etna. La pianta, rustica, comincia a fiorire i primi di marzo. Il frutto si raccoglie dalla fine di luglio. Riconoscibile dalla tipica forma schiacciata, è medio‐piccolo, spiccagnolo, con buccia moderatamente tomentosa, chiara con pennellate di rosso violaceo. La polpa bianco‐rosacea
è dolcissima e profumata.

La rarità: la pesca di Leonforte Igp

La Pesca di Leonforte Igp ha bisogno di tutta la passione e la costanza dei contadini per arrivare a maturazione. Entro la fine di luglio tutte le drupe vengono avvolte in uno speciale sacchetto che le protegge dai parassiti, per non ricorrere all’ausilio delle sostanze chimiche, e si raccolgo scalarmente da agosto fino a ottobre. Le due varietà, il Giallone e il Bianco di Leonforte, sono entrambe dolcissime e dalla polpa soda. Dal 1982 una sagra che si svolge nel paesino in provincia di Enna le celebra ai primi di ottobre.

A cura di Angela Odone, testi di Marina Migliavacca e Valeria Nava

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