Quando una grande signora incontra un grande cuoco | La Cucina Italiana

Quando una grande signora incontra un grande cuoco
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Quando assaggi l’Insalata 21…31…41…51 seduta alla grande tavola di Enrico Crippa al Piazza Duomo di Alba, il cervello comincia a ricevere tanti impulsi sparsi, intensi, leggeri, forti, inaspettati. Ad ogni forchettata, sul palato si aprono nuovi sapori, quasi una sorta di circuito di sensazioni che si abbina elegantemente all’affresco di Francesco Clemente sul soffitto del ristorante. Ci sono circa 50 tipologie di vegetale (ma hanno anche raggiunto il record delle 126), e si va dal nasturzio rubino al timo comune, dalla Rumex acetosa fino alla classica rucola. Quasi disorientante, tanti sono i diversi stimoli. E poi arriva a rassicurarci la Grande Dame, impetuosa e leggera, frizzante ed elegante, una freschezza straordinaria come si conviene a una grande signora che porta meravigliosamente i suoi anni. 

La Grande Dame di Veuve Clicquot 2015 è così, con le note del Pinot Noir che si dissolvono sul palato con una disinvoltura che può avere solo una grande maison che esiste da 251 anni e una piccola percentuale di Chardonnay a far decollare il sentimento. È il loro 24esimo millesimato dal 1972 da quando Veuve Clicquot ha lanciato sua prima Cuvée Prestige. Ed è una di quelle bottiglie che lasceranno il segno così come ha fatto lei, Madame Clicquot, la prima a usare il Pinot nero in champagne. Oltre che – bien sûr – a inventare addirittura il remuage, cioè quel movimento di girare le bottiglie che aiuta il deposito a scendere nel collo del vetro.

Oggi in quel 2015 c’è ancora un po’ di questa signora forte, intensa, di cui è difficile immagine le difficoltà affrontate in epoche in cui le donne erano ben lontane dal voto e che rimase vedova a soli 27 anni con una figlia piccola. Quando bevo il suo champagne, non posso non pensare al coraggio che ha avuto e alla leggerezza di anima che bisogna avere per creare un vino così effervescente nella sua narrativa e nel suo spirito, nonostante il cuore pesante.

«Le nostre uve nere donano i più raffinati vini bianchi», diceva. E lei con il Pinot nero ha fatto il vero capolavoro, che poi la maison è riuscita a proteggere e portare fino a noi grazie a chef de cave come Didier Mariotti. In azienda dagli inizi della sua carriera, è abilissimo nel dare carattere e identità, ma anche nell’interpretare un’anima necessariamente voluttuosa che si chiede a un’etichetta gialla.

I bicchieri sono pieni, arriva l’omaggio a Madame con Merluzzo,  zafferano e ginger. La tavola è decorata con la bellezza dei vasi di porcellana, destrutturati, colorati e coraggiosi di Paola Paronetto, artista friulana dolce e delicata e allo stesso tempo assertiva, un po’ intimidita dalla baraonda intorno. Ora tocca al Risotto all’aglio orsino e ai fiori di primavera. Poco, buonissimo, leggermente croccante nell’anima. Le grandi tavole apparecchiate con il vino che scorre sono sempre le migliori. La celebrazione della cuvée raggiunge vette altissime grazie a questo menù delizioso e alla bellezza di Piazza Duomo ad Alba. Il decollo prosegue quando si stappano le 2012 e ancora con l’arrivo del Petto di faraona abbinato a foie gras e tartufo nero. Il piccolo mattoncino di tiramisù conclude l’avventura.

È bello essere sedotti e sorpresi nell’armonia dell’insieme. Sapore, odore, visione, leggerezza.

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