Dall’Adriatico al Tirreno: la cucina italiana tra due mari

La Cucina Italiana

Dall’Adriatico al Tirreno. Le cucine del Sud, hanno avuto un’importanza decisiva nella costruzione del modello alimentare e del patrimonio gastronomico italiano. Basta pensare alla pasta secca, di origine siciliana, o alla pizza che ancora agli inizi del secolo scorso era percepita come un piatto solo ed esclusivamente napoletano. L’emigrazione da sud a nord, che ha caratterizzato la vita del Paese dopo l’unificazione, ha promosso quegli standard su base nazionale e negli ultimi decenni il fenomeno si è rafforzato: la diffusione dei dolci siciliani o napoletani o pugliesi ormai non conosce confini, e così pure l’olio di oliva, “spinto” anche dal successo nutrizionale della dieta mediterranea. È un processo che si svolge, per così dire, in senso inverso rispetto a quello con cui si è realizzata l’unità italiana sul piano politico.

L’unificazione in cucina

La dialettica fra Sud e Nord, indubbiamente fondamentale, rischia di occultare un aspetto forse non minore della nostra cultura gastronomica. La penisola italiana si allunga per oltre mille chilometri nel Mediterraneo, ma la catena appenninica la taglia in due, e solo in epoca recente la rete stradale e ferroviaria ha permesso di avvicinare il versante adriatico a quello tirrenico. Ciò trova importanti riscontri anche quando parliamo di cucina, e non da oggi.

Nel Medioevo, per esempio, il commercio oleario seguiva una direzione sud-nord che distingueva in maniera piuttosto netta la produzione adriatica (Puglia, Marche) diretta al mercato di Venezia e quella tirrenica (Liguria, Toscana, Lazio, Campania) diretta al mercato di Genova. La variante est- ovest era ben presente alla mente di Bartolomeo Scappi, massima autorità gastronomica nell’Italia del Rinascimento. Il suo libro di cucina (1570) ha un impianto antologico e comparativo fra tradizioni, specialità, ricette di diverse città e territori. Il confronto fra i due versanti nelle sue pagine appare spesso e diventa fondamentale nel capitolo sui pesci, dove sono molte le occasioni di confronto fra i prodotti e gli usi osservati lungo i due mari che disegnano la Penisola. Per esempio, a proposito delle seppie scrive: «Nel mare Hadriatico se ne trova molto maggior copia che nel Tirreno». Sulla razza: «Se ne pigliano molte nel mare Hadriatico, le quali son molto migliori che quelle delle spiaggie di Roma». Quando arriva alle ostriche, confronta quelle adriatiche a quelle tirreniche. Secoli dopo, Pellegrino Artusi osserverà che le denominazioni dei pesci sono diverse sull’Adriatico e sul Tirreno. Credo che sarebbe molto interessante uno studio comparato delle tradizioni gastronomiche italiane che prendesse come termine di confronto la contrapposizione est-ovest, variante significativa della percezione “verticale” della Penisola, sempre al centro delle nostre attenzioni.

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