La leggenda dello Spritz e la ricetta di Roberto Pellegrini | La Cucina Italiana

La leggenda dello Spritz e la ricetta di Roberto Pellegrini
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Ogni bella storia ha una leggenda. La leggenda dello Spritz, che fa risalire la nascita del cocktail alla dominazione austriaca nel lombardo-veneto tra fine Settecento e inizio Ottocento, è tra queste. Ma è, appunto, solo una leggenda dello Spritz, sottolinea Roberto Pellegrini, fra i massimi esperti italiani del cocktail Iba. «Ci può anche stare che gli austriaci allungassero con l’acqua i vini per renderli più leggeri, ma la storia dello Spritz è molto più veneta e molto più recente. Comincia con l’ombra di vino che i nonni veneti bevevano nelle osterie accompagnandola con i cicheti», dice.

Una vita da bartender passata a Venezia tra il Caffè Florian, l’Hotel Danieli e il Gritti Palace dove ha servito da bere a personaggi come Carolina di Monaco, Marta Marzotto e Bono Vox, Roberto Pellegrini (che, per inciso, è anche il papà della Divina Federica) ha raccontato la genesi dello Spritz al Flores Cocteles del Portenho Prohibido, cocktail bar milanese che ha deciso di dedicare quasi tutta la sua cocktail list ai “classici”.

Dall’ombra di vino all’alba dello Spritz

«Fare il giro delle osterie era il modo di stare insieme per i nonni veneti che, una volta in pensione, si ritrovavano per chiacchierare. In ognuna delle osterie bevevano un’ombra di vino e chi rimaneva ultimo pagava da bere a tutti», racconta Pellegrini. L’ombra di vino equivale a 100 cl e, considerato che il giro osterie non si fermava prima di aver ingurgitato 6 o 7 ombre, al ritorno a casa l’alito alcolico tradiva subito gli sfortunati che dovevano fare i conti con l’ira delle mogli.

«Il primo passo dal vino allo Spritz è l’aggiunta di un pezzetto di limone che serviva a mascherare l’odore dell’alcol. Il secondo, considerando che il vino delle osterie non era certo di prima qualità, fu aggiungere al vino qualcosa che ne cambiasse il gusto. La scelta quasi obbligata in un paese di liquoristi come l’Italia cadde sul Cynar e il Rabarbaro Zucca. Le proporzioni, poi, cominciarono via via a cambiare per alleggerire il carico alcolico del bicchiere», continua il bartender, oggi formatore professionale.

La rivoluzione del ghiaccio e dell’Aperol

I “colpevoli” della trasformazione dell’ombra di vino macchiata in Spritz sono due: il ghiaccio e l’Aperol. «Negli anni Sessanta l’azienda che produceva l’Aperol (che nel 1920 era un tonico per tirarsi su usato anche per combattere l’influenza) stava per fallire e fu acquisita da “mamma” Campari che portò l’Aperol a un altro livello», ricorda l’esperto.

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