Pandoro, l’anima soffice delle feste | La Cucina Italiana

Pandoro, l'anima soffice delle feste
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È la volta del pandoro. Non c’è Paese al mondo con tanta ricchezza e varietà di prodotti, naturali come li regala il territorio o i lavorati da mani esperte in modi semplici, che sono antichi e insieme i più contemporanei. Prosegue il viaggio alla scoperta delle nostre bontà, da quelle più conosciute a quelle meno note lontano dalla zona di produzione.

Il pandoro

È il cugino giovane tra i grandi dolci di Natale essendo nato «solo» nel 1894. Rimanda all’antica tradizione veronese del medievale Nadalin, un lievitato a forma di stella a otto punte ricoperto da un impasto di pinoli lavorati con zucchero e granella di mandorle. Il consumo di pandoro continua a crescere perché, soffice com’è, piace particolarmente ai bambini, con la stella – le punte devono essere nette e ben regolari – che fa pensare alla Cometa dei re Magi. Uniformità della doratura esteriore del «pan de oro» e mancanza di chiazze sono la prima evidenza di qualità già a occhio. Inoltre, non deve dare l’impressione di sudare: né unto, né umido. L’alveolatura interna, a differenza del panettone, deve essere molto fitta e con buchetti minuscoli. La leggerezza, quasi fosse una nuvola, dipende dalle proporzioni usate di burro e uova. Il burro rilascia il tradizionale aroma dei croissant, mentre il profumo della vaniglia dell’impasto deve essere appena accennato. Artigianale o industriale che sia, viene venduto sempre insieme con lo zucchero a velo, che non è un di più facoltativo, ma un ingrediente da aggiungere prima di servirlo per completare e bilanciare la dolcezza. Dal 1894, una delle icone identitarie del Bel Paese.

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